No, non si torna a scuola a ottobre. Perché la richiesta degli insegnanti è insostenibile

Nonostante la bizzarra proposta del mondo della scuola di tornare in classe a ottobre, le lezioni inizieranno regolarmente a settembre

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Vacanze agli sgoccioli o già finite per moltissime famiglie italiane, e la domanda è d’obbligo: quando inizia la scuola? Quest’anno poi c’è una novità – oltre a quelle introdotte per decreto – che ha fatto sobbalzare i genitori. Si riprende a ottobre? Se ne sta parlando parecchio in questi giorni. Proviamo a capire perché.

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha diffuso come ogni anno il calendario scolastico per l’anno 2024/2025. Come di consueto, il ritorno fra i banchi è diverso fra le varie regioni e province autonome per ovvi motivi climatici. Ma sgomberiamo il campo dai dubbi: no, nessuno comincerà le lezioni a ottobre.

La strampalata richiesta dei sindacati della scuola di iniziare a ottobre

Ogni anno il Ministero dell’Istruzione pubblica un’ordinanza che contiene le date delle festività nazionali, uguali perle scuole di ogni ordine e grado, e le date degli esami di Stato. Sono invece le Regioni a fissare la data di inizio e di fine delle lezioni e gli eventuali ulteriori giorni di chiusura delle scuole nel periodo delle feste di Natale, Pasqua e altri periodi. Le singole scuole, poi, possono scegliere di far iniziare alcune classi o sezioni prima o dopo, come ad esempio le classi prime.

Nonostante le rimostranze di alcune associazioni di categoria, che hanno chiesto al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di tornare a scuola a ottobre per il caldo eccessivo in alcune città, in classe si fa rientro rigorosamente a settembre.

In questi giorni si sta molto discutendo infatti della richiesta, alquanto strampalata, che arriva proprio da alcuni sindacati di categoria, verrebbe da dire più a tutela degli insegnanti che delle famiglie, visti gli innumerevoli disagi (e costi) che provocano 3 mesi interi di figli a carico dei genitori, alle prese con bizzarri salti mortali per organizzare ben 13 settimane di vacanza. Genitori peraltro già dissanguati dal back to school che quest’anno si preannuncia ancora più esoso, complice l’inflazione.

“Con questa afa è assurdo iniziare le lezioni entro metà settembre, meglio ottobre. Ci vuole buon senso e lungimiranza” sostiene Marcello Pacifico, presidente dell’Anief. “Anche i cicli produttivi devono cambiare e la Pubblica amministrazione deve avviare questi cambiamenti secondo il clima”.

Il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani ha scritto alla Società Italiana di Pediatria, alla Federazione Italiana Medici Pediatri e all’Associazione Nazionale Pedagogisti chiedendo di esprimere un parere scientifico sull’opportunità o meno di posticipare l’avvio dell’anno scolastico 2024/2025.

In precedenza, lo stesso Coordinamento aveva chiesto al ministro Valditara e alle Regioni di valutare la possibilità di modificare il calendario scolastico “per evitare possibili malori sia per gli studenti fragili che per gli insegnanti, la cui età media, da statistica, è spesso elevata“.

Posto che questo apre semmai la strada ad altre più serie riflessioni, la risposta è no, la scuola non inizia a ottobre, ma riprende regolarmente a settembre secondo il consueto calendario scolastico deliberato dal Ministero dell’Istruzione e “personalizzato” dalle singole Regioni.

Ovvio che esiste, eccome, un problema di temperatura in classe, ma questo impone, piuttosto, un adeguamento strutturale degli edifici scolastici, con sistemi di condizionamento, così come anche antisismici e molto altro: l’elenco sarebbe sterminato. Lo sanno fin troppo bene le famiglie abituate – ormai sommessamente – a comprare rotoli di carta igienica e sapone tutto l’anno.

La replica delle famiglie: costi già esorbitanti

Come ovvio, di fronte alle dichiarazioni del mondo della scuola, già precariamente appeso al tentativo di difendere un’istituzione troppo spesso autoreferenziale, le associazioni dei genitori sono insorte.

Tre mesi di chiusura delle scuole, dai primi di giugno ai primi di settembre, sono un salasso. Se poi non ci sono i nonni, come capita sempre più spesso, chi sta con i figli mentre mamma e papà lavorano? I centri estivi sono pochi e con costi esorbitanti, i baby sitter neanche a parlarne. La conseguenza è, come sempre in Italia, sperare nel familismo che regge il nostro debolissimo modello sociale, e che, però, ahimè, in tanti non hanno (o non hanno più).

Secondo l’Onf-Osservatorio Nazionale Federconsumatori, il costo medio settimanale di un centro estivo in Italia nell’estate 2024 è pari a 190 euro in una struttura privata, con pranzo, che però spesso è solo un piatto di pasta e una mela (+13% rispetto al 2019). Il costo scende a 115 (+20% rispetto al 2019) per i ragazzi che frequenteranno il centro estivo solo mezza giornata, fino alle 14. In alcuni casi c’è l’opzione pranzo al sacco, e allora il costo scende a 88 euro a settimana (+19% rispetto al 2019). Discorso diverso per i centri estivi dei Comuni, in cui però è quasi impossibile entrare per i pochissimi posti disponibili: il costo si aggira attorno ai 95 euro per il tempo pieno (+17% rispetto al 2019) e ai 75 euro per metà giornata (+50% rispetto al 2019).

WeWorld Onlus e il duo torinese Mammadimerda avevano lanciato già un anno fa una petizione per chiedere alle istituzioni di ascoltare la voce delle famiglie e rimodulare il calendario scolastico italiano, il più lungo d’Europa – insieme alla Danimarca – con ben 200 giorni di lezione.

I tristi primati della scuola italiana

“La lunghissima pausa scolastica – si legge nella petizione che ha raccolto più di 60mila firme, ma ne servono ancora molte – moltiplica le disuguaglianze, favorisce la perdita di competenze cognitive e relazionali di bambine, bambini e adolescenti e scoraggia la conciliazione di vita-lavoro per tanti genitori costretti a destreggiarsi tra campi estivi costosissimi e mancanza di alternative a prezzi ridotti”.

Insomma, quella che arriva in questi giorni dagli insegnanti è una proposta che davvero lascia perplessi, tanto più di fronte alle innumerevoli mancanze della scuola/istituzione. Non dimentichiamo che al Sud meno di 2 studenti della scuola primaria su 10 accedono al tempo pieno a scuola, al Nord sono quasi 5 su 10.

Il nostro calendario, scrivono, vanta infatti due tristi primati: la pausa estiva più lunga (insieme a Lettonia e Malta). “Le settimane di pausa estiva nascevano per permettere ai bambini e alle bambine di aiutare i genitori a raccogliere il grano nei campi. Una misura di conciliazione che però non si è evoluta al passo delle esigenze delle famiglie”. E “uno dei sistemi più stressanti del mondo“: gli eccessivi carichi di lavoro concentrati nello stesso periodo di tempo, infatti, è dimostrato che comportano effetti negativi non solo sul rendimento scolastico, ma anche sul benessere psicofisico.

Quando inizia la scuola: le date per regione

Ma niente panico. La scuola inizia a settembre. I primi a riprendere le lezioni lo faranno giovedì 5 settembre, gli ultimi lunedì 16. Tante invece saranno le novità: debutta infatti il sistema 4+2 di Valditara. Tutte le date di inizio della scuola regione per regione le trovate qui.