Dopo l’incubo del Covid (del quale aumentano i casi e cambiano le linee guida Oms), la Cina è rimasta impressa nell’immaginario di moltissime persone come il Paese “untore”. Ora è un nuovo allarme sulle malattie respiratorie a rievocare quell’incubo: nel Paese asiatico sono stati segnalati numerosi cluster di bambini affetti da polmonite.
Sul caso è subito intervenuta l’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità), raccomandando a Pechino “di seguire le misure per ridurre il rischio di epidemie“. Intanto però crescono i timori di una nuova diffusione transnazionale della patologia. Cosa rischiamo?
Boom di polmoniti tra i bambini in Cina: cosa succede
Già da metà novembre la Commissione cinese per la Salute aveva segnalato un deciso aumento dell’incidenza delle malattie respiratorie nel Paese. La situazione è poi precipitata, spingendo le autorità a inizio settimana a riportare la presenza di cluster di polmonite non diagnosticata nei bambini residenti nel nord della Cina. “Non è chiaro se questi siano associati all’aumento generale delle infezioni respiratorie precedentemente segnalato dalle autorità cinesi o se si tratti di eventi separati”, spiega l’Oms, che intanto ha chiesto “ulteriori informazioni epidemiologiche e cliniche, oltre ai risultati di laboratorio dei focolai segnalati tra i bambini, attraverso il meccanismo del Regolamento sanitario internazionale”.
L’Organizzazione intende poi fare luce sulle recenti tendenze nella circolazione di agenti patogeni noti tra cui influenza, SARS-CoV-2, RSV e micoplasma pneumoniae, e sull’attuale pressione sui sistemi sanitari. I media cinesi hanno riportato un aumento costante delle infezioni derivanti proprio da micoplasma, tra i bambini delle scuole materne ed elementari. Mentre il germe tende a causare solo lievi raffreddori nei ragazzi più grandi e negli adulti con un sistema immunitario più resistente, i bambini più piccoli tendono a sviluppare la polmonite con sintomi anche pesanti che durano per settimane.
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Cosa rischiamo in Italia
Allo stato attuale di conoscenza della malattia e della sua diffusione, non si è in grado di stabilire nulla. Tantomeno un fantomatico rischio di contagio oltre i confini cinesi. A segnalarlo è anche il virologo Roberto Burioni, secondo il quale sulla polmonite nei bambini in Cina “non si sa nulla”, perciò “vanno ignorati gli esperti”. Lo scienziato invita dunque alla cautela.
“Ho fatto l’errore di fidarmi – titubante – dei cinesi a inizio 2020, non lo ripeterò questa volta”, sottolinea Buroni. E pubblicando sui social un documento in cui si parla di piccoli pazienti in ospedale a Pechino che non tossiscono, hanno febbre alta e sviluppano noduli polmonari, specifica: “Le comuni infezioni virali dell’infanzia non causano polmoniti o noduli polmonari”.
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Cosa fare per evitare un’altra epidemia
L’Oms ha raccomandato alla Cina di seguire immediatamente una serie di misure per contenere la patologie: la vaccinazione, il distanziamento, oltre alle mascherine ove necessarie e “la pratica di lavarsi frequentemente le mani”. I sintomi sono quasi sempre gli stessi: febbre, mal di gola, tosse, raffreddore. Coi reparti pediatrici cinesi intasati, bisogna isolare e curare i malati senza ripetere gli errori del 2019. Gli ospedali più occupati sono quello pediatrico di Pechino e quelli della provincia di Liaoning.
Alcuni esperti ipotizzano che l’epidemia attuale di Mycoplasma pneumoniae possa essere conseguenza della revoca delle restrizioni post pandemia in Cina. Una situazione similare si è verificata anche in Europa e Stati Uniti nell’inverno 2022-2023, con un’epidemia di casi di virus respiratorio sinciziale sempre nei bambini.