Le sanzioni fanno male anche a Mosca: l’economia di Putin è paralizzata

La conclusione netta di uno studio su tutti i dati disponibili della Yale School of Management, anche tenendo conto delle isurazioni degli utimi giorni.

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Redazione

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Pubblicato: 6 Settembre 2022 10:06

Il tema, in Europa e soprattutto in Italia, tiene banco da dicerso tempo: le sanzioni alla Russia funzionano davvero o sono solo un modo per mettere in ginocchio l’industria europea? I movimenti politici meno ostili alla russia putiniana, come la Lega di Matteo Salvini in Italia, sottolineano le difficoltà energetiche in Europa per bocciare lo schema sanzionatorio, ma in realtà la stretta sta cominciando a far male anche a Mosca. Nonostante l’appoggio di India e Cina sul gas, è l’embargo sul petrolio a rischiare seriamente di mettere in ginocchio il regime dello ‘Zar’ Vladimir Putin.

E del resto le minacce delle ultime ore (“Togliete le sanzioni o chiudiamo i rubinetti del gas”) dimostrano che le misure stanno mordendo il Cremlino, che prova ad alzare la posta consapevole che l’Europa rischia un inverno al freddo ma la Russia, sul lungo termine, rischia molto di più.

Economia russa paralizzata

La risposta, netta, arriva da uno studio della Yale School of management – Chief Executive Leadership Institute. Lo cita in un tweet Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente della Bocconi University School of management, convinto che “chi sostiene che le sanzioni non abbiano effetto sulla Russia è totalmente ignorante in economia e in palese malafede geopolitica”. Il riferimento è al dibattito che ha animato anche la discussione tra i leader al Forum di Cernobbio e contiene una risposta implicita alla posizione sostenuta dal numero della Lega, Matteo Salvini: “Le sanzioni non stanno facendo male alla Russia, vanno ripensate”.

I dati

Il lavoro confezionato a Yale, e ripreso da Fabio Insegna dell’Adnkronos, è costruito attraverso una meticolosa e capillare analisi di tutti i dati e le informazioni disponibili. “Il nostro team di esperti, usando documenti in lingua russa e fonti di dati dirette, inclusi quelli sui consumi ad alta frequenza, il controllo incrociato di dati, le informazione diffuse dai partner commerciali internazionali e l’elaborazione dei dati complessi sulle spedizioni, ha prodotto un’analisi esaustiva sulle condizioni dell’economia russa a cinque mesi dall’invasione dell’Ucraina. La conclusione è chiara: le sanzioni stanno paralizzando in maniera catastrofica l’economia russa“, è l’introduzione che spiega il titolo: ‘Business Retreats and Sanctions Are Crippling the Russian Economy’.

Armi dalla Corea del Nord

Del resto – come riporta Askanews – Il ministero della Difesa russo sta acquistando milioni di razzi e proiettili di artiglieria dalla Corea del Nord per supportare la sua invasione dell’Ucraina, secondo una rivelazione dell’intelligence statunitense. Un funzionario statunitense, che ha parlato in condizione di anonimato, ha affermato che il fatto che la Russia si stia rivolgendo alla Corea del Nord dimostra che “l’esercito russo continua a soffrire di gravi carenze di rifornimenti in Ucraina, in parte a causa dei controlli e delle sanzioni sulle esportazioni”.

Le conclusioni dello studio

  • Il posizionamento della Russia come esportatore di materie prime è irrevocabilmente deteriorato, perché ora tratta da una posizione di debolezza con la perdita dei suoi tradizionali mercati principali e affronta sfide impegnative ponendosi come pivot verso l’Asia con le esportazioni del gas.
  • Le importazioni russe sono in gran parte crollate e il Paese deve affrontare dure sfide per assicurarsi beni cruciali, inclusi ricambi e materiale tecnologico. Sta attraversando una consistente carenza di forniture importanti per l’economia domestica.
  • La produzione interna russa si è completamente arrestata con nessuna capacità di sostituire attività, prodotti e talenti perduti; la perdita dell’innovazione e della capacità produttiva interna ha portato all’impennata dei prezzi e alla preoccupazione dei consumatori.
  • Con l’esodo delle società straniere, la Russia ha perso una quota pari al 40% del suo pil, vanificando l’incremento degli investimenti esteri degli ultimi trent’anni, sperimentando una fuga simultanea di capitali e di persone dalla sua base economica.
  • Putin sta ricorrendo a un intervento fiscale e monetario palesemente insostenibile per cercare di fronteggiare le debolezze economiche strutturali. Il bilancio è per la prima volta da anni in disavanzo e sono state prosciugate anche le riserve estere. Le finanze del Cremlino sono in difficoltà molto, molto più gravi di quanto si pensi.
  • I mercati finanziari russi sono i peggiori nel Mondo quest’anno, sia guardando agli indicatori correnti sia alle previsioni e, nonostante lo stretto controllo sui capitali, hanno scontato una debolezza sostenuta e persistente con la contrazione della liquidità e del credito. In aggiunta, la Russia è stata sostanzialmente tagliata fuori dai mercati internazionali, limitando la sua capacità di accedere ai finanziamenti necessari per rilanciare la propria economia.
  • Guardando avanti, non c’è via d’uscita rispetto all’oblio economico per la Russia finché i paesi alleati rimangono uniti nel mantenere e aumentare le sanzioni.
  • Le tesi di chi sostiene che l’economia Russia abbia rimbalzato, semplicemente, non è reale. I fatti dicono che, in base a qualsiasi parametro e a qualsiasi livello di analisi, l’economia russa vacilla e ora non è il momento di premere il freno sulle sanzioni.

Ognuna delle conclusioni dello studio è argomentata e sostenuta da un’analisi puntuale dei numeri e dei dati raccolti. Non c’è altro metodo per cercare una risposta alla domanda: stanno funzionando le sanzioni alla Russia? Certo, vanno messe sul tavolo anche le conseguenze per le economie dei Paesi che le sanzioni le hanno imposte, a partire da quella italiana. Ma anche chi vuole sostenere che le sanzioni non sono efficaci e utili a centrare il loro obiettivo, quello di indebolire fino a far collassare l’economia russa, dovrebbe cercare, e trovare, dati coerenti con la propria tesi.