Wagner, i miliardi e l’alleanza con Putin: tutti i “segreti” di Prigozhin

Dopo la rivolta contro Putin, Prigozhin è finito ancor di più sotto i riflettori del mondo. Chi è davvero il capo del Gruppo Wagner? Come è diventato un signore della guerra?

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Su Yevgeny Prigozhin ci sarebbe da scrivere un libro, forse anche due. Da chef di Putin a signore della guerra, il fondatore e leader del Gruppo paramilitare Wagner ha accumulato un autentico tesoro di miliardi e miliardi di rubli, ponendosi a un livello idealmente e materialmente superiore a quello dei “classici” oligarchi che controllano la Russia assieme ai siloviki (di cui abbiamo parlato qui). Questo perché Prigozhin ha saputo sfruttare al meglio l’apertura al mercato e la transizione a un modello economico capitalista impressi alla Russia dalla svolta statista di Putin nei primi Anni Duemila.

Dopo aver stretto e coltivato la sua alleanza col concittadino di San Pietroburgo, Prigozhin sembra però aver voltato le spalle al presidente russo con quella che è già passata alla storia come “la marcia su Rostov”, con la quale il leader della Wagner ha condotto migliaia dei suoi mercenari a 200 chilometri dalla città russa, minacciando direttamente e senza mezzi termini il Cremlino. Quello che è parso a tutti un tentativo di colpo di Stato nasconde però motivazioni più complesse e “nascoste”, che hanno fatto raggiungere a Prigozhin un primo grande obiettivo nell’ambito della guerra d’Ucraina (noi lo avevamo “anticipato” qui). Una guerra che, al netto della feroce propaganda della Wagner, è per Prigozhin soltanto un mezzo per proseguire la sua scalata al potere. Chi è dunque davvero Yevgeny Prigozhin? Leader, ribelle o alleato di Putin? Quanto vale il suo immenso patrimonio e come ha fatto a crearlo? Perché ha organizzato la rivolta contro Mosca? Come ha reagito il presidente russo? Cosa succederà ora? Proviamo a rispondere per gradi.

Il vero motivo della rivolta della Wagner e di Prigozhin

Cominciamo dalla fine: la rivolta del Gruppo Wagner contro il Cremlino. Una mossa che, va detto, non ha sorpreso diversi analisti, tra cui il sottoscritto (della rottura tra il gruppo di mercenari e lo Stato Maggiore russo avevamo infatti già parlato). E che ha provocato un terremoto anche a livello politico nella Federazione, se è vero, come è vero, che il leader dell’opposizione comunista russa Sergej Udaltsov ha annunciato il suo sostegno a Prigozhin. Come ha fatto del resto anche il più celebre oppositore russo: Aleksej Navalny.

Dalla Russia non hanno dubbi: l’attacco addotto da Prigozhin come causa scatenante è un falso. La realtà documentata è che il ministro della Difesa, Sergej Shoigu, ha tentato di arrestare il capo della Wagner, non riuscendo però a trovarlo durante l’operazione delle forze speciali russe. Prigozhin ha reagito d’istinto, per così dire. Istinto tutto sommato coltivato nei mesi, visto che già mesi fa l’ex chef di Putin aveva annunciato di voler agire in qualche modo contro lo Stato maggiore russo in risposta a un documento del 12 dicembre 2022, in cui si paventava la chiusura delle brigate Wagner e il loro scioglimento entro il 1° luglio. Da lì Prigozhin decide di marciare su Rostov, come avevamo spiegato qui. Nuove rivelazioni interne hanno evidenziato che il fronte di circa 10mila mercenari, negli ultimi 200 chilometri prima di arrivare alla città russa, si è dileguato lasciando una forza di circa 2mila uomini, soprattutto per effetto della forte resistenza dell’esercito del Cremlino (in particolare con missili ed elicotteri). C’è poi da considerare il fatto che i familiari di Prigozhin erano già “ospiti” del Gru (direttorato dell’intelligence militare russa), che ha fatto cambiare idea al leader militare. La moglie e la figlia di Prigozhin vivono a San Pietroburgo.

