Brexit, il fallimento secondo Nigel Farage

Guardandosi alle spalle, l'ex leader politico del Regno Unito ha analizzato gli errori commessi nella messa in atto della Brexit che, ad oggi, può essere definita un fallimento

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Impossibile parlare di Nigel Farage senza citare la Brexit. Il politico britannico è stato infatti uno dei sostenitori più accaniti dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. In fase attuativa, però, non è stato così centrale come ci si sarebbe aspettato. Di colpo, infatti, si è quasi registrato un suo passo indietro. Nel 2023, guardandosi alla situazione UK, economica e sociale, evidenzia come i vantaggi economici tanto a lungo paventati non siano giunti. Ciò vuol dire rinnegare la Brexit? Nulla affatto, ed ecco la sua critica visione dei fatti.

Il fallimento della Brexit

Intervistato dalla BBC, Nigel Farage ha ammesso candidamente come la Brexit sia stata un clamoroso fallimento. Stando a quanto si pensava di poter ottenere per l’intero Paese, i risultati sono stati inesistenti, o quasi.

Di chi è la colpa? Nessun dubbio sul progetto in sé, che sulla carta avrebbe dovuto essere rivoluzionario, al punto da condurre gli UK in una nuova fase del proprio sviluppo sociale, economico, politico e commerciale. Farage non fa passi indietro sul fronte dell’ideologia, anzi.

A fallire sono state le persone, che avrebbero dovuto realizzare il tutto in maniera ben differente: “I Conservatori ci hanno molto, molto deluso. Se c’è qualcosa che la Brexit ha dimostrato è che i nostri politici sono quasi inutili quanto i commissari di Bruxelles. Ogni aspetto dell’uscita è stato gestito male”.

Una visione della generale situazione molto conveniente, per alcuni, stando al percorso seguito da Farage. Dal 2010 al 2016 è stato leader dello UKIP, ovvero il partito indipendentista del Regno Unito, oltre che leader del Brexit Party dal 2019 al 2021. Quest’ultimo aveva ottenuto più del 30% dei voti alle elezioni europee di quattro anni fa, mentre lo UKIP era stato insistentemente impegnato nella campagna per l’uscita dall’Ue, con il famoso referendum come cavallo di battaglia.

Eppure dal 2021 Nigel Farage non ha più ruoli politici. Dopo aver contribuito a far divampare la fiamma, per alcuni ha semplicemente fatto un passo indietro dopo l’altro. Oggi conduce un programma televisivo ed è presidente onorario del partito Reform UK.

L’uscita dall’Unione europea

Il problema di fondo, sostiene Farage, è il modo con il quale i governi Conservatori hanno gestito i termini dell’uscita dall’Unione europea. Ricordiamo come ciò sia stato alla base delle dimissioni di Theresa May nel 2019.

Come se non bastasse, la politica successiva all’uscita è stata ancor peggiore. I dati sono tremendamente negativi, come dimostrano le previsioni dell’OCSE. Nei prossimi anni, infatti, il Regno Unito dovrebbe risultare come la seconda peggiore economia, tra le maggiori al mondo, in termini di crescita del prodotto interno lordo. Peggio soltanto la Russia.

Un fallimento umano, dunque, non di teoria politica. Ancora oggi, infatti, la sua visione della Brexit è positiva. Ha spiegato con convinzione come non abbia mai pensato neanche per un minuto che la permanenza nell’Unione europea avrebbe avuto un impatto migliore.

“Non abbiamo avuto i benefici economici che avremmo potuto ricevere. Ora abbiamo nuovamente il controllo, ma stiamo imponendo alla nostra economia ancora più regole di prima”.