Russia, il ruolo della Wagner: con o contro Putin?

Le tensioni tra Cremlino e il gruppo paramilitare crescono, con sullo sfondo una lotta intestina per il potere. Viaggio nella Russia dei mercenari e di Putin

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

“Se non ci aiuta, perde la guerra”. Dopo le lamentele per la mancanza di munizioni e rifornimenti al fronte ucraino, il Gruppo Wagner sembra lanciare un ultimatum non troppo velato a Vladimir Putin. In generale le ultime settimane, caratterizzate dal terribile assedio di Bakhmut (una città senza alcuna valenza strategica, ma simbolica), la compagnia di mercenari ha esacerbato i toni nei confronti dello Stato maggiore e del presidente della Federazione Russa. Il gruppo è peraltro accusato dal governo italiano di avere un ruolo negli sbarchi dei migranti sulle coste italiane.

Yevgeny Prigozhin, capo della Wagner (di cui abbiamo parlato anche qui), da “chef di Putin” potrebbe trasformarsi invece in “nemico”. Ormai non è un segreto che i corridoi bui del Cremlino sono agitati da una lotta di potere intestina, che ha nell’invasione dell’Ucraina una sorta di ultima spiaggia per il presidente russo e la sopravvivenza del suo progetto politico. Il partito della guerra che soffia sul collo di Putin, i siloviki (di cui abbiamo parlato qui), gli oligarchi, gli uomini forti dell’operazione militare speciale: gli attori sono tanti e temibili. Come finirà?

La lotta per il potere in Russia

Il sostanziale fallimento, o perlomeno i mancati progressi, della guerra ibrida russa è un’occasione ghiotta per chi vuole sostituirsi a Putin. Non solo le operazioni sul terreno, ma anche la comunicazione del presidente sembra fare molta più fatica rispetto a un anno fa. Roba da uomini potenti come Prigozhin, che ha surriscaldato l’ambiente parlando apertamente di “tradimento” da parte del Cremlino. Ma anche roba per Ramzan Kadyrov, il leader ceceno a capo di “super soldati” che Putin affianca alle reclute in territorio ucraino, e per il generale Valerij Gerasimov, uno dei falchi più influenti del Cremlino (e che consigliò a Putin di invadere l’Ucraina).

Dopo vent’anni (più o meno tutti) sulla cresta dell’onda, la presa di Vladimir Putin sulla Russia si sta allentando a due livelli: “individuale” e “di entourage”. Il presidente russo è in apprensione per le elezioni politiche del 2023 e le presidenziali del 2024, mentre tutto il suo ufficio di gabinetto appare indebolito da una guerra che ha fallito l’effetto “lampo” e che non riesce a progredire nonostante la “grandezza” della Russia rispetto al piccolo vicino. L’entourage che per lungo tempo ha sostenuto il capo del Cremlino ora inizia a mostrarsi più diviso e incerto sul futuro. Da una parte restano fedeli (ma non fedelissimi come una volta) oligarchi di Stato come Miller, Sečin, Gref, Čemezov, dall’altro si contrappongono businessmen privati divenuti ancora più influenti con la guerra: Deripaska, Friedman, Abramovič.

Come ha notato Orietta Moscatelli, i notabili di Mosca si dividono in due frange: i pragmatici, come il primo ministro Michail Mišustin, e gli appartenenti al già menzionato “partito della guerra”, come per l’appunto Prigozhin e Kadyrov. La guerra d’Ucraina può ingrossare le crepe interne al sistema di potere della Russia e generare malumore crescente nella popolazione. La maggioranza dei cittadini russi continua a sostenere Putin, ma non comprende i perché di un conflitto sanguinoso contro una nazione considerata sorella e per questo comincia a invocarne convintamente la fine. Intanto però la guerra prosegue quasi “per inerzia”, perché il sistema risulta bloccato tra la spinta per un rinnovamento (sempre oscuro e doloroso in Russia, dal 1917) e la tendenza a mantenere uno status quo consolidato in un ventennio di putinismo (dai detenuti al reclutamento via meme: ecco la guerra “sporca” di Putin).

Un uomo solo al comando: golpe in arrivo?

In questo senso si sprecano gli scenari di un colpo di Stato che sostituisca il vertice della Federazione. E questo per via del culto del personalismo che si è imposto in Russia da almeno un decennio. Dal 2012, infatti, il sistema politico russo è sempre più marcatamente individualistico, poiché ha gradualmente eliminato ogni dissenso e depotenziato i contrappesi al leader unico: dagli oligarchi ai responsabili regionali, fino agli apparati amministrativi.

