La maggiore apertura dell’Europa al commercio, che ha coinciso con la creazione del mercato unico dell’UE e la firma dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (GATT) delle Nazioni Unite, è stata una storia di successo. Lo sostiene S&P Global Ratings, che stima che questa apertura abbia reso il cittadino medio dell’UE più ricco di 19.000 euro e abbia contribuito a circa il 5% dell’aumento cumulativo del PIL pro capite dalla metà degli anni ’90, principalmente promuovendo la produttività del lavoro. Tuttavia, secondo l’agenzia di rating, ci sono segnali di stanchezza in questa strategia.
Le dinamiche del commercio
Il surplus commerciale dell’UE, che rimane significativo, al 3,7% del PIL nel 2023, è diminuito di quasi un punto percentuale intero dal picco del 2015. La crescita del commercio globale è rallentata al 2% all’anno in media dopo la pandemia, in calo rispetto al 5,7% dei 25 anni precedenti. Questa decelerazione è in gran parte attribuibile alla pandemia e agli sviluppi geopolitici che hanno limitato l’espansione delle catene del valore e il commercio di beni intermedi. Tuttavia, l’Europa sta anche perdendo quote di mercato, principalmente a favore della Cina, nel commercio internazionale di merci, che rappresenta la parte del leone del commercio globale.
La dannosità delle tariffe
Molti settori europei sono così intrecciati con gli Stati Uniti e la Cina attraverso le esportazioni, il contenuto di valore aggiunto nella domanda finale e la tecnologia, che le restrizioni commerciali o l’aumento delle tariffe si rivelerebbero dannose per loro, sostiene S&P.
La debolezza nella tecnologia
L’Europa è ampiamente assente in alcune importanti tecnologie dirompenti, come blockchain, visione artificiale e modifica del genoma, a differenza di Stati Uniti e Cina. Ciò nonostante molti dei brevetti per queste tecnologie provengano da ricerche condotte in università europee. L’assenza dell’Europa da queste nuove tecnologie ha sollevato timori che la sua competitività commerciale a lungo termine sia in pericolo di cadere vittima della “trappola della tecnologia intermedia”, per cui R&S e innovazione sono concentrate in settori a bassa crescita e media tecnologia, dominati da aziende consolidate che sono poco turbate dai nuovi entranti o dalle innovazioni dirompenti. Il settore automobilistico europeo è spesso citato come esempio di tale scenario.
Le conclusioni di S&P
“Dato che il protezionismo non è nel DNA o nell’interesse dell’Europa, la regione dovrebbe affrontare la sua quota in calo del commercio globale ripristinando la competitività per evitare la trappola della tecnologia intermedia”, ha affermato Sylvain Brower, capo economista di S&P Global Ratings EMEA.
“Ciò dovrebbe includere un’ulteriore integrazione (soprattutto nei mercati dell’energia e dei capitali), maggiori investimenti e iniziative per promuovere l’innovazione“, ha aggiunto.
“Se l’Europa riesce a cogliere queste opportunità, potrebbe ancora sfuggire alle fauci della trappola della tecnologia intermedia”, si legge nelle conclusioni del rapporto.