Putin, Prigozhin, Wagner: quali scenari dopo il golpe a metà

Cosa succederà adesso al leader russo, a quello dei mercenari della Wagner e alla guerra in Ucraina: cosa dicono gli esperti

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Un golpe abortito sul nascere. La tentata insurrezione armata del weekend, che ha scosso gli equilibri mondiali facendo intravedere la fine dello “zar” Putin, non si è consumata davvero. Si è solo sfiorata, ammiccata, provocata, “creata ad arte” dice qualche analista. La marcia su Mosca di Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo paramilitare Wagner, si è bruscamente ammutinata, ma secondo gli esperti è probabile che ci saranno conseguenze enormi su tutti i fronti. Per Vladimir Putin è senz’altro una delle sfide più grandi alla sua autorità da quando è salito al potere ormai più di 20 anni fa.

Prigozhin guida da tempo la Wagner, gruppo mercenario che ha combattuto sia nell’Ucraina orientale che, sempre più, per cause sostenute dalla Russia in tutto il mondo. Per anni ha fatto per Putin il lavoro sporco, dai combattimenti in Siria a quelli in Ucraina già nel 2014, quando ci fu l’annessione della Crimea.

Poi la Wagner è diventata nota a tutti durante la guerra in Ucraina, perché i suoi combattenti sembravano ottenere progressi tangibili là dove le truppe russe regolari avevano invece fallito. Ma le sue tattiche brutali avrebbero causato un numero elevato di vittime, si dice. Il gruppo Wagner ha fornito alcune delle truppe d’assalto di maggior successo che combattono in Ucraina, anche se molti dei suoi combattenti sono stati prelevati dalle carceri, attirati dalla promessa della libertà in cambio del servizio in prima linea. Tra le altre cose, sono stati pesantemente coinvolti nella cattura della città di Bakhmut da parte della Russia.

Il golpe a metà contro Putin

Ma cos’è successo, esattamente, questo weekend? La crisi in Russia è scoppiata venerdì, quando Prigozhin ha accusato l’esercito russo di aver attaccato un campo della Wagner e ucciso i suoi uomini.

Prigozhin ha annunciato che avrebbe reagito con la forza e ha condotto le sue truppe a Rostov sul Don, dichiarando poi di aver preso il controllo delle principali strutture militari nella regione di Voronezh, dove si è verificato un apparente scontro tra le unità della Wagner e le forze russe. Prigozhin ha affermato che Mosca ha invaso l’Ucraina con falsi pretesti ideati dal Ministero della Difesa russo e che la Russia sta effettivamente perdendo terreno sul campo di battaglia. Prigozhin ha negato il colpo di stato, definendolo invece una “marcia della giustizia”.

Poi è arrivato il discorso di Putin alla nazione, trasmesso in tutto il Paese, con il capo del Cremlino evidentemente furioso, che ha giurato di punire questi personaggi “sulla via del tradimento”. Il “tradimento” di Wagner è stata una “pugnalata alle spalle del nostro Paese e del nostro popolo”, ha inveito Putin, paragonando le azioni del gruppo alla rivoluzione russa del 1917 che rovesciò lo zar Nicola II nel bel mezzo della Prima guerra mondiale.

Mosca ha intensificato le misure di sicurezza in tutta la capitale: in alcuni punti soldati russi con addosso giubbotti antiproiettile e armi automatiche. Per strada, la gente incredula che iniziava a fare scorte al supermercato.

Cosa succederà a Prigozhin

Poi, improvvisamente, i video hanno mostrato Prigozhin e le sue forze in ritirata dalla città meridionale di Rostov. Secondo quanto dichiarato dal Cremlino e dal governo bielorusso, Prigozhin avrebbe accettato di lasciare la Russia per la vicina Bielorussia. Un accordo sottobanco di cui l’ex “chef” di Putin non ha fatto alcun cenno: di lui, per ora, si sono pure perse le tracce, nessuno sa dove si trovi. Secondo alcune fonti bielorusse, sarebbe stato avvistato al Green City Hotel di Minsk.

Dopo quasi 48 ore di silenzio, Prigozhin ha rotto il silenzio. Con un messaggio audio di 11 minuti su Telegram, spiega come abbia organizzato una “marcia per la giustizia per protestare contro la decisione di eliminare Wagner dal 1° luglio 2023, frutto di intrighi e decisioni sbagliate” e non un colpo di Stato per rovesciare la leadership russa di Vladimir Putin.

