Covid, boom di contagi a causa di Eris: chi colpisce e come

Il virus continua a mutare e a spaventare mezzo mondo. L'identikit della nuova variante più diffusa: sintomi, rischi, numeri e rimedi. Che inverno ci aspetta?

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Quando sembrava, se non sconfitto, almeno molto ridimensionato, ecco che il Covid è tornato a spaventare l’Europa e in particolare l’Italia. Nelle ultime tre settimane si è infatti assistito a un nuovo boom di contagi, a pochi mesi dal ritorno della stagione invernale.

Gran parte della “colpa” di questo aumento di nuovi casi è della nuova variante del virus, detta EG.5 Eris, che si è rivelata la più diffusa anche negli Stati Uniti e nella maggior parte dell’Asia. Rischi, sintomi e dati: tutto quello che c’è da sapere (intanto arriva il nuovo vaccino: ecco chi lo dovrà fare e quando).

Aumentano i nuovi casi: ecco di quanto

A certificare l’impennata dei contagi da Covid-19 è l’ultimo bollettino epidemiologico di Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità, che nell’ultima settimana segnala 21.309 i nuovi casi, in aumento di ben il 44% rispetto agli 14.866 della scorsa settimana. Gli esperti segnalano che “l’infezione si mantiene bassa seppur in aumento da tre settimane”. Sale anche l’incidenza a 31 casi ogni 100mila abitanti, rispetto ai 24 della settimana precedente.

Appaiono in aumento anche i ricoveri nei reparti ordinari degli ospedali, che raggiungono il 3% dal 2,7% della scorsa settimana, per un totale di 1.872 posti letto occupati. Cresce lievemente anche l’occupazione delle terapie intensive (0,6%, rispetto allo 0,4% della precedente rilevazione) per un totale di 49 persone ricoverate. I più colpiti risultano gli anziani con più di 90 anni (69 casi per 100mila abitanti), anche se l’incidenza è in salita anche per quanto riguarda un po’ tutte le fasce d’età. L’età mediana alla diagnosi è di 56 anni, sostanzialmente stabile rispetto alle settimane precedenti. Infine anche la percentuale di re-infezioni è in aumento e si attesta intorno al 39%.

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Dobbiamo preoccuparci? Cosa rischiamo

Nonostante i numeri in sensibile crescita, le autorità tranquillizzano la popolazione. Il direttore generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute, Francesco Vaia, afferma che la situazione “non desta allarme, ma richiede attenzione e misure di prudenza”. Ad oggi, in sostanza, non si evidenziano rischi addizionali per la salute pubblica rispetto alle varianti del virus già in circolazione.

Intanto il Governo si attrezza per evitare possibili focolai. Da un lato promuovendo misure di protezione e prevenzione per la tutela e sicurezza sia dei pazienti sia degli operatori, dall’altro predisponendo una campagna di vaccinazione annuale che punti a proteggere coloro che in passato sono stati più colpiti: anziani, fragili e immunocompromessi (la pandemia non è finita: le nuove regole).

La nuova variante Eris: quanto è pericolosa?

Negli ultimi 21 giorni, Eris si è imposta come la variante del Covid prevalente in Italia: 41,9% dei casi (249 su 773). Nonostante la notevole diffusione, la sua aggressività nei confronti dell’organismo non sembra destare preoccupazione. Come riferisce l’Iss, la mutazione EG.5 è caratterizzata da “un elevato tasso di crescita, il quale, insieme ad una diminuita capacità di neutralizzazione da parte di anticorpi verso altre varianti, giustificherebbe la sua prevalenza in diversi Paesi”.

Basta un rapido confronto con la parabola di una delle varianti più temute e aggressive del recente passato: la famigerata e indimenticata Omicron. Nel Natale 2021, il numero di contagiati si moltiplicava quotidianamente e a un ritmo nettamente superiore. Oggi la prevalenza, cioè la quantità di persone che nello stesso istante denuncia la malattia, è sull’ordine delle 100-120mila persone in tutto il nostro Paese. In altre parole, gli anticorpi e la risposta immunitaria hanno reso il Covid e tutte le sue varianti un fenomeno epidemiologico endemico, livellandone la pericolosità per l’uomo.

