Sette aziende italiane tra le top 100 al mondo: quali sono

Sette brand, sette aziende che sono la firma del made in Italy nel mondo: ecco quali sono quelle che entrano nella top 100 mondiale per miglior reputazione

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

Esportare il made in Italy nel mondo non è di certo un’impresa facile per le aziende italiane, con tante che ci provano, ma non tutte ci riescono. L’italianità, infatti, è un messaggio a volte difficile da trasmettere a chi dell’Italia conosce solo i canonici “pizza, pasta, mafia e mandolino”, come direbbero gli americani. Ecco quindi che quando sette aziende nostrane si inseriscono nella top 100 mondiale delle società per miglior reputazione il vanto e l’orgoglio sono ancor più segnati.

Parliamo di sette brand di fama nazionale, in primis, e internazionale che negli anni hanno saputo generare fedeltà nei clienti e soprattutto essere sinonimo della qualità del made in Italy. Ma quali sono?

Sette aziende italiane nella top 100 per reputazione

A stilare la classifica delle aziende con miglior reputazione a livello globale è stata The RepTrak Company, società che pubblica rapporti sulla reputazione di aziende e luoghi, sulla base di sondaggi sui consumatori e copertura mediatica. La compagnia americana, come ogni anno, ha analizzato nel dettaglio tutte le aziende e ha fornito un chiaro quadro per le aziende italiane.

Ben sette, infatti, sono incluse in questa speciale classifica, con brand che hanno fatto importanti step di crescita rispetto agli anni passati. Quando si pensa all’Italia, di certo, non può non venire in mente la quattro ruote per eccellenza, la Ferrari che in questa classifica occupa il 13° posto a livello globale. Si tratta di un importante balzo in avanti per il marchio di Maranello, seguito a stretto giro anche da un altro brand che con l’asfalto ha un legame profondo. Parliamo di Pirelli, che è al 15° posto, diventando di fatto prima nel suo comparto.

Aprendo la pagina del settore alimentare, invece, a mantenere la leadership indiscussa è Ferrero, che nella top 100 globale conquista il 30° posto (vi abbiamo parlato qui dell’importante traguardo raggiunto da Giovanni Ferrero nel mondo del Food&Beverage). Tre posti più giù, poi, c’è Barilla che conquista il 33° posto dovuto, principalmente, all’ottima performance all’estero dove continua a essere considerata il simbolo della pasta italiana.

Bene anche Lavazza, che occupa il 44° posto, seguito da vicino dall’eccellenza della moda made in Italy di Giorgio Armani (47°). Al 99° Prada, che è presente nel Global RepTrak 100 solo da due anni.

Guardando però oltre, a confermarsi leader assoluto di questa classifica è Lego, la storica azienda danese dei mattoncini, seguita dalla tedesca Bosch e la britannica Rolls Royce.

Global RepTrak 100, i requisiti per entrare in top 100

È anche interessante vedere come in base a fasce d’età diverse cambia anche la reputazione dei brand. Per esempio, Ferrari è nella top 10 dei Millenials e della Generazione X, mentre tra i Baby Boomers la più apprezzata delle italiane è Barilla, seguita da Ferrero. Pr gli over 65, invece, l’azienda italiana con la miglior reputazione è Pirelli.

Ma come si fa a entrare in questa speciale classifica? I criteri per la Global RepTrak 100 sono chiari:

  • le aziende devono avere un fatturato globale superiore a 2 miliardi di dollari;
  • le aziende devono raggiungere una soglia di familiarità media globale superiore al 20% in tutti i 14 Paesi misurati e una soglia di familiarità superiore al 20% in 7o più dei 14 Paesi misurati;
  • le aziende devono raggiungere un punteggio di reputazione qualificante superiore al punteggio medio (ovvero 67,3 punti).

Michele Tesoro-Tess, executive vice president Emea & Apac di RepTrak, ha spiegato: “Non si tratta più solo di ciò che l’azienda offre, ma di come lo fanno. Oggi le aziende non devono solo fornire un prodotto di qualità a un prezzo conveniente data la recessione, ma anche dimostrare che lo stanno facendo in modo etico e rispettoso della società e dell’ambiente”.