Ogni anno l’”Osservatorio nazionale alcol” dell’Istituto Superiore di Sanità redige un report per monitorare il consumo di alcol in Italia, con l’obiettivo di supportare politiche efficaci di prevenzione contro l’uso e l’abuso. Questo tipo di studio si è reso necessario perché, a oggi, il consumo di alcol rappresenta una delle principali cause di rischio per la salute umana, contribuendo sia alla disabilità che alla mortalità. L’alcol, infatti, ha proprietà non solo intossicanti ma anche cancerogene e una forte capacità di indurre dipendenza.
L’abuso di alcol ha inoltre effetti collaterali gravi non solo sui consumatori, ma anche indirettamente su terzi: vittime di incidenti stradali, episodi di violenza e complicazioni in gravidanza. Secondo il report, negli ultimi anni si è assistito a un progressivo disinteresse istituzionale, dovuto a interferenze di natura economica e commerciale che hanno ostacolato le politiche di tutela della salute. In Italia mancano strutture adeguate per il trattamento dell’alcol-dipendenza, finanziamenti per interventi efficaci e misure di prevenzione mirate. Il rapporto 2025 è particolarmente significativo: avrebbe dovuto segnare una riduzione dei consumi grazie alle strategie già adottate, ma i dati mostrano un aumento del consumo pro capite, una crescita dei comportamenti a rischio e una mortalità correlata all’alcol rimasta invariata. Lo studio rivela non solo le Regioni italiane con i consumi più alti, ma anche le dinamiche sociali e culturali che ne spiegano l’aumento.
Indice
Le Regioni italiane dove si beve di più
Secondo quanto emerge dal rapporto 2025 dell’Istituto Superiore di Sanità, il consumo di alcol divide Nord e Sud. Le Regioni del Nord e del Centro mostrano infatti percentuali più elevate di consumo, soprattutto consumo a rischio, binge drinking e uso eccedentario di alcol; al contrario, al Sud e nelle Isole i dati restano più contenuti.
Sul podio delle Regioni dove si beve di più troviamo:
- la Provincia Autonoma di Bolzano;
- la Valle d’Aosta;
- il Friuli-Venezia Giulia;
- la Toscana.
Entrando in un dato specifico, per fare un esempio, in Valle d’Aosta oltre il 33% degli uomini e il 14,5% delle donne risultano “consumatori a rischio”. Al contrario, le percentuali più basse si riscontrano in:
- Campania;
- Calabria;
- Sicilia;
- Sardegna.
A frenare il consumo eccessivo di alcol in queste Regioni sembrano essere le tradizioni culturali e sociali, ma anche religiose. In queste Regioni, infatti, la media dei comportamenti a rischio è ben al di sotto del 10%. Nelle Regioni del Centro e del Nord Italia, invece, sono gli stili di vita sociali, in particolar modo dei giovani (abbiamo raccontato cosa bevono i giovani in un altro approfondimento), ad aumentare il numero di soggetti consumatori di alcol, con punte preoccupanti in particolare per la popolazione maschile.
Perché al Centro e al Nord si beve di più?
Potrà sembrare un’ovvietà, ma al Centro e al Nord Italia si beve di più. I dati emergono in maniera piuttosto netta, soprattutto alla luce di un andamento regolare nel corso degli anni. Il problema è che il maggior consumo di alcol è accompagnato da un altro dato: i consumi a rischio.
Ragionando insieme al rapporto, si può spiegare tale fenomeno prima di tutto da un punto di vista culturale. Infatti, in molte zone del Nord, come in Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Veneto ed Emilia-Romagna, il consumo di alcol è radicato nelle abitudini sociali e familiari. L’alcol si beve non solo a tavola, ma anche per socializzare attraverso aperitivi, feste di paese e sagre.
