La stagione di serie A sta per concludersi. Una sola giornata e tutti sarà finito. Il sistema Piracy Shield avrà dunque tempo per essere migliorato, rispettando potenzialmente dei parametri europei.
Allo stato attuale, infatti, risulta essere decisamente fallace, come numerose denunce evidenziato. Di recente si è parlato molto delle multe in arrivo. Più di duemila persone individuate tra gli utilizzatori del pezzotto, ma non basta. Il prossimo step? Intervenire sulle Vpn.
Lotta al pezzotto, il blocco delle Vpn
Non è la prima volta che in Italia si affronta il tema Vpn in relazione alla diffusione delle Iptv. Allo stato attuale, infatti, tutto lascia pensare che le migliaia di utenti in attesa di multa (non particolarmente elevata in questa prima fase) siano coloro che non nascondevano affatto il proprio Ip.
A settembre 2024 era stato dato l’ok per la riammissione di un emendamento al Decreto Omnibus. Sguardo rivolto al pezzotto. Il primo firmatario Dario Damiani (Forza Italia) chiedeva con forza l’estensione alle Vpn dell’obbligo di interruzione dell’accesso ai siti che trasmettono partite illegali e altri eventi live e on demand senza autorizzazione.
In questo modo sarebbe impossibile per gli utenti modificare il proprio indirizzo Ip il che, al momento, sembra garantire l’elusione del blocco del Piracy Shield.
Blocco Vpn, a Parigi
Il tema del blocco delle Vpn è ora tornato d’attualità. Qualcosa infatti è cambiato in merito alla regolamentazione vigente, anche se non in Italia. Massimiliano Capitanio, commissario Agcom, ha infatti posto in evidenza la sentenza dello scorso 15 maggio del Tribunale di Parigi.
È stato ordinato anche alle Vpn di rendersi parti attive nel contrasto alla pirateria, sottolinea. Un comunicato stampa di Canal+ sottolinea come la Corte abbia imposto il blocco di 203 nomi di dominio di siti pirata da parte delle società:
- NordVpn;
- CyberGhost;
- SurfShark;
- ExpressVpn;
- Proton.
I siti in questione “trasmettevano illegalmente partite della UEFA Champions League, della Premier League e della TOP 14 di Rugby, 3 competizioni per le quali CANAL+ detiene i diritti esclusivi di trasmissione in Francia. La sentenza si pone in linea con quanto già affermato dai giudici d’oltralpe negli ultimi due anni, nei riguardi di altri servizi intermediari come gli Internet Service Provider, i DNS pubblici, le CDN e i servizi di Reverse Proxy”.
Capitanio ci tiene a sottolineare come l’impianto francese, su questo tema, si fondi su una norma del Code du Sport del tutto affine alla legge antipirateria del 14 luglio 2023, n. 93. Quest’ultima cita espressamente le Vpn tra i soggetti tenuti a disabilitare in 30 minuti i siti pirata che trasmettono in diretta qualsiasi contenuto, sportivo e non.
Il modello italiano
Il commissario Agcom prosegue così nella sua analisi:
“Anche in Francia quindi, così come in Spagna e Italia le corti interpretano le leggi antipirateria in modo uniforme e coerentemente con il quadro regolamentare europeo sulla responsabilità degli intermediari previsto dal Digital Service Act – DSA. Non dunque, come purtroppo molti si ostinano a sostenere, misure che limitano la privacy o la libertà di internet, ma mezzi repressivi di contrasto a un fenomeno odioso, come recentemente dimostrato dall’ indagine della Guardia di Finanza, che ha individuato e sanzionato 2.266 soggetti per un totale complessivo di 349mila euro”.
Rivendica poi il metodo italiano, definendolo all’avanguardia. È infatti possibile bloccare in tempo reale, attraverso Agcom e sfruttando la piattaforma Piracy Shield, i siti che trasmettono contenuti pirata. Al netto del fatto che ciò non sembra aver limitato il fenomeno. Tralasciando inoltre il totale disinteresse per il sistema prezzi e suddivisione dei diritti tra vari broadcaster, che ha reso seguire il calcio (in Italia si parla principalmente di questo, in tema di pirateria sportiva) un lusso. Sarebbe onesto sottolineare anche gli aspetti fallimentari del sistema.
Le critiche
Risale soltanto a pochi mesi fa la lettera della Computer & Communications Industry Association (firmata dalla parlamentare europea Mathilde Adjutor e da Claudia Canelles Quaroni). L’organizzazione internazionale (non profit), che vede aderire aziende come Apple, Amazon, Google, Intel e non solo, ha accusato Piracy Shield di generare numerose criticità. Il sistema si basa su blocchi a livello di Ip e Dns, infatti, il che può portare (come accaduto) a blocchi di siti legittimi. Esistono inoltre lacune nel meccanismo di ricorso. Considerando infatti la rapidità dell’arco temporale di svolgimento (entro 30 minuti dall’inizio dell’evento), la difesa di eventuali siti legali risulta impossibile.
Altre opacità riguardano il fatto che il Piracy Shield sia stato sviluppato da un’azienda affiliata alla Lega di Serie A. Ciò solleva ovviamente dubbi su potenziali conflitti di interesse, che si estendono anche al ristretto novero di aziende che possono inviare segnalazioni (tra queste ci sono i broadcaster, direttamente interessati dalla procedura).
Chi c’è dietro Sp Tech
Come detto, di errori con Piracy Shield ne sono stati commessi ma, è evidente, nulla viene ammesso pubblicamente da chi è direttamente coinvolto. Un esempio clamoroso è quello del 20 ottobre 2024, quando Google Drive è risultato bloccato in Italia per circa 3 ore. Il motivo? Segnalazione di particolari Ip. Dopo circa 12 ore, una porzione degli utenti risultava ancora bloccata (poco più del 13%).
Alle spalle di Sp Tech, star-up che ha in gestione Piracy Shield, c’è lo Studio Previti. Un cognome decisamente celebre in Italia e il riferimento non è casuale. Si tratta proprio dello studio fondato ormai più di 60 anni fa dall’ex ministro della Difesa, Cesare Previti.
Attualmente è affidato a Stefano Previti, figlio del celebre avvocato, che oggi ha raggiunto quota 90 anni. Se si contatta il numero individuabile online, non risponde una sede specifica di Piracy Shield. Occorre chiamare lo Studio Previti, di fatto, il che è già di per sé un’anomalia.
Su Il Fatto Quotidiano Paolo Ziliani spiegava mesi fa: “L’azienda (Sp Tech) ha 5 dipendenti e un fatturato di 415mila euro, con un attivo di 11mila euro. Ha venduto Piracy Shield alla Lega, che l’ha poi girata ad Agcom, per 25mila euro e riceve dalla Lega Serie A un compenso di 58mila euro per l’operatività annuale. Sp Tech però non soltanto non ha una sede ma non dispone nemmeno di un Soc (Security Operation Center), ovvero di uno staff di pronto intervento in caso di emergenze o eventi critici, tipo l’oscuramento di Google Drive”.
Dinanzi a tutto ciò, il fatto che Previti sia molto legato al presidente Claudio Lotito, ex consigliere federale della Figc, senatore della Repubblica e presidente della Lazio, è qualcosa di (quasi) irrilevante.