Pesticidi nei piatti: migliorano i dati, ma preoccupa la frutta, presenti tracce di residui nel 67,96% dei campioni

Legambiente fa il punto sui fitofarmaci presenti negli alimenti sulle nostre tavole, la frutta la categoria più colpita, bene i dati sui prodotti di origine animale

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Circa un mese fa, a Strasburgo, è stata respinta la proposta di ridurre l’uso dei pesticidi entro il 2030, avanzata da diversi Paesi europei. Inoltre, è stata confermata la possibilità di utilizzare il glifosato per almeno altri dieci anni. Mentre l’Europa attualmente fatica a trovare una formula chiara e rapida per limitare l’utilizzo di erbicidi, insetticidi e altre sostanze fondamentali per mantenere i livelli attuali di produzione agricola, cresce la consapevolezza tra i consumatori dei rischi legati alla presenza di pesticidi nei prodotti alimentari.

A conferma di questa crescente attenzione, ogni anno Legambiente pubblica il dossier “Stop pesticidi nel piatto“, offrendo un’idea chiara del numero di fitofarmaci che finiscono sulle nostre tavole. Nell’edizione del 2023, la buona notizia è che si registra una diminuzione di tali sostanze.

Analisi 2023 di Legambiente: luci e ombre sulle tracce di pesticidi nei prodotti alimentari

Il nuovo report di Legambiente, “Stop pesticidi nel piatto 2023” e realizzato in collaborazione con Alce Nero, offre un quadro dettagliato, frutto della collaborazione con esperti, ricercatori, docenti universitari e medici. L‘analisi coinvolge 6.085 campioni di alimenti provenienti da agricoltura biologica e convenzionale, raccolti in 15 regioni e sottoposti ad attente analisi.

Il rapporto presenta un mix di buone notizie e sfide. I risultati indicano che la percentuale di campioni con tracce di pesticidi nei limiti di legge è diminuita, passando dal 44,1% dell’anno scorso al 39,21%. Inoltre, si nota una riduzione dei campioni irregolari al 1,62%. Al contrario, il 59,18% dei campioni è risultato regolare e privo di residui, un incremento rispetto al 54,8% dell’anno precedente.

Pesticidi in Italia: i più diffusi e i loro rischi

L’analisi dettagliata ha evidenziato la presenza di ben 95 sostanze attive provenienti da fitofarmaci nei campioni esaminati. In particolare, in 3 campioni di uva passa sono stati individuati 17 residui, mentre un campione di pesca presentava 14 residui e un campione di fragola ne conteneva 12. Dati allarmanti emergono anche dalle importazioni, con un peperone proveniente dalla Cambogia che ha mostrato addirittura 28 residui, secondo le informazioni fornite dall’EFSA.

La frutta conferma la sua vulnerabilità, con oltre il 67,96% dei campioni contenenti uno o più residui. Percentuali significative si riscontrano nell’84% delle pere, nell’83% delle pesche e nel 53,85% dei peperoni. La frutta esotica, tra cui banane, kiwi e mango, mostra la percentuale più alta di irregolarità, raggiungendo il 7,41%, un dato notevolmente superiore ad altre tipologie di alimenti.

Tuttavia, la verdura presenta un quadro più rassicurante, con il 68,55% dei campioni analizzati privi di residui. Tra gli alimenti trasformati, i cereali integrali e il vino spiccano per il numero più elevato di residui permessi, rispettivamente al 71,21% e 50,85%. I prodotti di origine animale rappresentano una nota positiva, con l’88,17% dei 921 campioni analizzati privi di residui.

I pesticidi più frequenti includono Acetamiprid, Fludioxonil, Boscalid e Dimethomorph, ma preoccupano i residui di neonicotinoidi non più ammessi, come Thiacloprid in campioni di pesca, pompelmo, ribes nero, semi di cumino e tè verde in polvere; Imidacloprid in un campione di arancia, 2 campioni di limoni, 3 campioni di ocra; Thiamethoxam in un campione di caffè. Questi risultati sottolineano la necessità di adottare misure urgenti per garantire la sicurezza alimentare e ridurre la contaminazione da fitofarmaci.

Prevalenza del multiresiduo di pesticidi negli alimenti

Il limite massimo di residuo (LMR) rappresenta la massima quantità di pesticida legalmente tollerata negli alimenti, stabilita dal Regolamento (CE) 396/2005. Questo limite, basato sull’uso del fitofarmaco in agricoltura e su valori tossicologici, mira a garantire la sicurezza alimentare. Il concetto di multiresiduo, la presenza di più sostanze nocive in uno stesso campione, assume particolare rilevanza. L’analisi rivela che il multiresiduo si verifica nel 23,54% dei casi, con la frutta come categoria più colpita (50,28%).

