Insonnia, quanto pesa lo stress e come misurarla mentre si dorme (per combatterla)

Misurare quanto avviene nel sonno può individuare chi è maggiormente stressato e quindi, in prospettiva, studiare trattamenti mirati per contrastare la tensione emotiva e migliorare anche il riposo notturno

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Aprile dolce dormire? Non per tutti. Pesante che stando ai dati dell’Associazione Italiana per la Medicina del Sonno quasi un adulto su quattro soffre di insonnia cronica o transitoria.
Per definire il primo caso, teniamo presente che l’insonnia è definita come un’insoddisfazione continua di almeno 3 mesi (per almeno 3 notti a settimana) nella qualità o nella quantità di sonno senza la presenza di fattori noti che lo ostacolino. E si stima che fino a una persona su dieci faccia i conti con disturbi del sonno che si mantengono nel tempo, magari con modalità diverse.

L’impatto economico dell’insonnia

L’impatto economico dell’insonnia è molto significativo in quanto è una delle principali cause di assenteismo e di riduzione della produttività sul lavoro. Una cattiva gestione dell’insonnia è associata a un aumento del rischio di incidenti stradali, cadute e infortuni sul posto di lavoro. In Europa, l’onere totale annuo dell’insonnia è pari a circa 50 miliardi di euro. Questo dato si riferisce però ai soli costi diretti, come i costi per i farmaci e il trattamento psicoterapeutico. Vanno considerati anche i costi indiretti dovuti ad assenteismo, riduzione della produttività sul lavoro e all’aumento degli infortuni e del rischio di incidenti stradali.

Come lo stress modifica il benessere del sonno

C’è chi non riesce ad addormentarsi, chi ha problemi a mantenere il sonno, chi si risveglia prestissimo e chi invece vede questi elementi variamente combinati tra loro. Quello che accade nel mondo, unito magari alle tensioni per la situazione economica e per una visione non proprio ottimistica del futuro, può creare una condizione di stress che in qualche modo rende più difficile riposare bene. E quindi ci “rovina” le giornate, con sensazione di affaticamento, ridotta energia, alterazione dell’umore. Lo stress, insomma, diventa un nemico da contrastare.

Ma quanto può impattare sul nostro benessere? Una risposta viene da un’originale ricerca coordinata da Laura Bloomfield e altri esperti dell’Università del Vermont, apparsa su PLOS Digital Health e condotta con strumenti in grado di rilevare lo stress durante il riposo. Lo studio dimostra come esista un rapporto stretto tra la nostra percezione di stress e riposo.

Cosa succede quando dormiamo “stressati”

La ricerca ha preso in esame diverse centinaia di studenti, nell’ambito dello studio LEMURS (Lived Experience Measured Using Rings Study), che ha previsto l’impiego di un biosensore per la misurazione dello stress oltre a questionari mirati. Con questo sistema si è misurato quando lo stress possa influire sul riposo. Gli esperti hanno preso in esame tutte le informazioni raccolte ed hanno visto precise associazioni tra la percezione di stress riferita dai soggetti e il sonno. In particolare si è visto che  lo stress stesso si associa a variazioni non positive con il tempo di sonno totale, la frequenza cardiaca a riposo, la variabilità dei battiti e la frequenza degli atti del respiro. Non solo: si è visto anche che per ogni ora di sonno aggiuntiva registrata, le probabilità che qualcuno riferisse uno stress da moderato a elevato sono diminuite di circa il 38%.

La frequenza cardiaca notturna a riposo ha offerto ulteriori indizi. Per ogni battito aggiuntivo al minuto, le probabilità di sperimentare stress aumentavano del 3,6%. Insomma: misurando quanto avviene nel sonno si può sperare di individuare chi è maggiormente stressato e quindi, in prospettiva, studiare trattamenti mirati per contrastare la tensione emotiva e migliorare anche il riposo notturno.
Sempre su questa popolazione di giovani, peraltro, si è visto che in particolare nella popolazione femminile chi aveva maggiori difficoltà emotive nella vita di ogni giorno in seguito alla tendenza a comportamenti ansiosi o depressivi presentava una frequenza cardiaca che diminuiva più tardi durante la notte. Con il riposo notturno, normalmente, il cuore tende a battere ad una velocità inferiore, per poi riprendere ad aumentare la frequenza verso il risveglio.