Al contrario, nel Mezzogiorno e nelle Isole il rapporto con l’alcol è più moderato. Si potrebbe anche pensare che una minor diffusione di bar e locali notturni limiti il consumo, ma molto potrebbe essere dovuto alla percezione del rischio e alla possibilità di accedere ai servizi. Dove c’è una maggiore normalizzazione del bere fuori pasto o in eccesso, spesso manca la consapevolezza dei danni legati a questi comportamenti. È vero anche che al Nord si concentrano le strutture di prevenzione e trattamento della dipendenza da alcol (oltre che le migliori strutture sanitarie), il che racconta due verità: una maggiore attenzione da parte delle Regioni, ma anche la presenza di un fenomeno più radicato.
Al di là delle differenze regionali, quello che preoccupa è l’assenza di un’inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti. Questo ci racconta di strategie di prevenzione che non stanno incidendo sulle abitudini culturali e, anzi, che la fragilità economica e sociale della popolazione mantiene o fa aumentare il consumo di sostanze come l’alcol.
Chi beve di più: genere ed età
Un altro dato che emerge dal rapporto è chi sono i maggiori consumatori di alcol e quali sono i segmenti della popolazione più a rischio. Anche in questo caso, però, i dati si possono suddividere in aree geografiche, perché variano molto. Per esempio, Bolzano è la Regione con il più alto tasso di binge drinking tra gli uomini (24,2%), mentre la Regione dove si registra il più alto consumo a rischio tra le donne (14,5%) è la Valle d’Aosta.
Emerge quindi un altro fattore di preoccupazione, ovvero il binge drinking – cioè l’assunzione di più bevande alcoliche in un intervallo di tempo più o meno breve – particolarmente diffuso nella fascia giovanile, soprattutto maschile. La media nazionale è del 19,6% tra gli uomini e dell’8,6% tra le donne. I picchi maggiori si trovano nelle Regioni del Nord e in diverse delle città universitarie più famose. Nella fascia giovanile, in particolar modo, è il consumo fuori dai pasti, legato proprio alle dinamiche sociali accennate in precedenza, a fare da padrone.
I rischi della mancanza di prevenzione
I numeri emersi dal rapporto sul consumo di alcol non raccontano solo in quali Regioni si beve di più, ma tracciano un quadro preoccupante dei rischi sanitari e sociali legati all’alcol. Sappiamo infatti che l’alcol è responsabile di oltre 40 patologie direttamente attribuibili e di oltre 200 condizioni influenzate in parte dal consumo. Tra queste ci sono tumori, malattie cardiovascolari, ma anche incidenti, violenze e disturbi mentali.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, non a caso, sottolinea:
Nessun livello di consumo è sicuro per la salute.
Dai dati italiani, il consumo di alcol riduce la speranza di vita anche nei casi definiti “moderati”. Inoltre, il consumo contribuisce allo 0,7% della spesa sanitaria complessiva.
D’altra parte, il fronte della prevenzione è critico, perché manca una strategia organica e finanziata adeguatamente. Il rapporto è duro sul tema, perché in Italia:
- il 90% delle persone con disturbo da uso di alcol non riceve un trattamento adeguato;
- su 780.000 alcoldipendenti, solo 65.000 sono in carico ai servizi territoriali;
- ad oggi, manca un Piano Nazionale Alcol e Salute efficace, aggiornato e finanziato.
Ma il report non si limita alle critiche: propone di introdurre una tassazione minima sull’alcol, di regolamentare il marketing rivolto ai giovani e alle donne e di promuovere programmi scolastici e campagne “alcol-free”. Inoltre, è necessario aumentare gli screening precoci per rilevare le malattie legate al consumo e abuso di alcol.
Il report fa anche due conti in tasca al Servizio Sanitario Nazionale e calcola che per ogni euro speso in prevenzione, il risparmio è di circa 16 euro. Rispetto all’Agenda 2030, però, l’Italia è ancora in forte ritardo su quasi tutti i target, compreso quello della riduzione del 10% dei consumi entro il 2025.