Tra le matrici frutticole, pesche, pere e uva sono le più affette. La verdura mostra percentuali inferiori di multiresiduo (13,01%), con peperoni in testa alla “classifica del multiresiduo.” Gli alimenti trasformati presentano una percentuale più bassa di multiresiduo rispetto al monoresiduo. Cereali integrali trasformati e vino sono i più colpiti. Alcuni alimenti italiani e turchi registrano un numero significativo di residui, evidenziando sfide nella gestione dei pesticidi.

A livello europeo, l’EFSA riporta che il 58,1% dei 87.863 campioni analizzati è privo di residui quantificabili. Solo il 2,1% supera il LMR, mentre il restante 39,8% contiene residui nei limiti. Nei campioni di origine animale, l’85,9% è privo di fitofarmaci, ma il 12,8% mostra tracce nei limiti di legge. L’analisi dei campioni di miele rivela che, nonostante l’86,4% sia privo di residui, neonicotinoidi come Thiacloprid e Acetamiprid sono i più rilevati, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza alimentare.

Presenza di pesticidi nei peperoni

Nel 2022, i peperoni emergono come una delle colture più importanti, ma anche fortemente colpite dai residui di pesticidi. Con il 53,85% di campioni contaminati (in calo rispetto al 60,68% nel 2021), si rileva una significativa presenza di fitofarmaci. Tra questi, spiccano Acetamiprid, Azoxystrobin, e Fluopyram, con una prevalenza di multiresiduo rispetto al monoresiduo (32,69% vs. 21,15%).

Nonostante una percentuale di campioni privi di residui del 44,23%, si evidenziano irregolarità in due campioni provenienti dall’Egitto, con superamento dei limiti per Propiconazolo e Chlorpyrifos. A livello europeo, l’EFSA conferma la presenza di pesticidi nei peperoni. Di particolare preoccupazione sono i residui di Imidacloprid e Chlorpyrifos, associati a problemi di sviluppo e danni al sistema endocrino.

Un dato negativo è la presenza di Cyfluthrin, un insetticida revocato, evidenziando rischi significativi per la salute umana e ambientale. I peperoni, vulnerabili a patogeni durante la crescita e lo stoccaggio, richiedono frequenti trattamenti fitosanitari. La ricerca di alternative naturali, come l’allicina derivante dall’aglio e i terpeni del tea tree oil, offre prospettive per ridurre l’uso di sostanze chimiche sintetiche, considerando le restrizioni governative e le preoccupazioni ambientali e sulla salute umana.

Pesticidi nelle Pere Italiane

L’analisi di 153 campioni di pere dai laboratori italiani rivela che l’84,97% contiene residui di fitofarmaci, con fino a 22 categorie di pesticidi diversi. Nonostante una lieve diminuzione rispetto al 2021, solo il 14,38% dei campioni è privo di residui. Gli anticrittogamici, utilizzati contro la maculatura bruna, sono predominanti, e l’Acetamiprid è impiegato per contrastare diverse specie di insetti.

La presenza della cimice asiatica ha causato danni significativi alle coltivazioni di pere in Emilia-Romagna, la principale regione produttrice in Italia. Il progetto di lotta biologica con la vespa samurai offre una speranza per controllare questa specie invasiva. Nel 2022, il mercato italiano delle pere ha subito una diminuzione del 20% della produzione nazionale a causa di eventi climatici estremi e del surriscaldamento globale.

La sensibilità del pero e le richieste del mercato per frutti perfetti aumentano la dipendenza dai pesticidi. La necessità di studiare sostanze naturali efficaci, pratiche colturali sostenibili e il rispetto degli ecosistemi emerge come strategia cruciale per mitigare i rischi associati all’uso di fitofarmaci.

Residui di pesticidi nel miele: un problema per le api

Nel 2022, l’analisi di 121 campioni di miele in Italia rivela che il 70,25% è privo di residui di fitofarmaci, mentre il 23,97% presenta almeno un residuo. Il Glifosato è il più frequente (48,00%), seguito dal Rame (24,00%) e dall’Amitraz (20,00%). La presenza di pesticidi, incluso l’Acetamiprid, è collegata alle sfide dell’apicoltura, come la lotta contro la Varroa destructor.

A livello europeo, l’86,4% dei campioni analizzati non contiene tracce di pesticidi, ma l’11,5% mostra residui, con Thiacloprid e Acetamiprid in evidenza. La diminuzione della popolazione di api e insetti apoidei è associata a diversi fattori, tra cui l’uso diffuso di pesticidi. Ricerche recenti indicano che la combinazione di neonicotinoidi e Glifosato è particolarmente tossica per gli impollinatori, sottolineando la necessità di ridurre gli stress e implementare strategie di conservazione, come la creazione di habitat semi-naturali e la riduzione della chimica di sintesi.