Il Ministero insiste infatti sulla necessità di “avvicinarci all’autunno con razionalità”. “Dobbiamo evitare inutili allarmismi e monitorare l’incidenza”, evidenzia il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato. “Così non generiamo paure e abbiamo un approccio corretto nei confronti di una pandemia che l’Oms ci dice esser stata superata”.

Quali sono i sintomi

E veniamo al capitolo sintomi, che non sembrano differire quasi per nulla da quelli sperimentati con le innumerevoli varianti del Covid che abbiamo già conosciuto. Sono stati segnalati infatti i classici disturbi delle vie respiratorie superiori come mal di gola, tosse secca, congestione e naso che cola, oltre a mal di testa, voce rauca e dolori muscolari e articolari.

Nel complesso, il virus colpisce ancora principalmente il sistema respiratorio ma, poiché è mutato nel corso dell’intera pandemia, alcuni sintomi sono diventati più comuni e diffusi rispetto ad altri. Nel 2020, all’inizio dell’incubo, la perdita del gusto e dell’olfatto era un sintomo registrato praticamente ovunque. Ora, a distanza di tre anni di anticorpi e vaccini, è invece poco diffuso tra la popolazione. Allo stesso modo anche i problemi gastrointestinali, come nausea, vomito e diarrea, colpiscono sempre meno persone.

La situazione nel resto del mondo

L’Organizzazione mondiale della sanità ha tuttavia sottolineato “trend preoccupanti di Covid-19 in vista della stagione invernale nell’emisfero settentrionale”. Le morti legate alla malattia stanno infatti aumentando in alcune parti del Medio Oriente e in Asia. Con dati per giunta, come in passato, limitati e inevitabilmente al ribasso. Secondo il direttore dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, soltanto 43 Paesi riportano le vittime e solo 20 comunicano informazioni sulle ospedalizzazioni.

Dall’inizio di luglio gli indicatori mostrano che i contagi di Covid si sono quadruplicati e i ricoveri sono raddoppiati. Da Ferragosto sono inoltre saliti anche i tamponi notificati e, soprattutto, la percentuale di test positivi è cresciuta costantemente fino a toccare quasi il 10%. Stando a un report redatto dall’epidemiologo Cesare Cislaghi sull’andamento del virus in Italia negli ultimi 2 mesi, la situazione italiana è simile a quella riscontrata anche in altre nazioni.

“Molti danno la colpa di tutto ciò alle nuove varianti più diffusive. Può essere, ma è troppo facile dar la colpa al virus che muta quando invece si è deciso di eliminare qualsiasi precauzione per isolare i contagi”. Secondo l’esperto, “non è il caso di suscitare gravi allarmismi, però ci sembrerebbe giusto ormai avvisare la popolazione che sarebbe opportuno che tornasse ad avere un po’ di precauzioni per difendersi dal contagio”.

Le altre varianti del Covid

Per quanto riguarda le altre varianti del Covid, l’Iss ha osservato una stabile prevalenza nel nostro Paese della cosiddetta variante Arturo (la XBB.1.16) al 16,5%, mentre i valori della Kraken (la XBB.1.5) risultano in diminuzione (13,4% contro il 21,2% della precedente indagine di luglio 2023 ). Stessa sorte per la variante Acrux (XBB.2.3), vista al 7,8% contro il 12,2% della precedente rilevazione.

Parlando infine dell’altra variante che si sta diffondendo sempre più nel mondo, la BA.2.86, più comunemente nota come Pirola, si parla di una diffusione in piccoli numeri in 11 Paesi. L’Oms sta tuttavia monitorando attentamente questa mutazione per valutarne la trasmissibilità e il potenziale impatto.