Secondo alcuni analisti, come il sociologo Lev Gudkov, l’autoritarismo è addirittura sfociato in una deriva totalitaria, in cui il potere centrale orienta pressoché tutti gli aspetti della vita pubblica. L’opinione pubblica russa tace l’eventuale dissenso, rendendosi oggetto passivo di una retorica che, come ha mostrato questa guerra, riprende la “lotta contro il nemico” tipica di Stalin e degli Anni Trenta. Per non parlare delle misure di repressione contro ogni possibile forma di opposizione, mentre vengono recuperate istituzioni corporative di natura totalizzante come le organizzazioni per l’infanzia e la gioventù sul modello sovietico dei Pionieri, il Komsomol e oggi la Junarmija.

L’unico modo per sconfiggere “questa” Russia è dunque un golpe? Si tratta di una possibilità concreta? Senza rischiare di prendere un volo pindarico, restiamo sull’opportunità che sia Yevgeny Prigozhin a sostituire Putin. Un’opzione difficilmente percorribile, anche con il supporto dei combattenti Wagner, infinitamente inferiori alle truppe regolari russe. Del doman, però, non v’è certezza, come ci ricorda la Canzona di Bacco.

Intanto ciò che è certo è che Prigozhin non ha risparmiato critiche ai vertici politici e militari, forti del sostegno spesso decisivo che i “suoi” mercenari” hanno fornito all’esercito regolare. Da figura abituata a operare nell’ombra, Prigozhin ha assunto sempre i tratti di un personaggio pubblico e influente anche a livello politico, dopo aver ammesso di essere il capo della Wagner. Ponendosi alla testa dei tanti nazionalisti delusi dall’andamento del conflitto. E lanciando la sua candidatura come presidente dell’Ucraina nel 2024.

Cremlino e Wagner: questione di propaganda

Sui canali Telegram filorussi vicini al Gruppo Wagner, si leggono post con video di mercenari impegnati in guerra di questo tenore (traduzione il più letterale possibile): “Raderò al suolo tutti e tutto senza sconti, sto volando a fottermi i nazisti. Un saluto ai nazionalisti che cercano di sfondare, ma che alla fine si ritirano eroicamente“. Nazisti e nazionalisti sono i termini più utilizzati per indicare gli ucraini che combattono. Le emoticon più utilizzate sono invece quelle della faccina con gli occhiali da sole e quella che fa il saluto militare.

Nonostante l’ISW (Institute for Study of War) certifichi che le forze russe non sono (ancora) riuscite a occupare Bakhmut nella sua interezza, il Gruppo Wagner sostiene di aver preso il controllo dei punti nevralgici della città e di essere “a un chilometro da Kiev”. Una provocazione che è ricorrente nella propaganda della compagnia militare privata, volta a esaltare la grandezza del gruppo che, nonostante sia stato “tagliato fuori” dai rifornimenti a causa della burocrazia russa, riesce comunque a ottenere risultati sul campo. Una mossa provocatoria e propagandistica che fornisce un indizio preciso secondo Anton Gerashchenko, consigliere del ministro degli Affari interni ucraino: “distogliere l’attenzione dalle sue ambizioni politiche in Russia, dove sogna di salire al potere e possibilmente essere il successore di Putin”.

Nel frattempo i miliziani della Wagner hanno ricevuto medaglie e riconoscimenti dalla Repubblica di Donetsk. E non ne fanno certo mistero, agitando il luccichio proprio negli occhi di Putin. E alimentano la loro macchina propagandistica con la benzina retorica dei “liberatori”. Come nel caso del ritrovamento di un disegno di un bambino di Donetsk, indifeso Balilla per la Federazione, sbandierato sui social del Gruppo. “Ti stiamo aspettando, Russia e Donbass. I combattenti hanno liberato le posizioni dell’ukrov in direzione di Donetsk. Abbiamo trovato questo disegno di un bambino in casa” (Putin pronto a usare i super missili: cosa accadrà).

Putin a caccia di capri espiatori

Putin sta vivendo dunque la sua personale Stalingrado e non può permettersi ulteriori passi indietro. Per questo è alla ricerca di capri espiatori per i fallimenti bellici della Russia, come riferisce l’Istituto per lo studio della guerra. Secondo gli analisti del centro studi statunitense, il presidente russo sta usando le pesanti perdite del Gruppo Wagner, oltre alle notizie sul basso morale delle truppe e sui crimini di guerra, per distrarre la popolazione da problemi decisamente maggiori nell’esercito.

“La maggior parte della copertura russa delle battaglie per Bakhmut si concentra sulle pesanti perdite dei wagneriani, il che consente al ministero della Difesa russo di nascondere o minimizzare altre perdite delle forze russe”, afferma il rapporto. Il Ministero della Difesa sembra tuttavia favorire ancora Putin, nonostante le schiaccianti sconfitte subite all’inizio di febbraio e nessun progresso importante registrato a un anno dall’invasione.

In conclusione: mentre Prigozhin ha visto la battaglia per Bakhmut come un’opportunità per ottenere influenza sul Cremlino e sul Ministero della Difesa russo per raggiungere i propri obiettivi commerciali e politici, Putin ha utilizzato il Gruppo Wagner per proteggere il suo regime dalle disastrose conseguenze della mobilitazione, che rallenta notevolmente le operazioni militari contro l’Ucraina.