Muovendo in questo modo le pedine (paramilitari) sullo scacchiere interno russo, Prigozhin ha ottenuto il suo più impellente scopo a breve termine: riuscire a incontrare Putin in una posizione di vantaggio e in un colloquio ufficiale alla presenza di ben 35 comandanti delle truppe di mercenari. Un vertice che il leader del gruppo chiedeva da mesi, tempestando e tuonando davanti agli occhi del mondo social per la mancanza di munizioni e la letale mancanza di supporto da parte del Cremlino, che stava facendo morire i mercenari Wagner a Bakhmut senza intervenire. Una propaganda che, con una sola mossa, ha confermato sul campo i sospetti di debolezza della leadership di Putin e al contempo proiettato i miliziani Wagner come i “veri eroi russi” della guerra in Ucraina, i soli patrioti che hanno a cuore la gloria della madrepatria.

Cosa ha ottenuto il Gruppo Wagner

Il primo “premio” portato a casa dalla Wagner, forse il più importante per l’opinione pubblica, è il riconoscimento come punta di diamante della fazione russa in questo conflitto. Un riconoscimento che, va detto, non ha prodotto alcuna investitura ufficiale. Anzi, Putin ha al contrario affermato che il Gruppo Wagner non esiste dal punto di vista legale, in quanto compagnia privata di soldati mercenari che il sistema legislativo russo non contempla nella catena di comando. Una situazione che non ha comunque impedito alla milizia di ricevere miliardi di rubli dal bilancio dello Stato, attraverso il consolidato sistema di aziende partecipate e controllate da uomini del Cremlino. Da qui la proposta da parte di Putin a Prigozhin di inserire la Wagner sotto il cappello del ministero della Difesa russo, prontamente rifiutata. La libertà d’azione wagnerita sta proprio nella sua facoltà di operare al di fuori del controllo statale e, di fatto, dalla legge russa (qui abbiamo spiegato come la Russia riesce ad aggirare le sanzioni occidentali).

“Una ribellione è una ribellione”, affermano i dirigenti russi. E in quest’ottica Putin ha dato l’interpretazione più inequivocabile degli eventi del 24 giugno dal punto di vista della statualità russa. Ma ha anche sottolineato che i meriti dei mercenari wagneriti non possono essere azzerati e che i combattenti della compagnia sono “eroi” per le imprese compiute a Popasna, Soledar e Bakhmut. La battaglia per quest’ultima, in particolare, ha visto un dispendio umano terribile: il Gruppo paramilitare ha impiegato 78mila uomini e registrato 22mila morti e 40mila feriti. “Le probabilità che un soldato Wagner lasciasse Bakhmut tutto intero erano di una su cinque”, affermano.

Prigozhin ha insomma ottenuto il tanto richiesto incontro con Putin, davanti agli occhi del mondo intero. La Wagner conta e conta molto, ha dimostrato. In quelle tre ore di colloquio, i comandanti della milizia hanno detto come, a loro avviso, sia necessario migliorare il lavoro di combattimento nel distretto militare settentrionale, ma soprattutto hanno ribadito le loro dure critiche sul lavoro del Ministero della Difesa. Le pressioni sul Cremlino sono chiare: o Shoigu viene silurato o il sostegno della Wagner alla guerra vacillerà ancora. Per ora sono stati organizzati campi di addestramento in Bielorussia per i mercenari, al fianco delle forze speciali del Paese, con tanto di decreti legge a firma di Lukashenko per il trasferimento e l’approvvigionamento delle truppe paramilitari. Il comandante Lotus, uno dei comandanti storici della Wagner, ha confermato che “il compito ora è la rotazione, e il ridispiegamento” (non solo in Bielorussia). Ha aggiunto tuttavia che la milizia resta una specie di “riserva della Russia”: “Siamo stati tutti lasciati andare in vacanza prima dell’inizio di agosto, visto che ci saranno molti compiti da svolgere. Personalmente non vado al mare con la mia famiglia da cinque anni. Il Consiglio dei comandanti ha deciso di concedere a tutti l’opportunità di riposare prima del grande lavoro che ci attende”.

Lo stesso Prigozhin, i cui spostamenti aerei sono stati tracciati, si è recato almeno cinque volte in Bielorussia nell’ultimo mese, mentre si era tenuto lontano dalla consueta vetrina social in seguito alla rivolta del Gruppo Wagner.

