Morte del coniuge e conto corrente cointestato: cosa fare

È possibile accedere ad un conto corrente cointestato anche dopo la morte del coniuge. Ma è necessario avere alcuni documenti

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Si parla di conto corrente cointestato quanto il rapporto bancario risulta essere intestato contemporaneamente a due o più persone. Nella maggior parte dei casi i soggetti che decidono di avere questo prodotto in comune sono due coniugi, i genitori con i figli o dei fratelli. Il denaro che vi viene depositato spetta a tutti gli intestatari in parti uguali tra di loro, indipendentemente dal soggetto che ha effettivamente versato il capitale. O dal fatto che uno ne abbia versato di più dell’altro.

Nell’universo dei conti correnti cointestati è possibile distinguere due diverse tipologie:

  • quello a firma disgiunta, nel quale ogni singolo intestatario può effettuare le operazioni senza coinvolgere gli altri;
  • quello a firma congiunta, che è caratterizzato dal fatto che ogni singola operazione può essere effettuata solo e soltanto se ogni cointestatario firma per la sua autorizzazione.

Ma cosa succede se uno dei due cointestatari dovesse morire. E se sono due coniugi? Vediamolo insieme.

Conto corrente cointestato: la morte del coniuge

Capire cosa fare di fronte alla morte del coniuge e al conto corrente cointestato può risultare complesso e pieno di cavilli. Alla morte del cointestatario defunto, il coniuge e altri soggetti eventuali chiamati all’eredità hanno il diritto di conoscere le giacenze presso l’istituto di credito. Ciò avviene solo previa presentazione di un atto notorio e di un certificato di morte. A questo punto il coniuge può avere tutte le notizie inerenti al conto corrente del cointestatario defunto.

Nella successione non rientra l’intera somma che compone il conto corrente ma solo ed esclusivamente il 50%, mentre il restante 50% viene liquidato per intero al coniuge vivente. In linea generale, di fronte a questa fattispecie si possono verificare due casi. Il primo è dato dalla possibilità del cointestatario vivente di esigere l’intera liquidazione del conto corrente e il secondo è dato dalla ripartizione del denaro tra gli eredi. Nel primo caso bisogna sapere se il conto corrente è a firma disgiunta (per qualsiasi operazione basta la firma di uno dei due soggetti) o congiunta (per i prelievi sono necessarie 2 firme).

Firma congiunta e firma disgiunta

Nel caso di firma congiunta il conto viene preventivamente bloccato fino a che non si identificano gli eredi i quali potranno svolgere qualsiasi operazione insieme all’intestatario vivente. Nel caso di firma disgiunta il cointestatario vivente tecnicamente può svolgere qualsiasi attività. Per evitare diatribe tra coniuge ed eredi, la banca blocca temporaneamente il conto. Può accadere che uno degli eredi comunichi alla banca, tramite lettera raccomandata, la sua obiezione nell’utilizzo disgiunto del conto. Di conseguenza, quest’ultimo può richiedere al cointestatario vivente un rimborso dei saldi prelevati dal cointestatario stesso.

In questa maniera nessuno (né il cointestatario vivente e né gli eredi) possono accedere alla liquidazione del conto corrente del defunto. Anche nel secondo caso (interventi sul saldo attivo del conto) bisogna fare una distinzione tra firma congiunta e disgiunta. Di fronte a un conto con firma congiunta, il cointestatario vivente perde ogni potere sul saldo attivo. La parziale liquidazione al coniuge cointestatario e a eventuali eredi avviene secondo il valore delle quote stabilite per legge.