Virus sinciziale, primo caso in Italia: cos’è e quando andare in ospedale

È stato isolato in Italia il primo caso di virus respiratorio sinciziale. Cos'è, i sintomi, come prevenirlo e come curarlo

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Pubblicato: 8 Novembre 2023 22:53

È stato isolato in Italia, a Roma, il primo caso di virus respiratorio sinciziale. Si tratta di un bimbo di 3 mesi ricoverato al Policlinico Umberto I di Roma. Ad annunciarlo è Fabio Midulla, presidente della Società italiana di malattie respiratorie infantili (Simri). Due giorni fa, sempre nel policlinico romano, il virus era già stato osservato in una bambina di 2 mesi, “ma si trattava di una bimba proveniente dalla Danimarca, un caso importato quindi”, specifica il pediatra. Ma vediamo di capire bene cos’è questo virus, come si trasmette, ma soprattutto come si manifesta, cioè quali sono i sintomi da tenere sotto controllo.

Cos’è il virus respiratorio sinciziale (VRS)

Come spiega proprio Simri, il Virus Respiratorio Sinciziale (VRS) è un virus respiratorio molto comune, capace di infettare l’apparato respiratorio di pazienti di qualunque età, ma che colpisce soprattutto i bambini nei primi anni di vita. È la più frequente causa di infezione delle vie respiratorie nei bambini al di sotto dei 2 anni e rappresenta la prima causa di ricovero ospedaliero sotto l’anno di età.

I sintomi da tenere d’occhio

Generalmente, il virus respiratorio sinciziale provoca una infezione delle vie aeree superiori, il comune raffreddore, ma specialmente nei bambini nei primi mesi di vita può raggiungere le vie aeree inferiori e i polmoni, causando la bronchiolite acuta, un’infiammazione severa delle vie aeree inferiori, o nei casi più gravi addirittura la polmonite.

I sintomi  sono simili a quelli di altre infezioni respiratorie virali e sono rappresentati da raffreddore, tosse secca e stizzosa e febbre, nella maggior parte dei casi non elevata, motivo per cui spesso viene sottovalutata dai genitori.

Solo qualche giorno dopo l’infezione, dal 3° al 5° giorno, possono comparire mancanza di appetito e difficoltà respiratoria: è a questo punto che mamme e papà non devono perdere tempo e devono rivolgersi immediatamente al proprio pediatra o direttamente al pronto soccorso.

Come si trasmette

In Italia il periodo epidemico va da ottobre a marzo, con un picco nei mesi più freddi, tra gennaio e febbraio. Il VRS si diffonde facilmente da persona a persona, soprattutto attraverso le mani e, in misura minore, le particelle che contengono il virus rilasciate in aria quando una persona infetta tossisce o starnutisce, o anche solo parla. Il virus può anche sopravvivere per molte ore sulle superfici dure come tavoli, maniglie delle porte, giocattoli e culle. L’infezione si contrae dunque attraverso le mucose di naso, bocca e occhi, ma soprattutto toccando con le mani le secrezioni nasali o della bocca infette, e quindi strofinandosi gli occhi o il naso.

Di virus sinciziale si è parlato di recente anche in occasione del 78° Congresso della Società Italiana di Pediatria, che si è svolto a Torino il 26 ottobre. L’attenzione dei pediatri è alta soprattutto per la possibile circolazione contemporanea di influenza, Covid e altri virus respiratori, proprio come il CRS. Gli accessi record in pronto soccorso e l’occupazione massima dei posti letto vissuti lo scorso inverno sono al centro del dibattito. Non è detto che questa “triade” si ripresenterà, tuttavia, sulla base di quanto osservato nell’altro emisfero, il picco dovrebbe arrivare più tardi rispetto allo scorso anno. Per quanto riguarda l’influenza, è ancora troppo presto per tracciare un quadro.

Dalla Società italiana di Pediatria arrivano comunque i consigli utili per la gestione di questi virus nei più piccoli. “Il primo consiglio è quello di proteggere i più piccoli e i più fragili con le armi che abbiamo a disposizione, i vaccini, laddove esistono, seguendo le indicazioni del Ministero della Salute e della Società Italiana di Pediatria e avendo sempre come riferimento il proprio pediatra”, spiega la Presidente della Società Italiana di Pediatria Annamaria Staiano.

Purtroppo per il virus respiratorio sinciziale non esiste ancora un vaccino in Italia, per questo è ancora più importante la prevenzione primaria. “I dati australiani, cileni, argentini, Paesi dove le stagioni sono invertite rispetto alle nostre, lasciano ipotizzare che il picco del VRS sarà raggiunto a dicembre-gennaio, tornando così alla situazione pre-Covid e i casi, sebbene sempre numerosi, non dovrebbero essere quelli di un’ondata eccezionale” chiarisce il Presidente di Simri Fabio Midulla.

È importante, in ogni caso, non abbassare la guardia. “La bronchiolite – sottolinea Midulla – all’inizio è come una malattia influenzale. Quindi il bambino può avere il raffreddore, la tosse e un po’ di febbre. La cosa più importante è controllare l’alimentazione, che comincia a ridursi 24 ore prima della comparsa del distress respiratorio. Se il piccolo comincia a non mangiare, bisogna stare attenti: è quello il campanello d’allarme. Normalmente i sintomi più gravi si presentano tra il 3° e il 5° giorno”.

