In guerra a 5mila euro al mese: la nuova promessa della Russia

La difficoltà russe nella guerra d'Ucraina spingono il Cremlino a decisioni talvolta estreme. Una di queste è il reclutamento di migranti da inviare al fronte. Cosa c'è di vero?

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Nella guerra d’Ucraina non sta vincendo nessuno. Al netto delle analisi militari, della propaganda e degli sconvolgimenti internazionali. La Russia non sfonda, l’Ucraina non riconquista. Il conflitto è sempre più un conflitto di logoramento, lento e terribile. Nelle ultime settimane, però, i media di tutto il mondo hanno riportato un grande successo della controffensiva ucraina: la rottura della prima linea di difesa russa in direzione sud, cioè vero i territori occupati (ne avevamo parlato anche qui), con il ritiro degli occupanti da centri contesi come quello di Rabotino, nella regione di Zaporizhzhia. Ora l’obiettivo di Kiev è la seconda linea di difesa nemica, che gli analisti sostengono essere molto meno equipaggiata della prima.

Una situazione che, al di là della realtà del campo di battaglia, ha alimentato ulteriormente la pressione sul Cremlino, già alle prese con i gravi dissidi interni e il caso della morte di Prigozhin. Putin tenta di mantenere la presa salda sul timone, ma è costretto a guidare la nave in una perpetua tempesta. Per questo motivo non può permettersi altri insuccessi militari. Dopo la mobilitazione e l’intensificazione delle operazioni belliche (con diversi lati “oscuri”, come avevamo rivelato qui), ecco che Mosca sembra pronta a inviare al fronte anche gruppi di migranti, dietro pagamento di quasi 5mila euro. Cosa c’è di vero?

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Mosca manda i migranti in guerra? Cosa sappiamo

I primi in Occidente a riferire di una “mobilitazione segreta” da parte russa per inviare gruppi di migranti a combattere sul fronte ucraino sono stati i giornalisti del Times. L’edizione britannica online ha riportato come “prova” un blitz della polizia russa in un magazzino di ortofrutta a San Pietroburgo, allo scopo di reclutare gli stranieri che vi lavoravano. Il ministero della Difesa britannico, da parte sua, ha sottolineato la valenza politica di questa mossa, confermando l’intenzione di Mosca di arruolare “un maggior numero di migranti da impiegare in Ucraina al fine di evitare la mobilitazione interna in vista delle elezioni presidenziali del 2024“. In parole povere: Putin ha bisogno di soldati, ma non vuole richiamare tanti altri russi (anche se si tratta di milioni di cittadini, come spiegato qui) per timore di perdere consenso o, peggio, il potere.

Sempre dal Regno Unito arriva inoltre un report secondo cui, dalla fine di giugno, Mosca si è rivolta ai cittadini dei Paesi confinanti alla ricerca di aspiranti soldati per la guerra in Ucraina. In Armenia e Kazakistan, ad esempio, hanno cominciato a circolare su canali online, con inconsueta trasparenza, annunci che offrivano pagamenti e ingaggi iniziali di 495mila rubli (circa 4.760 euro) e successivi stipendi da 190mila rubli per chi decide di sposare la causa russa. La retorica nazionalista del Cremlino ha fatto leva ancora una volta sul patriottismo, rivolgendosi ad esempio alla popolazione di etnia russa residente nella regione kazaka di Qostanai.

Non solo: l’intelligence britannica sostiene che, almeno dalla primavera 2023, gli appelli russi al reclutamento si siano diffusi in tutta l’Asia Centrale, rivolti anche a cittadini stranieri. In cambio Mosca promette due “merci” molto richieste in molte zone di quella parte di mondo: la cittadinanza russa in tempi rapidi e un salario che può cambiare la vita, fino a 400mila rubli (circa 3.800 euro). La nuova “promessa” russa si rivolge potenzialmente ad almeno sei milioni di migranti provenienti dall’Asia Centrale e stanziati in territorio russo.

Servizio militare e passaporto: come funziona in Russia

La replica russa alle “accuse” occidentali non si è ovviamente fatta attendere. I canali ufficiali del Cremlino e varie fonti filorusse su Telegram hanno commentato l’episodio dell’irruzione della polizia russa a San Pietroburgo per “rastrellare” migranti e mandarli in guerra. Secondo la controparte russa, le forze dell’ordine “hanno effettivamente arrestato specialisti stranieri tra i nuovi titolari di passaporti russi”. Ma non per l’arruolamento nei ranghi delle Forze Armate della Federazione, bensì solo per la loro registrazione militare. “Questo è un dovere, ma i migranti vi ricorrono raramente dopo aver ottenuto la cittadinanza”, affermano ancora le fonti.

In Russia funziona così: per ottenere il passaporto, i cittadini stranieri possono prestare servizio militare in una zona di combattimento. Una possibilità che un nuovo progetto di legge vorrebbe trasformare in obbligo vincolante, incontrando tuttavia resistenze politiche che appaiono invalicabili. Nel frattempo prolifera l’atavica corruzione degli apparati amministrativo-militari russi, con un giro di bustarelle e mazzette per chiudere un occhio o per facilitare l’iter per ottenere la cittadinanza o ancora per falsificare i registri di caserma. In pura teoria, inoltre, i cittadini non russi dovrebbero anche dimostrare di essere degli “specialisti” in ambito militare.

A scanso di equivoci e per approfondire un po’ di più il mondo a est degli Urali, ricordiamo che in Russia esistono due tipi di passaporto: quello internazionale e quello interno. Ed è quest’ultimo, il “meno forte” tra i due, l’oggetto del contendere nella questione dei migrati da reclutare per la guerra. Il Pasport graždanina Rossijskoj Federatsii (Паспорт гражданина Российской Федерации in lingua nazionale) viene chiamato in gergo semplicemente “passaporto” e ogni cittadino russo è obbligato a dotarsene a partire dal quattordicesimo anno di età. A differenza del Passaporto della Federazione Russa, utilizzato per viaggiare al di fuori dei confini nazionali, il documento interno serve per l’identificazione e gli spostamenti all’interno della Russia.

Sempre più migranti scappano dalla Russia

In questo rebus bellico-migratorio c’è anche un altro fattore da considerare: la “fuga” di migranti stranieri dalla Russia. Putin potrebbe dunque trovarsi senza una fetta di quelle potenziali reclute di cui ha bisogno. Ma perché fuggono questi migranti? Il motivo principale è l’estremo indebolimento del rublo, da giugno in lenta ma insesorabile svalutazione rispetto alle principali valute straniere. Soprattutto per i cittadini dei Paesi dell’Asia Centrale, i salari percepiti in Russia si sono così avvicinati sempre più a quelli erogati in patria, con in più la spada di Damocle del cambio sfavorevole con il dollaro, che depaupera ulteriormente i redditi.

Non solo: secondo la Banca Centrale, da gennaio 2023 il tasso reale con le valute dei principali partner economici della Russia in Asia Centrale è calato del 26,4%. Hanno cioè acquistato maggiore forza sul rublo anche le monte di Tagikistan (il somoni), Kirghizistan (som) e Uzbekistan (sum). Un bel problema per Mosca, visto che oltre il 90% dei migranti proviene dai Paesi della Comunità di Stati indipendenti ex sovietici. Secondo gli esperti, la fuga di migranti verso altre nazioni potrebbe avvenire soprattutto nei settori con salari più bassi come vendita al dettaglio, ristorazione, pulizie, catering, consegne a domicilio e agricoltura. Un’ulteriore grande ostacolo per una Russia che ha scatenato una guerra e che vuole portarla avanti.