Sanzioni alla Russia, è boom di prodotti Made in Italy contraffatti

Dal formaggio ai salumi, passando per vino, pasta e olio: la lista degli alimenti italiani taroccati all’ombra del Cremlino cresce giorno dopo giorno

Foto di Miriam Carraretto

Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Nel drammatico scenario umanitario che prende corpo giorno dopo giorno a causa del conflitto in Ucraina, c’è un’industria che sta registrando ricavi da record, divenendo sempre più fiorente e facendo la fortuna di chi decide di investirci. Si tratta del finto Made in Italy, un circuito che si sta alimentando con numeri spaventosi nell’ultimo periodo a causa della sanzioni sempre più severe imposte alla Russia da parte dell’Unione europea e degli Stati Uniti.

Una macchina commerciale in espansione continua, partita con le prime controsanzioni di Vladimir Putin, nel 2014, e che adesso può completare il cerchio con quei pochi prodotti che erano rimasti fuori dai divieti. Dagli Urali alla regione di Sverdlovsk, in Russia si sono creati veri e propri distretti dell’agroalimentare italiano taroccati.

Made in Italy taroccato in Russia, i prodotti più contraffatti

In testa ci sono i formaggi, con il “Russkiy Parmesan” che viene prodotto, insieme al gorgonzola, nei pressi di Mosca; ma poi anche la “Robiola Unagrande“, la mozzarella “Casa Italia” e l’insalata “Buona Italia”. Ora anche vino e pasta, tra le nostre eccellenze più apprezzate nel mondo, finiranno vittima di questa attività criminale.

“Nell’ultimo periodo si è aggiunto il divieto delle istituzioni europee per l’export dei prodotti di valore superiore ai 300 euro, che colpiscono per esempio il tartufo” spiega Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti: “Ormai si fa fatica a vendere anche i prodotti non sottoposti a sanzione, perché ci sono difficoltà burocratiche e soprattutto c’è la tendenza dei consumatori russi a non acquistare più beni dai Paesi con i quali i rapporti sono peggiorati a causa della guerra”.

L’attrazione verso i prodotti italiani si estende anche alle coltivazioni: “Prima delle sanzioni esportavamo dal Veneto una grande quantità di una varietà di mele Granny Smith – continua Bazzana – ma negli ultimi anni hanno cominciato a impiantarle e a produrle anche in Russia”.

Il vero boom però ha riguardato le fabbriche specializzate nella lavorazione del latte e della carne, che producono cioè formaggi e salumi. Infatti i russi compravano grandi quantità di Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma e San Daniele, sia nelle tante occasioni di viaggio, che nei negozi di prodotti importati.

Contraffazioni del Made in Italy, perchè è difficile fermare le attività illecite in Russia

Nell’arco degli ultimi 30 anni si è registrata una crescita esponenziale, che ha fatto raggiungere il record di 2,6 miliardi di chili. Poche differenze di impacchettamento e di prezzo, mentre dal punto di vista del sapore sono pochissimi i russi ad avere un termine di paragone con cui confrontare ciò che finisce sulle loro tavole con ciò che viene prodotto in Italia.

E così nella Repubblica russa il valore dell’ “italian sounding” ha raggiunto il livello di 40 miliardi di euro. Ancora oggi formaggi e salumi continua ad essere i prodotti più taroccati, ma stanno crescendo i numeri anche per quanto riguarda gli oli extravergini di oliva e le conserve di pomodoro, a cominciare dai finti San Marzano.

A delineare le ripercussioni di tutto questo sull’economia italiana ci ha pensato il direttore di Coldiretti, Ettore Prandini: “Con un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale, il contributo della produzione agroalimentare Made in Italy alle esportazioni e alla crescita del Paese potrebbe essere nettamente superiore. Ponendo un freno al dilagare dell’agropirateria a tavola si potrebbero creare ben 300 mila posti di lavoro in Italia”.