Residui di pesticidi nell’uva e nel vino

L’analisi dell’uva rivela che il 73,17% presenta almeno un pesticida, con una notevole presenza di multiresiduo (62,20%). Nel vino, il 26,55% dei campioni mostra multiresiduo, mentre il 48,87% è privo di residui. I fitofarmaci più frequenti nell’uva da tavola includono Fluxapyroxad e Metalaxyl, mentre nel vino emergono Dimetomorph e Fenhexamid.

La suscettibilità dell’uva a malattie fungine e agli attacchi degli insetti richiede un massiccio impiego di pesticidi in agricoltura convenzionale. In Veneto, la preoccupazione per l’accumulo di sostanze nel terreno ha portato a petizioni e referendumi per limitare l’uso di pesticidi nella coltivazione del Prosecco.

La coltivazione della vite impatta sull’erosione del suolo, evidenziando la necessità di pratiche agricole sostenibili. L’inerbimento e la difesa integrata sono cruciali, mentre il controllo biologico e l’uso di sostanze naturali come i terpeni rappresentano alternative promettenti. L’approvazione di alcune di queste sostanze nella produzione biologica sottolinea l’importanza di muoversi verso strategie agricole più sostenibili e di approfondire la ricerca su soluzioni naturali.

L’uso dei pesticidi: una minaccia per la salute umana

I dati FAOSTAT 2021 evidenziano un aumento del 50% nell’uso globale dei pesticidi dal 1990, passando da 1,8 a 2,7 kg per ettaro di area coltivata. Nel solo 2019, nel mondo, sono state impiegate circa 4,2 milioni di tonnellate di pesticidi, equivalenti a circa 0,6 kg a persona. Carbammati e organofosforici dominano l’utilizzo. In Europa, sebbene l’uso sia cresciuto meno rispetto ad altri continenti, nel 2019 sono state utilizzate 500 mila tonnellate. Nonostante un terzo del totale mondiale dal 1990 al 2019, i paesi europei sono grandi esportatori, specialmente di principi attivi vietati in Europa.

L’Italia si posiziona sesto nella classifica mondiale dei maggiori utilizzatori di pesticidi, con 114.000 tonnellate all’anno di circa 400 sostanze, incluse alcune vietate internamente. L’esposizione umana avviene direttamente o indirettamente attraverso il cibo o l’acqua. La relazione tra pesticidi e salute umana è stata ampiamente confermata, rappresentando una seria preoccupazione per la salute pubblica.

Innumerevoli studi sottolineano i rischi dell’esposizione cronica, soprattutto per gli agricoltori, le loro famiglie e gli operatori della filiera. Gli effetti delle miscele di pesticidi sono poco conosciuti, ma le basse dosi, anche in miscela, possono aumentare gli effetti avversi. L’esposizione a sostanze chimiche agricole può causare effetti acuti e cronici su vari sistemi del corpo, compresi quelli cardiovascolare, nervoso, respiratorio, endocrino, riproduttivo e digerente. Inoltre, molti formulati contengono composti cancerogeni, mutageni e teratogeni, con possibili effetti a lungo termine trasmissibili attraverso le generazioni.

L’esposizione ai pesticidi: una minaccia per la salute delle donne

Sia uomini che donne affrontano condizioni patologiche, ma le donne sono soggette a problemi di salute unici e più frequenti. Dal cancro del seno al disturbo della menopausa, le donne sono colpite da problematiche particolarmente gravi. La mortalità per infarto è più elevata nelle donne, mentre depressione e ansia colpiscono più spesso il sesso femminile. Lesioni del tratto urinario sono più comuni nelle donne, e negli ultimi anni l’esposizione ai pesticidi è stata collegata a questi effetti avversi.

Vivere vicino alle aree agricole comporta rischi ambientali, poiché i pesticidi si diffondono nell’habitat umano, contaminando acqua, terreno, cibo e persino il cordone ombelicale e il latte materno. Queste sostanze, presenti in cocktail di principi attivi, interferiscono con funzioni cruciali come quelle ormonali, riproduttive e metaboliche, e possono contribuire alla cancerogenesi. Residui di pesticidi, spesso entro limiti considerati sicuri, si trovano negli alimenti vegetali e nella carne, con limiti che talvolta non sono stati adeguatamente studiati.

In temi così vitali, i cittadini hanno il diritto a informazioni serie e chiare. La tutela della salute dei lavoratori è una questione di salute pubblica e civiltà, poiché il lavoro non dovrebbe mai compromettere la salute. La protezione in fasi cruciali come la gravidanza, l’allattamento e l’infanzia dovrebbe essere prioritaria per tutti, soprattutto per gli amministratori pubblici.

