Una vita nerazzurra: Massimo Moratti e i rimpianti da presidente

Non è interessato a ricomprare l'Inter e racconta i suoi tanti rimpianti: ecco la vita da presidente di Massimo Moratti

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Pubblicato: 10 Marzo 2024 06:00

Se si pensa a un presidente dell’Inter, è impossibile non far scivolare la memoria verso Massimo Moratti. Ha un posto speciale nel cuore di tutti i tifosi nerazzurri. Al di là di quanto vinto durante la sua lunga gestione, gli è sempre stato riconosciuto il fatto d’aver agito come un tifoso, più che come un presidente. Il cuore in certe operazioni è stato evidente, anche quando dopo il Triplete avrebbe dovuto smantellare una squadra che tanto amore aveva generato. Guardandosi alle spalle, i rimpianti non mancano ed ecco quali sono.

 La sua Inter

Non sente alcuno spirito di competizione con l’attuale dirigenza dell’Inter. Massimo Moratti non prenderebbe infatti mai in considerazione l’idea di riacquistare la società o, magari, di tornare a farvi parte in qualche maniera. Chi c’è sta facendo bene e merita di proseguire. Lui ha fatto il suo tempo, quello in cui sentiva l’Inter “come un dovere e una passione”.

Oggi viver i nerazzurri in maniera del tutto differente rispetto al passato, ha spiegato a fine 2023 a Radio Tv Serie A. Cambia il mondo quando sei presidente e quando ti ritrovi a essere semplicemente un tifoso, per quanto speciale come lui: “Prima sei responsabile e senti il senso del dovere. Da tifoso ti arrabbi con società e giocatore ma porti a casa molto più serenamente. L’Inter resta molto importante, chiunque pensi a noi, ci lega all’Inter. Però era più facile prima, era il mio ambito. Adesso mi sento come uno a cui è capitata una cosa meravigliosa ma è alle spalle ed è più difficile giustificare questa passione”.

Aveva il suo modo di fare, che era in fondo quello di suo padre, al quale si è sempre ispirato. Nei calciatori cercava soprattutto la classe, ha spiegato. Quella era fondamentale per sognare di vincere e stravincere. Col tempo ha però capito come non fosse tutto. Un calciatore in particolare glielo ha impresso in mente: Samuel. Di fatto ha aggiustato la squadra, racconta, pur non avendo di certo l’eleganza innata di altri compagni di spogliatoio.

I rimpianti di Moratti

Ne ha tantissimi, ha raccontato. Quelli non possono mancare nella vita di chi rischia, fa, compra, vende e soprattutto scommette. Molti dei rimpianti, però, sono connessi non a scelte errate quanto all’impossibilità di proseguire su un percorso individuato.

Anche in questo caso c’è un nome che spicca su tutti ed è quello di Eric Cantona: “Sarebbe stato un cambio di marcia”. Non si è mai perdonato poi d’aver “regalato” Andrea Pirlo ai cugini del Milan, con i quali ha fatto la storia. Sul fronte allenatori, invece, il Moratti di oggi ritiene che avrebbe potuto trattarne alcuni molto meglio “o peggio, a seconda”.

Non ha mai considerato l’Inter come un’azienda, sbagliando. Questa la sua visione. La società però non gli ha mai tolto nulla, anzi gli ha donato emozioni e sorprese: “L’ho sempre considerata un’attività fortunata da seguire, a cui dover dare il massimo della generosità. Uno non lo fa per scelta ma per carattere”.

Oggi non manderebbe via dalla sera alla mattina Gigi Simoni, ma soprattutto non avallerebbe la cessione di Roberto Carlos, che però era obbligata dal bilancio: “Avrei dovuto difendere di più Pirlo”.

Andare via, infine, non ha rappresentato una ferita dolorosissima per Moratti, al di là dell’ovvio dispiacere: “Un passaggio di responsabilità dopo tanti anni. Mi sembrava fosse il momento giusto”.