L’agricoltura 4.0 fa risparmiare acqua e soldi?

La versione "aggiornata" dell'agricoltura di precisione promette di migliorare la redditività delle aziende agricole e delle coltivazioni e di salvaguardare l'ambiente. Sarà davvero così?

Un’agricoltura di precisione “aggiornata”, che sviluppa metodologie e adatta tecnologie a seconda delle coltivazioni sulle quali interviene: si potrebbe definire grossomodo così l’agricoltura 4.0, che promette vantaggi distribuiti lungo tutta la filiera, dai produttori ai consumatori. E che per farlo si affida ai progressi della digital transformation (o digitalizzazione, all’italiana), che in questi anni ha rivoluzionato anche altri ambiti della nostra vita di tutti i giorni.

L’ingresso delle tecnologie della quarta rivoluzione industriale nell’agrifood rappresenta un’occasione ineguagliabile per incrementare la sostenibilità economica e ambientale. Si va dall’automatizzazione della raccolta all’analisi dei dati che provengono direttamente dai campi grazie a sensori “intelligenti”, dai trattori a guida autonoma all’impiego di droni contadini anche per la semina. Nell’arsenale tecnologico a disposizione delle aziende rientrano anche l’Internet of Things (IoT), i Big Data, l’Intelligenza Artificiale e la Robotica.

Secondo uno studio realizzato dall’Osservatorio AgriFood del Politecnico di Milano, insieme al Laboratorio RISE (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università di Brescia, il digitale nell’industria agroalimentare ha registrato una crescita del 270% rispetto al 2017. Un vero e proprio boom, che proietta l’innovazione digitale come grande leva strategica per il settore agroalimentare italiano. Sul mercato la galassia agricola 4.0 vale in totale sul mercato una somma che si avvicina ai 500 milioni di euro, pari quasi al 20% del settore a livello europeo (Bankitalia: “Il clima peserà sul PIL, colpiti agricoltura e turismo”).

Il “genitore” dell’agricoltura 4.0: la precision farming

Il progenitore più recente dell’agricoltura 4.0 è la cosiddetta precision farming, cioè l’agricoltura di precisione, introdotta negli Anni Novanta (nel 1997 viene utilizzata l’espressione per la prima volta, negli Stati Uniti). Circa trent’anni fa si è cominciato a utilizzare soluzioni digitali per interventi mirati sulle colture, con attenzione scientifica alle caratteristiche del suolo e delle piante anche grazie a strumento come il cosiddetto indice vegetativo (un valore legato al benessere della pianta che prende in esame dati che vanno dal livello di zuccheri all’attività fotosintetica). L’obiettivo è rimasto sempre lo stesso: migliorare la resa produttiva delle piantagioni e tagliare i costi, anche ambientali. Il settore agricolo ha dunque registrato la stessa rivoluzione già sperimentata nel settore terziario e nell’industria.

Uno degli ambiti più “riformati” fin dall’inizio è stato quello dell’irrigazione, tecnologizzato per non sprecare risorse idriche né indebolire le piante. A ruota sono seguite anche le tecniche digitali per la piantumazione adattate alle caratteristiche biochimiche e fisiche del suolo, la somministrazione di antiparassitari in stretta relazione alle esigenze specifiche di ogni singola area e pianta o di fertilizzanti soltanto nella quantità necessaria e nei tempi più utili. Si prende insomma coscienza del fatto che non solo gli appezzamenti hanno caratteristiche diverse, ma anche ogni singolo metro quadrato di terreno ha bisogni fisiologici univoci e può venire ottimizzato per evitare sprechi, ridistribuendo le risorse laddove ce n’è più bisogno.

I princìpi dell’agricoltura di precisione restano un pilastro fondante per l’agricoltura 4.0, soprattutto per quanto riguarda l’attenzione ai bisogni delle colture e alla specificità degli interventi. Le tecnologie al servizio degli agricoltori si sono poi evolute, fino a consentire la comunicazione in tempo reale dei dati registrati direttamente nei campi grazie a sensori di ultima generazione.

I vantaggi dell’agricoltura 4.0

I principali vantaggi ambientali ed economici garantiti dall’agricoltura 4.0 sono i seguenti:

  • evitare gli sprechi calcolando esattamente il fabbisogno idrico della coltura o individuando in anticipo l’insorgenza di alcune malattie della pianta o la presenza di parassiti;
  • un maggior controllo sui costi di produzione e la capacità di pianificare con estrema precisione tutte le fasi di coltura, semina e raccolta, con notevole risparmio di tempo e risorse;
  • migliorare la tracciabilità della filiera, mettendo sotto la lente d’ingrandimento (se non addirittura al microscopio) l’intero processo di produzione.

