Stangata sul gas, aumenti in arrivo per l'”effetto canguro”

Il mercato del gas impazzisce a causa dell'Australia, con prezzi e bollette in aumento anche in Italia e in Europa. Ecco perché e cosa succederà

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Qualcuno lo ha già ribattezzato “effetto canguro”. Perché la crisi internazionale che, tra le altre cose, ha provocato aumenti record per quanto riguarda il costo dell’energia, è alimentata non solo dalla Russia: dietro la stangata in arrivo sui prezzi del gas c’è infatti anche l’Australia.

Venerdì la quotazione dell'”oro azzurro” si è impennata fin dall’avvio delle contrattazioni alla Borsa energetica di Amsterdam. I future Ttf sono saliti dell’8% a 35,25 euro al megawattora, dopo aver toccato in avvio un picco dell’11%. Il motivo? Gli scioperi in due centrali australiane (a proposito: a settembre scade il bonus bollette).

Cos’è l’effetto canguro e cos’è successo in Australia

È già la terza volta nel giro di un solo mese che il mercato del gas paga lo scotto degli scioperi in due impianti di liquefazione della Chevron Corporation in Australia. Da qui l’espressione “effetto canguro”, con chiaro richiamo all’animale simbolo del Paese oceanico. Le mobilitazioni dei lavoratori sono scattate dopo il fallimento delle trattative tra sindacati e il colosso energetico, paralizzando le attività delle centrali di Gordon e Wheatstone, che da sole coprono circa il 7% della fornitura globale di Gnl.

Una mossa che può provocare un terremoto ancora più forte sui prezzi del gas a livello globale. L’Australia è infatti uno dei maggiori esportatori nell’Est del mondo, con forniture da miliardi di dollari a grandi Paesi asiatici come Cina e Giappone. Lo stop della trasformazione del metano in Gnl e del suo trasporto via nave ha fatto già schizzare i prezzi di oltre il 20%.

Le conseguenze degli scioperi australiani

Gli scioperi dei lavoratori del gas australiani proseguono, con una richiesta chiara: il rinnovo dei contratti e l’aumento degli stipendi. Intanto l’onda lunga di questo tsunami energetico si è fatta sentire, eccome, sui mercati europei con effetti puramente speculativi, che non hanno niente a che fare con la domanda di Gnl.

Il perché principale è presto detto: gli investitori scommettono sull’effetto psicologico degli Stati nel caso di scioperi prolungati. Secondo le previsioni, la domanda di metano in Asia crescerà in concomitanza con la minore offerta, spingendo grandi Stati come la Cina a rivolgersi ad altri Paesi produttori. Con conseguente ulteriore sconvolgimento degli equilibri internazionali, già stravolti dalla guerra d’Ucraina.

Bollette, stangata in arrivo sul gas?

In Europa, e dunque anche in Italia, si fanno i conti con un mercato del gas impazzito già da agosto. Stando all’ultimo aggiornamento fornito dall’Arera (4 settembre), le bollette sono aumentate del 2,8% dopo tre mesi ininterrotti di tariffe in calo. Oltre ai fatti australiani, a pesare sul prezzo medio giornaliero del metano ci ha pensato anche la Norvegia: alcune piattaforme di estrazione e lavorazione nel Mare del Nord sono infatti state chiuse temporaneamente per opere di manutenzione.

La preoccupazione degli analisti si proietta verso la stagione invernale, sempre più vicina. Al momento infatti la domanda di gas resta stabilmente bassa, viste le temperature. E se il mercato è impazzito ora, figurarsi cosa potrebbe capitare ai prezzi quando arriverà il freddo. Soprattutto se si considera che l’Europa è sempre più dipendente dalle importazioni di Gnl, dopo il blocco delle forniture di gas russo.