La doppia guerra della Wagner

Oltre alla “guerra” per (ora contro) il Cremlino, c’è il campo di battaglia. Lì i mercenari della Wagner si fanno chiamare “i musicisti”, con chiaro riferimento al compositore tedesco al quale hanno rubato il nome e con macabro rimando alla loro abitudine di farsi ritrarre con la fisarmonica in mano davanti a rovine di città. O peggio.

Secondo l’intelligence britannica, “circa la metà dei detenuti che il gruppo paramilitare ha schierato in Ucraina sono morti o feriti e le nuove iniziative di reclutamento difficilmente riusciranno a compensare le perdite registrate in battaglia”. Nelle ultime settimane Prigozhin ha perso l’accesso al reclutamento nelle carceri russe a causa dei suoi continui scontri con la leadership del ministero della Difesa. Se il divieto dovesse persistere, lo “chef di Putin” sarà probabilmente costretto a ridurre la portata o l’intensità delle operazioni della Wagner in Ucraina. “L’oligarca probabilmente sta orientando i suoi sforzi di reclutamento verso cittadini russi liberi“, sostengono gli 007 di Londra.

Nell’ultimo report britannico, si legge che dall’inizio del mese di marzo i reclutatori della Wagner hanno tenuto conferenze sulla carriera anche nelle scuole superiori di Mosca, distribuendo questionari intitolati “domanda di un giovane guerriero” per raccogliere i dati di contatto degli studenti interessati.

Bakhmut: un’occasione per indebolire Prigozhin

Sempre l’Institute for Study of War ritiene che il Cremlino stia “attualmente dando priorità all’eliminazione di miliziani Wagner sui campi di battaglia di Bakhmut”, dopo che Prigozhin ha condotto una campagna di diffamazione “implacabile” contro alti esponenti delle forze armate russe, tra cui il ministro della Difesa, Sergej Shoigu, e il capo dello Stato Maggiore russo, Gerasimov. Intanto il gruppo paramilitare non sta mostrando progressi significativi, a dispetto della fama di “signori della guerra” di cui godono e del terrore che incutono al solo nominarli. Non è un caso che gran parte dei migranti che fuggono nel territorio dell’Unione europea provengano da zone controllate dalla Wagner. Non solo in Ucraina, ma soprattutto nei Paesi africani, dove il gruppo è più che mai attivo.

Gli analisti ritengono però che il ministero della Difesa russo stia “cogliendo l’opportunità di impiegare deliberatamente le forze Wagner” a Bakhmut “nel tentativo di indebolire Prigozhin e di far deragliare le sue ambizioni di una maggiore influenza sul Cremlino“. Putin si è probabilmente “allarmato” per le ambizioni politiche di Prigozhin nell’ottobre 2022. Per questo motivo ha probabilmente impedito al ministero della Difesa di attaccare direttamente il capo dei mercenari, ma ha creato le condizioni per cui la leadership militare russa potesse riassumere maggiore autorità.

Cosa succederà?

Secondo l’ISW, “è improbabile che Prigozhin riconquisti il favore di Putin nella stessa misura in cui lo aveva tra il maggio e l’ottobre 2022”. Funzionari del Cremlino, che hanno chiesto di restare anonimi, hanno dichiarato che il presidente russo sta stringendo sempre di più la sua cerchia primaria ed è improbabile che garantisca a Prigozhin i vantaggi di cui godeva un tempo, indipendentemente dalla gravità dei fallimenti militari russi in prima linea”.

Ci sono infine evidenze che “il Cremlino sta creando nuove formazioni armate, probabilmente nel tentativo di sostituire il Gruppo Wagner e, al contempo, di mantenere un contrappeso al ministero della Difesa russo”. La caduta in disgrazia di Prigozhin, nei piani di Putin, probabilmente spaventerà altri funzionari del Cremlino, come Kadyrov, spingendoli a ridimensionare le loro ambizioni per evitare di subire la stessa sorte. Putin probabilmente non ha ancora deciso se risparmierà Prigozhin, e il destino di Wagner dipende probabilmente dalla capacità del suo capo di convincere il Cremlino della sua lealtà”.

Qualunque sia il presente e il destino dei centri confliggenti di potere in Russia, il conflitto tra il ministero della Difesa russo e Wagner dimostra che diverse parti della cerchia ristretta di Putin sono in competizione tra loro in giochi potenzialmente a somma zero, che non favoriscono in ogni caso gli obiettivi generali del capo del Cremlino. Putin ha usato Wagner per proteggere il suo regime dagli effetti della mobilitazione parziale abbattutasi sulla popolazione della Federazione, che continua a inibire i suoi sforzi bellici in Ucraina.