Lo strapotere economico del Gruppo Wagner

Incrociando i dati di diverse fonti interne al Gruppo Wagner, si osserva che il contributo statale a loro vantaggio è sensibilmente aumentato “soltanto” nel maggio 2022, in un momento critico per l’inaspettato successo della resistenza ucraina. A giugno 2023 i mercenari hanno ricevuto una somma vicina agli 850 miliardi di rubli (pari a quasi 8 miliardi e mezzo di euro). Di questi, circa 300 miliardi di rubli vengono utilizzati per pagare stipendi e bonus ai 50mila dipendenti (non solo militari) della compagnia di mercenari.

Lo stipendio medio di un pilota di aereo d’attacco, ad esempio, è di 240mila rubli. Vanno poi calcolate le indennità per la cattura degli insediamenti, la distruzione dell’equipaggiamento nemico e il pagamento delle ferite. Questo è uno dei motivi per cui la Wagner concede molti più permessi ai propri uomini rispetto all’esercito regolare: risparmiare. Un miliziano wagnerita combatte continuativamente massimo per 12 mesi, nella stragrande maggioranza dei casi. Il meccanismo è semplice: meno combatte, meno rischi corre e meno indennità incassa. I costi totali di risarcimento che la compagnia paga ai parenti dei soldati morti, ad esempio, raggiungono livelli pazzeschi: 100 miliardi di rubli. Circa altri 100 miliardi di rubli vengono invece spesi per armi e attrezzature. Ma sono i proiettili a gravare sul bilancio più di ogni altra voce: 350 miliardi di rubli.

Da dove arrivano tutti questi soldi? Bottini e gestione dell’economia delle aree di guerra – come avviene soprattutto in Siria e in Africa, dove la Wagner si sostituisce di fatto agli amministratori e alle autorità locali – non bastano. Evidentemente Prigozhin ha pagato più di qualcosa di tasca sua. Ma come ha fatto un proprietario di ristoranti a diventare un potentissimo signore della guerra?

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L’impero finanziario di Prigozhin

Forse è giunto il momento di ribadire una verità “scomoda”: Prigozhin è “carne della carne” del regime di Putin. Non un ribelle, non un avversario, non un competitor. Per guadagnare e operare con la carta bianca di cui dispone, ha bisogno di un Putin al potere e del sistema poco trasparente (per non dire altro) che consente agli oligarchi di agire indisturbati nel campo economico e al presidente in ambito politico. Per questo il capo della Wagner non si azzarda, per il momento, a rivestire anche un’autorità squisitamente politica, sarebbe troppo rischioso per i suoi affari. Già, ma quali affari?

Negli scorsi giorni è rimbalzata la “notizia” di una villa da 3,5 milioni di euro a Forte dei Marmi, in Versilia, intestata a un parente di Yevgeny Prigozhin. Una struttura di 400 metri quadri su due piani con annessi 16 ettari di giardino, di nome “Villa Arina”. Una piccola magione, se si considera che Prigozhin gestisce decine di proprietà immobiliari sparse in mezza Russia. Secondo la Fondazione anticorruzione (Fbk), fondata nel 2011 da Navalny, il patrimonio di Prigozhin è stimabile in oltre 20 miliardi di rubli (quasi 2 miliardi di euro). Senza contare la parte “sommersa”, che si ritiene ben superiore.

Il fondatore della Wagner utilizza ampiamente il “sistema dei prestanome” per l’intestazione delle sue proprietà. Nel caso della villa in Toscana, ad esempio, si è scoperto che il figlio dell’ex cuoco di Putin, Pavel, è sposato con Ekaterina Inkina, figlia del ristoratore di San Pietroburgo Sergej Inkina. Attivo nello stesso business di Prigozhin prima che quest’ultimo si dedicasse alla guerra, sarebbe proprio Sergej Inkina ad aver acquistato nel 2017 la casa in Versilia.

Gli affari d’oro di Prigozhin con Putin

Dando una rapida occhiata ai leaks pubblicati in russo dalla Fondazione Fbk di Navalny, si può osservare come tutte le entrate “ufficiali” dichiarate da Prigozhin risultino frutto di appalti pubblici. A cominciare dalle mense scolastiche. Da oltre 10 anni le aziende dell’ex chef di Putin forniscono infatti cibo alle scuole e agli asili di Mosca. Il 95 % degli scolari della città è stato in pratica nutrito da Prigozhin. Nel 2021 l’importo totale dei contratti ammontava a 185 miliardi di rubli. Nel 2022 le aziende di Prigozhin hanno guadagnato altri 91,5 miliardi coi soli pasti scolastici.