Quest’ultimo tende ad accorciare la filiera che, con poco margine di errore, è in grado di produrre alimenti della massima qualità e in maniera sostenibile.

Per il mais, ad esempio, i dati Cai e Ibf evidenziano che si risparmierebbe il 10% di acqua, passando da 3.600 a 3.240 metri cubi d’acqua per ettaro ogni anno; il risparmio economico diventerebbe di circa 36 euro a ettaro, considerando un costo medio per le risorse idriche di 0,10 euro a metro cubo. Per quanto riguarda ortaggi e patate, si impiegherebbero invece 600 metri cubi d’acqua per ettaro, per un riasparmio di 60 euro/ettaro, mentre per la frutta si parla di 630 metri cubi per ettaro in meno e, dunque, un risparmio economico di 63 euro/ettaro. La differenza più consistente riguarda la coltivazione della barbabietola, per la quale coi metodi agricoli 4.0 si passerebbe da 4.200 a 3.360 metri cubi d’acqua utilizzati annualmente per irrigare ogni ettaro (il 20% in meno), per un risparmio di 84 euro a ettaro.

L’agricoltura 4.0 fa davvero bene al pianeta?

Attualmente per produrre una singola chilocaloria alimentare agricola, ne utilizziamo circa 10 di idrocarburi, in particolare petrolio. Da un lato c’è chi, come Alessandro Ronca del PeR (Parco dell’energia rinnovabile), afferma che l’agricoltura 4.0 porti benefici soltanto economici e per nulla ambientali. “Se si delega il controllo della coltivazione a una macchina – afferma – bisogna mettere in conto il costo ambientale da pagare per far funzionare quella macchina”. Nella stragrande maggioranza dei casi, questa energia non proviene da fonti rinnovabili, ma da quelle “tradizionali” e più inquinanti.

Certa è anche la necessità di dover invertire la rotta dell’agricoltura intensiva sperimentata finora, che all’ambiente ha fatto sicuramente male, e tanto. Il contadino, sottolinea Ronca, ora è un “imprenditore agricolo”, impegnato a produrre profitto, oltre al cibo. Cibo che, per generare guadagno, deve essere il più pesante possibile. “Legare la produttività agricola al peso è lo scopo principale di tutta l’agricoltura moderna”, dichiara ancora Ronca.

Dall’altro lato c’è anche chi però sottolinea la necessità di aumentare la produzione alimentare, visto che la domanda globale salirà del 70% nei prossimi 30 anni, tentando al contempo di non dare il colpo di grazia al pianeta. E considerando anche il fatto che quasi il 90% delle terre coltivabili è già utilizzato. Si prevede che nel 2050 si dovrà dare da mangiare a circa 9 miliardi di persone. Sembra francamente impossibile non impattare in maniera irreversibile la salute della Terra.

La situazione in Italia

La situazione nel nostro Paese potrebbe essere riassunta così: grandi eccellenze ma non grandi produzioni. Anche perché anche l’agricoltura di precisione ha ereditato le “tare” italiane, ad esempio, dell’edificazione civile selvaggia che ha sottratto terra alle aziende agricole e dello scarso appeal della carriera da coltivatore (anche se negli ultimi anni si assiste a un crescente “ritorno alla terra” da parte di sempre più giovani che decidono di cambiare vita e professione). Senza contare la tendenza a vincolare sempre più siti per il loro valore paesaggistico.

L’agricoltura 4.0 si propone di superare tutte queste difficoltà. E, a giudicare dai dati, sembra in parte sulla buona strada, almeno dal punto di vista squisitamente numerico. Secondo lo studio citato in apertura, è infatti cresciuta la superficie coltivata con strumenti di agricoltura 4.0 , che nel 2021 ha toccato il 6% del totale, il doppio dell’anno precedente. Non solo: nel 2021 il 60% degli agricoltori italiani ha utilizzato almeno una soluzione 4.0, il 4% in più rispetto al 2020. I più gettonati sono software gestionali e sistemi di monitoraggio e controllo delle macchine. Il 26% delle aziende agricole, infine, ha effettuato o prevede di effettuare investimenti nell’agricoltura 4.0.