Prigozhin ha deciso di “fare marcia indietro” e fermare l’avanzata dei suoi uomini a 200 chilometri da Mosca “per evitare uno spargimento di sangue”, ha detto esprimendo “rammarico” per aver colpito l’aviazione russa: 6 elicotteri russi e un aereo sarebbero stati abbattuti dai suoi uomini due giorni fa.

La marcia dei miliziani del gruppo Wagner verso Mosca “ha dimostrato che ci sono problemi seri di sicurezza su tutto il territorio della Russia”, ha detto ancora Prigozhin nell’audio, durante il quale ha spiegato che “ci siamo fermati quando abbiamo sufficientemente dimostrato quello che avevamo intenzione di fare”. E ha quindi accusato il ministero della Difesa russo di aver preso di mira le sue truppe con il fuoco dell’artiglieria, dicendo che quello è stato il “momento decisivo per noi di andarcene immediatamente”.

Gli Usa sapevano?

La mossa di Prigozhin di muovere verso Mosca ha colto di sorpresa Mosca, ma, invece, secondo quanto riferito dai media Usa, non sarebbe stata improvvisa per la Casa Bianca. L’FBI americano, si legge sui principali giornali Usa, avrebbe già nelle settimane scorse raccolto segnali in questo senso, tanto da aver allertato il presidente Biden insieme ai principali leader del Congresso già all’inizio della scorsa settimana.

L’intelligence statunitense avrebbe notato che si stavano ammassando armi, munizioni e altre attrezzature vicino al confine con la Russia. Secondo il New York Times, il presidente Biden avrebbe parlato con i leader di Francia, Germania e Regno Unito del rischio di un’escalation legata al controllo di Putin sul vasto arsenale di armi nucleari.

Inoltre, da mesi stava monitorando il deterioramento del rapporto tra Prigozhin e i funzionari della difesa russa e l’intelligence, concludendo che questo era un segno che la guerra in Ucraina stava andando male sia per la Wagner che per l’esercito regolare, e che già si parlava di “traditore” in riferimento a Prigozhin. Un fattore scatenante è stato un decreto del 10 giugno del ministero della Difesa russo che ordinava a tutti i distaccamenti di volontari, come il gruppo Wagner, di firmare contratti con il governo.

Secondo quanto riferito dalla testata indipendente Meduza che ha citato una fonte vicina al Cremlino, il giorno della ribellione armata Prigozhin avrebbe cercato di mettersi in contatto con Putin, ma lui avrebbe rifiutato e successivamente non avrebbe partecipato ai negoziati. “La dirigenza militare, membri dell’amministrazione presidenziale, la dirigenza della Rosgvardia (la Guardia nazionale della Russia, ndr) e funzionari a lui vicini hanno cercato di comunicare con lui (Prigozhin, ndr). Ma non è chiaro di cosa volesse parlare, date le sue azioni”, ha detto la fonte.

Secondo Meduza, Prigozhin si sarebbe reso conto di aver “oltrepassato il limite” e che “le prospettive per i suoi convogli erano vaghe”. A quel punto, i mercenari non sarebbero stati lontani dal fiume Oka, dove l’esercito russo e Rosgvardia hanno deciso di costruire la prima linea di difesa contro i mercenari Wagner. Il Cremlino avrebbe quindi deciso di non procedere con un “bagno di sangue” visto il cambio di umore del leader della Wagner.

Le fonti hanno spiegato che i negoziati finali sono stati condotti da un importante gruppo di funzionari, tra cui Anton Vayno, capo dell’amministrazione presidenziale, Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza russo, e Boris Gryzlov, ambasciatore russo in Bielorussia. Capo negoziatore il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko. Secondo una fonte vicina al Cremlino, Prigozhin avrebbe insistito perché ai colloqui partecipassero “alti funzionari”. E considerata la riluttanza di Putin a contattare Prigozhin, i negoziatori non avevano molte opzioni a disposizione.

Cosa succederà ai mercenari della Wagner

Secondo alcune fonti, i combattenti della Wagner ora firmeranno contratti con il Ministero della Difesa russo, mossa che Prigozhin aveva precedentemente rifiutato come tentativo di allineare la sua forza paramilitare. Moltissime le ombre su questa vicenda: cos’è realmente accaduto, cosa accadrà a Prigozhin all’interno della Wagner e alla guerra in Ucraina, soprattutto se i suoi combattenti saranno reclutati dall’esercito russo, cosa succederà a Putin.

Non è chiaro se ora i mercenari della Wagner coopereranno semplicemente con l’esercito russo regolare o se saranno integrati a tutti gli effetti. O, ancora, se torneranno a combattere nelle zone di conflitto in Ucraina, come suggeriscono i media statali russi.