Quanto pesa dormire poco e/o male

Non pensate che l’insonnia limiti i suoi effetti alla notte. Il quadro può infatti agire anche di giorno.
Le prime conseguenze di un sonno disturbato riguardano gli aspetti cognitivi, ad esempio la capacità di concentrazione e di attenzione, che possono subire un impatto negativo collegato al fatto di dormire male e poco. Ovviamente spesso si ha la sensazione di non riuscire a svolgere l’attività lavorativa o di non concentrarsi completamente nelle attività della vita quotidiana.
Se non si dorme bene, anche per una sola notte, si possono avere anche conseguenze che riguardano la sfera emotiva. Infatti, il sonno ha un ruolo importante nella regolazione delle emozioni. In particolare, l’insonnia cronica è associata ad uno spettro di emozioni spesso negative che vanno dal nervosismo alla tensione, alla maggiore reattività emotiva, impulsività e reattività, anche nelle decisioni che prendiamo, proprio per la mancanza di un appropriato controllo emotivo.
Inoltre, le conseguenze dell’insonnia riguardano la sfera somatica con sintomi quali la stanchezza, la fatica e a volte la sonnolenza.

Quindi sicuramente le conseguenze sulla vita quotidiana dell’insonnia sono sugli aspetti cognitivi, emotivi e fisici e questo spesso impatta a lungo andare sul funzionamento generale, per esempio sulle relazioni, sulla l’organizzazione della vita, sulle relazioni sociali. La vita degli insonni risulta a un certo punto compromessa, tanto che spesso sono costretti a rinunciare a diversi aspetti della vita quotidiana come le relazioni interpersonali.

Si può sapere se si soffre di insonnia o semplicemente abbiamo bisogno di riposo?

A differenza di una semplice mancanza di sonno, l’insonne vorrebbe dormire e soffre perché non ci riesce. Vive una condizione di sofferenza soggettiva, si mette letto e sente la necessità, la voglia, il bisogno di dormire, ma senza riuscirci perché il corpo è stanco e ha bisogno di recuperare mentre il cervello è attivo, per cui la persona non riesce ad abbandonarsi al sonno.
Tutto questo può creare problemi: se si sta nel letto da svegli si pensa, con i pensieri che turbinano nella mente ed hanno a che fare con la giornata passata, con la giornata futura, con tante preoccupazioni e poi pensa che non riesce ad addormentarsi. La sofferenza notturna e i sintomi diurni sono l’elemento fondamentale che differenzia l’insonnia da una semplice mancanza di sonno. La nostra società è organizzata con un sonno monofasico e soprattutto sulle attività della veglia. Rispetto ai nostri antenati, dormiamo una un’ora e mezzo, due in meno.

Stress, ma non solo, chi rischia di più l’insonnia

La tensione emotiva pesa molto sul riposo. Anche perché tra le cause dell’insonnia c’è l’iperattivazione del sistema di segnalazione della veglia nel cervello, nota anche come “reazione di attacco o fuga” che interferisce con il naturale “spegnimento” necessario per dormire.

Quando una persona si accinge a dormire si determina una vera e propria “gara” tra i centri della veglia, che tendono a mantenerla sveglia, e i centri del sonno, che stimolano l’addormentamento. L’insonnia quindi si instaura quando la persona non riesce a “spegnere” i centri della veglia e ad abbandonarsi a quelli del sonno.
In particolare, nei pazienti affetti da insonnia è stata osservata una ridotta disattivazione delle regioni cerebrali coinvolte nel controllo esecutivo, nell’attenzione e nella consapevolezza di sé.

Lo stress lavorativo o economico, oltre che legato alle complesse dinamiche geopolitiche, può quindi rappresentare un fattore che impedisce di “spegnere” i centri della veglia e farci riposare. Ma contano anche altri elementi che vanno ricordati, dall’impiego di farmaci come ad esempio i derivati del cortisone fino a passaggi delicati dell’esistenza, come lutti o separazione, per arrivare fino all’assunzione eccessiva di stimolanti come alcol, caffeina o nicotina e a modalità di lavoro che possono facilitare il jet lag.