Agroecologia: la strada da percorrere per ridurre l’uso dei pesticidi

Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente, ha sottolineato la necessità di adottare con maggior determinazione l’approccio dell’agroecologia, evidenziato dai dati dell’analisi. Egli ha enfatizzato l’importanza di attuare con convinzione e senza esitazioni le direttive europee Farm to Fork e Biodiversity 2030. Pur riconoscendo l’importante passo avanti con l’approvazione della legge sul biologico, Gentili ha sottolineato l’urgenza di passare dalla teoria alla pratica, trasformando gli obiettivi in azioni concrete.

Secondo Gentili, è fondamentale implementare meccanismi incentivanti per sostenere la transizione verso pratiche agricole più sostenibili, a partire dalla disponibilità di risorse. Ha anche sollecitato l’applicazione rigorosa delle norme, evitando deroghe all’uso di specifici fitofarmaci, come nel caso del glifosato. Gentili ha evidenziato l’importanza dell’approvazione del regolamento per l’utilizzo dei fitofarmaci (SUR) presentato dalla Commissione europea, sottolineando che gli obiettivi di riduzione dell’uso dei pesticidi sono a rischio a causa delle richieste di rinvii da parte di alcuni Paesi, tra cui l’Italia.

Infine, Gentili ha concluso sottolineando la necessità di aumentare significativamente le aree coltivate in biologico, ritenendo che rappresentino un metodo efficace per ridurre gli impatti negativi dell’agricoltura.

Legambiente: per un’agricoltura biologica e senza glifosato

Gentili ha evidenziato l’urgente necessità di emanare i decreti attuativi della legge approvata recentemente sull’agricoltura biologica, dopo tredici anni di attesa. Egli ha ribadito che l’agricoltura biologica rappresenta la principale via per ridurre in modo drastico l’utilizzo dei fitofarmaci. Gentili ha anche evidenziato la lotta necessaria contro il multiresiduo attraverso procedure normative, con l’obiettivo di prevenire e contenere gli effetti dannosi dei “cocktail di fitofarmaci”.

Il responsabile agricoltura di Legambiente ha sottolineato l’importanza di una legge come unica soluzione efficace per contrastare questi problemi. Inoltre, ha enfatizzato la necessità di una maggiore sensibilizzazione da parte dei cittadini. A questo proposito, Legambiente ha lanciato l’iniziativa “Glifosato free“, una campagna volta a premiare le aziende che, nonostante la proroga, hanno scelto di vietare il glifosato, una sostanza ritenuta pericolosa. Tale azione propositiva mira a dimostrare quanto il Paese reale sia a volte in anticipo rispetto alle istituzioni, evidenziando la volontà di progresso nella promozione di pratiche agricole sostenibili.

La sostenibilità come valore e come strategia

Marco Santori, consigliere di Alce Nero, ha sottolineato l’importanza delle azioni di monitoraggio, misurazione e vigilanza per l’azienda. Ha affermato che garantire i valori dell’azienda attraverso evidenze scientifiche e dati raccolti, come quelli presenti in questo report, rappresenta un’identità sempre più strategica, specialmente in un periodo storico in cui alcuni settori politici e gruppi di pressione tentano di diluire gli impegni e le strategie europee delineate nel Green Deal e nella Farm to Fork.

Santori ha evidenziato la proroga sull’uso del Glifosate come l’ultimo episodio in questa tendenza. L’azienda e i suoi fornitori affrontano la sfida della competitività nel mercato ponendo al centro la sostenibilità economica, ambientale e sociale, considerate come un insieme interconnesso anziché come concetti separati. Questa scelta, ha sottolineato, non è dettata da ideologia, ma dalla convinzione che rappresenti l’unico modo possibile per “Alimentare la vita”.

Legambiente: interventi concreti per ridurre l’uso dei fitofarmaci

Legambiente ha recentemente lanciato un appello alle istituzioni nazionali ed europee, sollecitando interventi legislativi concreti. L’associazione ha evidenziato che l’Unione Europea ha indicato chiaramente la necessità di una drastica riduzione delle sostanze chimiche di sintesi.

In linea con la strategia europea “From Farm to Fork“, Legambiente ha sottolineato l’obiettivo di ridurre del 50% l’uso di fitofarmaci entro il 2030. L’associazione ha evidenziato l’importanza che tutti i paesi, inclusa l’Italia, applichino pienamente questa strategia. Su questo fronte, Legambiente ha chiesto a livello nazionale l’implementazione di una legge specifica sul multiresiduo che, basandosi sulle attuali evidenze scientifiche, vieti la compresenza di principi attivi.