Fitofarmaci e pesticidi nel cibo: attenti a questi prodotti

Siamo davvero consapevoli di quello che mangiamo? Non sempre quello che portiamo a tavola, nei nostri piatti tutti i giorni, è esente da contaminazione

Siamo davvero consapevoli di quello che mangiamo tutti i giorni? Non sempre quello che portiamo a tavola, nei nostri piatti, è esente da contaminazione. E l’ultimo dossier di Legambiente lo conferma: “Solo il 54,8% dei campioni analizzati tra gli alimenti che arrivano ogni giorno sulle tavole degli italiani, risulta senza residui di pesticidi. Nel 44,1% dei casi, dato in crescita, tracce di uno o più fitofarmaci”.

Utilizzo di fitofarmaci e pesticidi oltre il limite: il dossier di Legambiente

Come riportato da Legambiente, in Italia, l’impiego di sostanze chimiche nocive, utilizzate per combattere piante infestanti, insetti, funghi e prevenire il possibile sviluppo di malattie biotiche, è ancora estremamente diffuso.

Nel nostro Paese, per esempio, c’è stata negli ultimi anni una diminuzione dell’utilizzo di fitofarmaci, ma il ricorso agli stessi è continuato a essere comunque significativo. A conferma di ciò, basta citare quanto emerso dai dati Eurostat pubblicati dalla Commissione Europea:

  • in Italia, nel 2020 è stato registrato un aumento dell’8,66% di fitofarmaci venduti rispetto all’anno precedente;
    dei 121.550.398 kg di pesticidi distribuiti nel 2020, quasi la metà è rappresentata da fungicidi (45,20%) seguita da erbicidi (21,03%), insetticidi e acaricidi (16,16%);
  • nello stesso anno, in Europa sono state vendute ben 350.000 tonnellate di pesticidi. Principalmente fungicidi e battericidi (43% del totale). Seguono poi erbicidi, abbattitori di scorie e muschi (35%), insetticidi e acaricidi (14%). L’Italia rimane, dunque, in vetta alla classifica dei Paesi europei per l’utilizzo di pesticidi, accompagnata da Spagna, Francia e Germania che, insieme, raggiungono quota 75% del totale di antiparassitari venduti in Europa.

La contaminazione degli alimenti non riguarda solo frutta e verdura. A esserne interessati sono anche prodotti di derivazione animale come carne, uova e latticini. Gli animali da allevamento possono venire a contatto con residui di fitofarmaci sia legati alla contaminazione diffusa delle matrici ambientali (suolo, acqua, aria), sia nutrendosi di mangimi derivati da colture che ne hanno già accumulato in quantità.

Residui di pesticidi negli alimenti: i prodotti più colpiti

Legambiente, nel 2021, ha analizzato 4313 campioni di alimenti di origine vegetale e animale, includendo anche i prodotti derivati da apicoltura. L’elaborazione dei dati (avvenuta poi nel 2022) ha distinto poi i prodotti-campione in frutta, verdura e trasformati.

Quello che è emerso, dalla lettura dei dati, è che:

  • il 54,81% degli alimenti risulta a norma di legge e senza residui;
  • nel 44,19%, invece, vi sono tracce di uno o più fitofarmaci.

In linea con il trend degli anni precedenti, la categoria maggiormente colpita è risultata essere la frutta con il 70,36% di residui. In particolare, le tipologie più colpite risultano:

  • pere (91,67%);
  • uva (88,37%);
  • pesche (80,65 %);
  • nei piccoli frutti (more, lamponi e bacche) la percentuale più alta di irregolarità riscontrata è pari al 5,97%.

Nella categoria verdura è stata invece riscontrata una maggiore presenza di campioni a norma di legge e privi di fitofarmaci (65,57%). La percentuale di irregolarità si attesta all’1,06% e le tipologie di verdura maggiormente interessate dalla presenza di pesticidi sono i peperoni e i pomodori con, rispettivamente, il 60,68% e 55,03% di residui.

Infine, tra gli alimenti trasformati, invece, il 57,93% è risultato essere regolare e privo di residui. Nello specifico, tra quelli che presentano almeno un residuo (41,46%), i cereali integrali trasformati e il vino quelli sono quelli con la maggiore percentuale di residui regolari, rispettivamente 77,78% e 61,80%.

Pesticidi rilevati nel cibo: quali i rischi

Da quello che è emerso dal dossier di Legambiente, inoltre, i pesticidi maggiormente rilevati dall’analisi sono insetticidi e fungicidi.

Nello specifico, in ordine decrescente: Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil, Azoxystrobina, Tubeconazolo e Fluopyram, ma è sata segnalata anche la presenza di residui di Thiacloprid rinvenuti in 2 campioni di miele, in 1 pesca e in 1 mela e tracce di residui di Imidacloprid in 34 campioni tra albicocche, arance, banane, carciofi, mandarini, peperoni, uva e pomodori.

Tali sostanze attive sono particolarmente pericolose per la salute delle api e degli insetti pronubi e il loro impiego non è più consentito dai Reg. CE 2020/23 (Thiacloprid) e Reg. CE 2020/1643 (Imidacloprid). Oltre a questi residui, è stata riscontrata la presenza in campioni di pesche, arance e peperoncini di tracce di Dimethoate, sostanza attiva di cui l’EFSA non ha potuto escludere il potenziale genotossico, determinandone la revoca (Reg. CE 2019/1090), ma concedendo, in seguito, deroghe per fare fronte alla cosiddetta mosca dell’olivo .

Da segnalare è altresì la presenza in tessuti adiposi di origine animale di DDT e del suo metabolita DDE. Tali molecole sono altamente lipofile e non stupisce trovarne tracce nonostante la revoca dal mercato da più di quarant’anni. Nonostante non siano più ammesse in Ue, la sostanza viene ancora utilizzata nei Paesi terzi e, per mezzo del grasshopper effect (trasporto delle molecole per lunghe distanze a causa delle continue fasi di evaporazione e precipitazione), vengono a contatto con animali ed esseri umani, interagendo con il loro metabolismo .

Intanto in Europa, sotto iniziativa del Consiglio europeo, gli Stati membri hanno accolto con favore gli obiettivi della proposta di ridurre entro il 2030 l’uso e i rischi dei prodotti fitosanitari (PPP) del 50% a livello dell’UE, nonché l’uso di pesticidi più pericolosi (uui l’elenco dei cibi che ne contengono di più). Tutti sembrano essere d’accordo sul fatto che questa proposta possa essere uno strumento chiave nella transizione verso un’agricoltura più sostenibile nell’Unione europea (qui l’approfondimento sui risparmi assicurati).

Tuttavia, poiché la valutazione d’impatto fornita dalla Commissione si basa su dati raccolti e analizzati prima dello scoppio della guerra della Russia in Ucraina (qui, a proposito, il piano di Zelensky per il 2023), gli Stati membri temono che non tenga conto dell’impatto a lungo termine sulla sicurezza alimentare e sulla competitività del Settore agricolo dell’UE. La sostenibilità ambientale, la sicurezza alimentare e gli approvvigionamenti sono quindi al momento temi caldi che Bruxelles ha promesso di affrontare, dando quanto prima delle risposte e dei dati certi su cui basare le prossime decisioni a breve e lungo termine.