Prigozhin rifornisce di cibo anche gli ospedali di Mosca e suburbani. Secondo Novaya Gazeta, questi contratti valgono oltre 30 miliardi di rubli. Le forniture alimentari si estendono anche al ministero russo che si occupa delle situazioni di emergenza, per un totale di 3,3 miliardi di rubli. E naturalmente c’è anche l’approvvigionamento dell’esercito. Fino al 2018, la vendita di derrate alimentari allo Stato maggiore russo ha fruttato a Prigozhin la bellezza di 200 miliardi di rubli. Quanto ha guadagnato in seguito è invece un “grande segreto”, poiché gli acquisti statali destinati all’esercito sono diventati top secret. Una somma con ogni probabilità superiore ai 200 miliardi, visto lo scoppio della guerra.

Prigozhin non è solo un grande imprenditore della ristorazione, ma anche un importante costruttore edile. Ha firmato e firma contratti per la costruzione di campi e unità militari. Ad esempio, nella regione di Rostov, ha costruito il campo militare di Kuzminsky, capace di ospitare oltre mille persone. Nel 2016, ha invece realizzato un campo militare per il Ministero della Difesa russo nella città di Valuyki, nella regione di Belgorod, al confine con l’Ucraina. Gli affari edilizi del fondatore della Wagner si spingono anche ad ambiti più “pacifici”, ma non per questo meno redditizi: per 22 miliardi di rubli è stato ad esempio incaricato di restaurare il Museo del Cremlino, proprio sulla Piazza Rossa. Per 36 miliardi, Prigozhin costruirà inoltre un quartiere giudiziario a San Pietroburgo, la sua città. Il tutto grazie al volere di Putin, indispensabile per pilotare gli appalti.

Guerra e affari sporchi

Il mestiere principale di Prigozhin resta tuttavia la guerra. Al di là del bilancio del Gruppo Wagner, il leader colleziona e divide cospicui bottini coi suoi comandanti paramilitari. Secondo il Financial Times, le aziende di Prigozhin hanno già guadagnato almeno 22 miliardi di rubli dall’estrazione di idrocarburi e oro in Siria e in Sudan. Il tutto attraverso mezzi fuorilegge. Durante una perquisizione della polizia nel suo ufficio a San Pietroburgo, sono state trovate non solo scatole di denaro e passaporti falsi, ma anche ben 600 sigilli ufficiali di varie compagnie, che di fatto appartengono a Prigozhin. Seicento persone giuridiche, seicento società diverse formalmente non collegate in alcun modo. Un impero sommerso e immenso.

Vediamo come funziona con esempi specifici. Prendiamo il cado di un’azienda di San Pietroburgo con il nome originale “Tecnologia”. L’azienda è impegnata nella fornitura di cibo alle unità militari russe nei territori occupati dell’Ucraina. Solo nell’ultimo anno e mezzo, la società ha ricevuto 847 milioni di rubli da Voentorg per la ristorazione a carico del Ministero della Difesa. Il proprietario di questa società è un certo Arsen Ali-Muratovich Bedraev, anch’egli di San Pietroburgo. E guarda caso, prima di diventare un grande uomo d’affari, Bedraev ha lavorato come guardia di sicurezza proprio nella compagnia di Prigozhin, con uno stipendio “modesto” di 60mila rubli al mese.

Che questo rappresenti un sistema consolidato nella Russia di Putin, una sorta di “modello Prigozhin”, lo dimostra anche il caso del nipote del leader ceceno Ramzan Kadyrov, altro grande signore della guerra, nominato direttore di Danone Russia. Si tratta di 200 miliardi di rubli di reddito all’anno, per la gestione di 18 stabilimenti. Parliamo del più grande produttore di prodotti lattiero-caseari in Russia. Questo è il proprietario dei marchi più famosi nel Paese, come Prostokvashino. In questa campagna, Putin ha appena introdotto una gestione esterna in modo che possa funzionare nonostante le sanzioni. E così il nipote di Kadyrov ne è diventato il numero uno. I proventi verranno utilizzati per addestrare e armare meglio i combattenti ceceni nella guerra d’Ucraina? La risposta la diano i lettori.