Che differenza c’è tra “inceneritore” e “termovalorizzatore”

Inceneritore e termovalorizzatore: che differenza c'è tra questi impianti e che ruolo hanno nello smaltimento dei rifiuti

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Redazione

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Inceneritori o termovalorizzatori: questione di definizioni, ma non solo. Il tema è diventato ‘caldo’ nel dibattito politico degli ultimi giorni e ha sollevato polemiche e tensioni tra gruppi e rappresentanti di Governo.

Si discute sull’utilità di questi impianti e su un eventuale impiego nel piano di smaltimento rifiuti che il Governo sta mettendo a punto per la ‘Terra dei fuochi’. Ma a monte sembra esserci anche tanta confusione sul significato di questi termini e sulla differenza stessa tra ‘inceneritore’ e ‘termovalorizzatore’. Parole difficilmente interscambiabili, in realtà, visto che si tratta di sistemi di smaltimento abbastanza diversi.

Cos’è un inceneritore

Un inceneritore è un impianto adibito allo smaltimento dei rifiuti che funziona tramite distruzione dei materiali inerti. I rifiuti, in pratica, vengono bruciati o come suggerisce la parola stessa ‘inceneriti’. Questi impianti devono rispondere a precise normative che definiscono il tipo di rifiuti che possono essere conferiti negli inceneritore. Ad esempio, è vietato incenerire materiali che durante la combustione possono sprigionare esalazioni o scorie particolarmente tossiche per la salute umana. Inoltre, i fumi derivanti dalla combustione devono essere adeguatamente monitorati e filtrati secondo quanto stabilito dalla normativa vigente in materia.

Cos’è un termovalorizzatore

Il termovalorizzatore, invece, è un impianto dedicato allo smaltimento dei soli rifiuti solidi che utilizza un processo di incenerimento simile all’inceneritore, ma a differenza di quest’ultimo trasforma in energia elettrica il calore prodotto dalla combustione. Semplificando, il vapore creato muove delle turbine che convertono queste masse di aria calda in energia. Una differenza tutt’altro che trascurabile, dunque, visto che l’impianto di termovalorizzazione contribuisce alla produzione di energia ‘pulita’ a partire dai rifiuti.

Dove sono i termovalorizzatori in Italia

Il piano d’azione che il Governo sta studiando per contrastare il fenomeno dei roghi tossici e l’emergenza rifiuti in Campania (e non solo) punta ad aumentare il numero degli impianti di termovalorizzazione attivi nel nostro Paese. Attualmente, sono circa 40-50, un dato che varia a seconda che si includano nel computo anche gli impianti non attivi o quelli adibiti allo smaltimento di rifiuti pericolosi di derivazione chimica ed industriale.

Il numero maggiore di termovalorizzatori è al Nord, dove si contano 28 impianti. Al Centro sono presenti 9 termovalorizzatori, di cui 5 solo in Toscana. Al Sud, nel cuore dell’emergenza rifiuti, i termovalorizzatori attivi sono 8, ma solo l’impianto di Acerra (Napoli) è considerato efficiente per caratteristiche e dimensioni.

L’impatto economico che lo squilibrio tra Nord e Sud provoca sul Sistema-Paese è testimoniato da un fatto piuttosto eloquente: solo nel 2016 la regione Campania è stata costretta ad esportare 258 mila tonnellate di rifiuti urbani verso le regioni del Nord Italia. Altre 103 mila tonnellate sono state smistate all’estero per un costo medio di ben 200 euro a tonnellata.