La Fos di Battipaglia a rischio chiusura per “eccesso di qualità”: in ballo 500 posti di lavoro

La concorrenza low cost dei prodotti asiatici e i rincari di energia e materie prime hanno affossato la Fos di Battipaglia. Aperto un tavolo con il governo

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 19 Marzo 2024 13:40

L’azienda Fos di Battipaglia in provincia di Salerno, che appartiene alla milanese Prysmian, è avviata verso la chiusura. In ballo ci sono i 300 dipendenti impiegati direttamente dalla Fos e altri 200 occupati nell’indotto.

Chiude la Fos di Battipaglia

Fos produce fibra ottica di altissima qualità per la rete digitale, ma non riesce a reggere la concorrenza di prodotti di minor pregio provenienti da Cina, India e Corea. La crisi è determinata dal costo del lavoro, che in Italia è nettamente più elevato che in Asia, e da quella sorta di “eccesso di qualità” rispetto alle pretese del mercato italiano. Nelle settimane passate i sindacati si erano riferiti alla situazione parlando di un vero e proprio “dumping silenzioso” che “pregiudica fortemente il futuro” della Fos, delle famiglie coinvolte e dell’intero territorio.

Ma pesa, e molto, anche il rincaro dei prezzi di energia e materie prime, impennatisi dopo l’aggravarsi delle tensioni geopolitiche fra Russia e Ucraina e sul Mar Rosso.

C’è poi da considerare che nei bandi Pnrr sulla digitalizzazione aggiudicati a Tim e Open Fiber non è stata inserita alcuna specifica tecnica che possa rendere competitiva la fibra di qualità superiore prodotta da Fos.

Conti alla mano, Prysmian ha deciso di avviare le procedure per chiudere l’eccellenza salernitana, partendo dalla cassa integrazione per i dipendenti.

La proposta dei sindacati

Nella mattina del 18 marzo, lavoratori, familiari, sindacalisti e politici locali sono scesi in piazza a Battipaglia contro la chiusura dell’azienda. In testa al corteo di un migliaio di persone, lo striscione “Giù le mani dalla Fos”. I sindacati chiedono che lo stabilimento venga lasciato aperto, garantendo la continuità produttiva, per una operazione di reindustrializzazione.

Sindacati criticano il governo

Due le richieste dei sindacati: la cassa integrazione straordinaria per i lavoratori e uno scivolo per la pensione per i dipendenti più anziani. “Al governo chiediamo che si faccia carico di questa ennesima situazione drammatica che il nostro territorio attraversa, mettendo in campo degli incentivi e delle azioni atte a far cambiare idea alla multinazionale”, ha detto il segretario della Cgil di Salerno, Antonio Apadula. “Questo chiediamo a gran voce. La Regione Campania, in questo, si è fatta avanti, però non vediamo da parte del Governo altrettanta certezza rispetto al futuro dello stabilimento”.

“Non resteranno a piedi. Cercheremo di fare miracoli per garantire la prospettiva di lavoro, al di là degli ammortizzatori sociali che, ovviamente, scatteranno nel caso di interruzione dell’attività”, ha detto il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca.

L’impegno del Mimit

A novembre il ministero delle Imprese e del Made in Italy di Adolfo Urso aveva aperto un tavolo tecnico. Era stata condotta una serie di riunioni interlocutorie. Una nota del Mimit rende noto che durante l’ultimo incontro del 18 marzo “le istituzioni, l’azienda e i sindacati hanno convenuto di impegnarsi insieme per favorire, nei tempi più rapidi possibili, la salvaguardia dei posti di lavoro diretti e indiretti attraverso un processo di reindustrializzazione che miri a garantire la continuità produttiva“.

Il Mimit ha dato la garanzia che gli impianti rimarranno attivi anche se a produzione ferma “per un congruo periodo di tempo”. Sono previsti ulteriori incontri fra l’azienda e le parti sindacali per affrontare “la gestione degli aspetti sociali a tutela del reddito”.