Alcuni analisti hanno espresso il timore che i combattenti possano seguire Prigozhin a ovest se si andrà davvero in Bielorussia, il punto più vicino da cui la Russia potrebbe attaccare la capitale ucraina, Kiev.

Gli osservatori si chiedono quanto controllo sarà in grado di esercitare il leader bielorusso Lukashenko sul leader dei mercenari, se davvero andrà a Minsk e, se le forze della Wagner lo seguiranno, quale minaccia rappresenteranno per Russia, Bielorussia e Ucraina.

Intanto, sarebbe tornata la calma nel quartier generale del gruppo Wagner a San Pietroburgo, dove, “nonostante gli eventi che si sono verificati, il centro continua a funzionare in modalità normale in conformità con la legge della Federazione Russa”, ha dichiarato l’ufficio del gruppo Wagner in una nota. Wagner ha “lavorato per il futuro della Russia”, si legge ancora il comunicato, dove si ringraziano i sostenitori del gruppo.

Sarebbero anche stati riaperti due centri di reclutamento dei mercenari nelle città russe di Tyumen e Novosibirsk, in Siberia, riferiscono l’agenzia stampa ufficiale russa Tass e Meduza. Non è chiaro però al momento in che forma potrebbe continuare ad esistere il gruppo Wagner.

Cosa succederà a Putin

Certo è che il colpo di Stato, per quanto monco, ha innescato una scintilla anche all’interno dell’esercito russo. Che ora potrebbe essere stanco, affaticato, demotivato. Alcuni suggeriscono che potrebbero avvenire combattimenti tra unità rivali nei prossimi giorni, a seconda del tipo di scosse di assestamento che si verificheranno in Russia dopo gli eventi di sabato.

Per quanto riguarda Putin, non è noto per essere uno che perdona i traditori. È possibile che Prigozhin venga ucciso in Bielorussia, ha detto una fonte vicina a Mosca, ma non è una decisione semplice per il Cremlino, perché, finché il signore della guerra a capo dei mercenari ha un qualche tipo di sostegno, è una minaccia, indipendentemente da dove si trovi.

Secondo numerosi analisti, nonostante tutto, anche Putin ora è in difficoltà. Appare debole, la sua forza compromessa, e non solo dal sistema internazionale che da mesi tenta di mettere la parola fine a una guerra sporca, a un’invasione, quella russa verso l’Ucraina. Putin ora non ha solo affrontato la reale prospettiva di dover sconfiggere i circa 25mila mercenari della Wagner, ma ha perso anche il sostegno del popolo russo e di molti dei suoi militari. Per le strade di Rostov si vedevano persone che applaudiva l'”esercito” Wagner che transitava.

Dopo il discorso in tv di sabato mattina, il presidente russo non è stato più visto in pubblico e non è stato pianificato alcun nuovo discorso presidenziale. Domenica, sulla tv di Stato è invece andata in onda un’intervista preregistrata, chiaramente prima della ribellione, in cui lo “zar” si dice fiducioso nell’andamento della guerra in Ucraina.

Le misure di sicurezza antiterrorismo sono ancora in vigore a Mosca, ma non è chiaro se al momento il presidente Putin si trovi nella capitale russa. Alcuni prevedono che opterà per qualche forma di rappresaglia, anche militare, sia contro Kiev che contro coloro che, nel Paese, non sono stati di supporto ma anzi hanno remato contro, secondo lui. Potrebbe arrivare anche a eliminare chi vacilla, ha detto qualcuno, il che significherebbe dare al regime un volto ancora più autoritario e brutale.

Cosa succederà all’Ucraina

In Ucraina, oltre alla preoccupazione per i rischi che la Russia possa intensificare il suo coinvolgimento, è probabile che i leader militari cercheranno di sfruttare a proprio vantaggio l’instabilità oltre confine. Le forze di Kiev hanno lanciato una controffensiva per reclamare i territori catturati dagli occupanti e credono che i disordini in Russia offrano una “finestra di opportunità”.

In ogni caso, secondo quanto riferito dal Telegraph, citando fonti dei servizi britannici, i numeri annunciati dal capo dei mercenari russi Prigozhin non sarebbero corrispondenti alla realtà: solo “8mila e non 25mila”. Sempre secondo il Telegraph, i servizi d’intelligence russi avrebbero quindi minacciato di colpire le famiglie dei capi dei ribelli prima che Prigozhin rinunciasse sabato sera a marciare su Mosca.