Come prevenirlo

La prevenzione è il primo e più importante approccio per prevenire il diffondersi dei virus respiratori e del VRS: ciò si può attuare evitando di esporre i bambini più piccoli a fratellini o adulti raffreddati, o di mandarli al nido se raffreddati a loro volta, soprattutto nel periodo di maggiore diffusione del virus. Fondamentale inoltre: evitare l’esposizione al fumo di sigaretta, favorire la corretta igiene delle mani; evitare la condivisione degli utensili, detergere correttamente le superfici contaminate, ecc.

Il principale fattore protettivo per i neonati rimane sempre invece l’allattamento al seno.

Come si cura

In Italia, dicevamo, non esiste un vaccino contro il VRS, ma è disponibile un anticorpo monoclonale indicato solo per un ristretto gruppo di bambini fragili e ne arriverà un altro, recentemente approvato dall’EMA (Agenzia europea dei medicinali) e dalla FDA, specifico per il VRSl, che verrà utilizzato in questa stagione in quattro Paesi europei – Francia, Spagna Germania e Lussemburgo – per immunizzare tutti i nati a termine e pretermine, sani e con displasia broncopolmonare. Negli USA, oltre all’anticorpo monoclonale, sono stati approvati e verranno usati in questa stagione 3 vaccini contro il VRS, due per gli anziani sopra i 65 anni e uno per le donne in gravidanza durante il terzo trimestre.

“In Italia non si è ancora concluso l’iter autorizzativo per il nuovo anticorpo monoclonale e non è ancora iniziato quello per i tre vaccini. Speriamo di averli anche da noi il prossimo anno”, prosegue Midulla.

Cosa devono fare i genitori

“La bronchiolite è una malattia dinamica e quindi è importante che i genitori siano informati sulla possibile evoluzione e peggioramento del quadro clinico e venga attuato uno stretto monitoraggio con il pediatra curante” spiega Simri. I segnali di allarme da non sottovalutare e che devono spingere i genitori ad andare subito in ospedale sono quando il bambino inizia a non mangiare (spesso è questa la principale causa di ricovero ospedaliero), ad avere episodi di apnea, cioè momenti in cui smette di respirare, anche per pochissime frazioni di secondo, e quando ha difficoltà respiratoria, cioè il bambino respira più velocemente ed è affannato, sono presenti rientramenti al torace e al giugulo, cioè è più marcata la fossetta tra il collo e lo sterno.

Ricordando che il contagio passa più spesso dal contatto diretto attraverso le mani, e meno frequentemente attraverso la trasmissione respiratoria, le principali raccomandazioni sono: favorire la corretta igiene delle mani, evitare la condivisione degli utensili, detergere correttamente le superfici contaminate, evitare l’esposizione del bambino al fumo di sigaretta, senza dimenticare che il latte materno ha un effetto protettivo nei confronti dei virus respiratori in generale grazie a proteine antivirali come la lattoferrina e il lisozima.

Influenza e Covid: chi, come e quando deve proteggersi

In questo momento non è ancora scattata l’epidemia di influenza in Italia. Anche per il Covid, spiega Susanna Esposito, coordinatrice del Tavolo tecnico malattie infettive della SIP e Ordinaria di pediatria all’Università di Parma, ci sono segnalazioni di casi di gravità variabile, che spesso sono gestiti a domicilio, anche se non c’è ancora una circolazione ampia. “Al momento questi casi hanno un peso quantitativo contenuto, ma occorre ricordare che la situazione epidemiologica può cambiare rapidamente e bisogna essere preparati”.

In vista di una maggiore circolazione dei virus le raccomandazioni sono quelle che abbiamo imparato a conoscere con la pandemia: lavaggio delle mani, areazione degli ambienti, eventuale uso di dispositivi di protezione individuale in ambienti molto affollati. È inoltre importante che i bambini malati stiano a casa, specie se frequentano l’asilo dove avviene ad esempio lo scambio di giochi.

Come strategia preventiva, ancora una volta, ci sono i vaccini. “In tutte le Regioni – sottolinea Esposito – la vaccinazione antinfluenzale è ormai disponibile”. Questa è raccomandata alle donne in gravidanza, a tutti i bambini, anche quelli sani, di età compresa tra 6 mesi e 6 anni, ai bambini fragili di ogni età a partire dai 6 mesi, per il rischio di complicanze in caso di influenza.

Quando si deve fare il vaccino antinfluenzale? “Questo può essere il momento giusto per poter essere protetti nel picco dell’epidemia, perché la prima volta che si viene vaccinati sotto 9 anni di età sono necessarie due dosi a distanza di un mese l’una dall’altra”, aggiunge Esposito, ricordando anche l’opportunità del vaccino intranasale che può essere somministrato dai 2 anni, ma “sarà il pediatra a indicare la modalità vaccinale più opportuna”.

Per quanto riguarda il Covid, l’indicazione alla vaccinazione riguarda i bambini fragili, dai 6 mesi in su, con patologie croniche indicate nella circolare del Ministero della Salute. “Ma non dimentichiamo l’utilità in alcune fasce di ragazzi specifiche, come gli adolescenti, per l’intensa vita di relazione, tutti coloro che fanno sport agonistici o che trascorreranno all’estero periodi di studio”, aggiunge Esposito. Le due vaccinazioni, Covid e influenza, possono essere somministrate nella stessa seduta, in due punti diversi del corpo, tenuto conto però che nel primo caso la vaccinazione avviene normalmente nello studio del pediatra, nel secondo al centro vaccinale.