Theresa May: perché l’ex premier britannica si è dimessa

Cosa ha spinto l'ex Primo ministro britannico Theresa May a rassegnare le proprie dimissioni. L'annuncio commosso e lo sguardo al futuro

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Era il 2019 quando Theresa May, prima ministra britannica, ha annunciato le proprie dimissioni. Non troppi mesi prima che il mondo piombasse nell’incubo della pandemia di Covid-19. Dall’annuncio all’ufficialità sono trascorse due settimane, con May rimasta in carica per gestire affari in corso e garantire stabilità al governo, fino alla scelta del suo sostituto da parte del Partito Conservatore. In tal senso sappiamo come sono andate le cose, con la scelta ricaduta su Boris Johnson, non senza polemiche.

I motivi delle dimissioni

Theresa May era diventata primo ministro del Regno Unito in una situazione decisamente complessa, date le dimissioni nel 2016 di David Cameron. Era stato lui a indire il referendum sulla Brexit, pur considerandolo un errore. Accusato d’averlo fatto soltanto per rafforzare il proprio potere politico, si è ritrovato a fronteggiare un risultato sorprendente, che ha di fatto modificato radicalmente il Paese.

Dopo il suo passo indietro, Theresa May, seconda donna a essere mai diventata primo ministro (la prima è stata Margareth Thatcher, ndr), era stata scelta perché ritenuta in grado di far approvare l’accordo sulla Brexit negoziato a fatica con l’Unione europea.

L’accordo è stato però clamorosamente bocciato, il che l’ha consegnata alla storia per essere stata il PM ad aver subito la più pesante sconfitta parlamentare nella storia contemporanea UK. L’accordo è stato bocciato per tre volte e le ragioni sono svariate. Tra le più rilevanti c’è il backstop, una sorta di rete di sicurezza a tutela degli irlandesi e dei nordirlandesi, in vigore in caso di mancato accordo tra Regno Unito e Ue. Nello specifico Belfast si sarebbe ritrovata in un regime economico differente rispetto alla Gran Bretagna, facendo temere molti per una potenziale annessione alla Repubblica d’Irlanda.

Alla base del rifiuto, però, c’è stato un sentimento d’orgoglio nazionalista, che ha dipinto Theresa May come asservita alle volontà di Bruxelles. Come se non bastasse, alcune promesse non mantenute si sono poste come ciliegina sulla torta. Una su tutte l’ottenimento della Brexit, rinviata di qualche giorno, inizialmente, e poi di mesi.

Il discorso in lacrime

Un momento storico e drammatico per il Regno Unito, del quale restano svariate immagini e dichiarazioni, ma soprattutto il discorso in lacrime di Theresa May. Sconvolta nelle espressioni, oneste, ha ringraziato per la possibilità di servire il suo Paese, consegnato in seguito all’euroscettico Boris Johnson, seguendo la linea nazionalista.

Ha poi spiegato di provare un profondo rammarico, “che durerà per tutta la vita”. Quello d’aver fallito nel suo scopo, ovvero approvare la Brexit: “Ho provato di tutto ma ho fallito”. Ecco l’estremo sunto del suo discorso dinanzi alla porta nera del civico 10 di Downing Street.

Grande orgoglio di una donna e leader che ha così visto sgretolarsi la propria carriera politica: “Non dimenticatelo mai. Compromesso non è una brutta parola. La vita è fatta di compromessi. Il Regno Unito non è solo una famiglia di quattro nazioni, ma un’unione di persone, credi, sessi e razze. Un Paese per tutti. Insieme siamo il futuro”.