Brexit, David Cameron e la scommessa del referendum

La questione Brexit è ancora oggi un pensiero fisso nella mente di David Cameron: da allora sopporta il peso di quella "scommessa" politica

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Nonostante fosse estremamente contrario a tale idea, David Cameron si è ritrovato spalle al muro a causa di una “scommessa” in merito al referendum sulla Brexit. Dopo aver promesso di garantire quest’opportunità alla popolazione, è stato obbligato di fatto ad andare fino in fondo, nella speranza d’avere la meglio, miracolosamente. Il malcontento generale, misto all’operato delle tendenze populiste, sospinte da personalità politiche come Nigel Farage, ha però avuto la meglio.

Oggi chiunque abbia sostenuto Brexit con vigore fa un passo indietro, tanto sul fronte della cittadinanza quanto su quello politico. Lo stesso Farage ha spiegato come gli effetti positivi agognati non siano mai giunti. Ciò, però, a causa dell’incapacità politica e non della teoria sull’uscita dall’Ue. Sono trascorsi alcuni anni da allora, il mondo ha fronteggiato una pandemia intanto, ma David Cameron non ha mai smesso di pensare a quella “scommessa”.

Porte aperte al populismo

L’annuncio della BBC ha segnato un’epoca negli UK: “We’re calling it. We’re out”. Poche parole pronunciate quando ormai, numeri alla mano, le chance di recuperare il distacco da parte dell’opzione “remain” erano pari a zero.

Gli inglesi, più i britannici in generale, hanno deciso di uscire dall’Unione europea. Un colpo durissimo soprattutto per le nuove generazioni, saldamente contrarie a questa prospettiva. L’immediata conseguenza si è concretizzata nell’obbligo di David Cameron di dimettersi. Il referendum doveva riuscire a ricompattare i conservatori, neutralizzando di fatto la minaccia rappresentata dal movimento populista dell’Ukip, colpevolmente sottovalutato. Il primo ministro aveva fatto male i propri conti, certo del fatto di potersi guadagnare altri quattro anni di governo.

La sua è stata invece una mossa azzardata, a dir poco, con conseguenze enormi sull’intero Paese. Un momento storico che non ha avuto un impatto unicamente sul Regno Unito, assolutamente. Ha infatti dato speranza ai movimenti populisti in varie parti d’Europa. Basti pensare a Marine Le Pen in Francia.

Il rammarico di David Cameron

Intervistato dal Times, l’ex primo ministro britannico David Cameron ha parlato della sua decisione di cedere alla tentazione della “scommessa” politica. In carica dal 2010 al 2016, quando ha annunciato le proprie dimissioni, è stato accusato da più parti d’aver unicamente voluto rischiare tutto per rafforzare la propria posizione.

Ci penso ogni singolo giorno, al referendum e alla sconfitta, così come alle conseguenze. Penso a ciò che si poteva fare diversamente. Sono preoccupatissimo per ciò che accadrà”. Intervista, occorre ricordarlo, risalente al 2019, non molto dopo la salita di Boris Johnson, dopo le dimissioni di Theresa May, incapace di far passare l’accordo con l’Ue.

Parlando proprio di Johnson, Cameron è stato molto duro. A suo dire non aveva mai evidenziato una posizione anti europeista. Non aveva mai proposto di uscire dall’Ue, ha spiegato. Ciò ha lasciato intendere come la campagna pro Brexit, fatta da lui e da Michael Gove nei mesi precedenti al referendum, fosse soltanto parte di un piano per guadagnare consenso: “Hanno picconato il governo di cui facevano parte”.