L’Onu chiede il cessate fuoco immediato su Gaza. È la fine dell’alleanza con Israele?

Dopo mesi di conflitti, gli Stati Uniti per la prima volta votano l'astensione e così passa la risoluzione Onu sul cessate il fuoco immediato a Gaza. Possibili scenari

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Nel mezzo del conflitto in corso tra Hamas e Israele, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha approvato per la prima volta una risoluzione che esorta un immediato cessate il fuoco. Quattordici paesi hanno votato a favore della risoluzione. Degno di nota è il fatto che gli Stati Uniti, principali alleati di Israele, si siano astenuti dal voto, contrariamente ai tre precedenti casi in cui avevano posto il veto su risoluzioni simili riguardanti Gaza. Allo stesso tempo, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annullato la sua prevista visita a Washington.

Gli Usa si astengono: è la fine di un’alleanza?

La decima guerra fra palestinesi e israeliani continua a tenere il mondo con il fiato sospeso, mentre l’Organizzazione delle Nazioni Unite interviene con un appello per un immediato cessate il fuoco a Gaza. Questa richiesta arriva dopo cinque mesi e mezzo di conflitto, durante i quali la comunità internazionale è stata testimone di innumerevoli violenze e tragedie.

Ciò che rende questa risoluzione dell’Onu particolarmente significativa è il fatto che, per la prima volta in questo conflitto, gli Stati Uniti hanno scelto di astenersi dal votare, anziché bloccare con il loro consueto veto una proposta di risoluzione. Questo gesto ha inviato un segnale forte, perché indica un cambiamento nella posizione degli Stati Uniti, che fino ad ora aveva assunto un atteggiamento ben diverso.

L’astensione degli Stati Uniti ha sorpreso molti, compreso il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha capito che il tradizionale sostegno americano potrebbe non essere così garantito come in passato. Di conseguenza, ha immediatamente annullato la visita di una delegazione di alti funzionari israeliani a Washington, che aveva lo scopo di discutere dei piani per un’offensiva su Rafah.

Nel frattempo, però, il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant è atterrato negli Stati Uniti per garantire la continuità delle forniture di armi da parte americana. Il sostegno militare Usa è fondamentale per Israele, perché rappresenta circa il 68% delle sue forniture di armi annuali.

La risoluzione dell’Onu è stata presentata dal Mozambico e sostenuta da diversi paesi, tra cui Algeria, Guyana, Ecuador, Giappone, Malta, Sierra Leone, Slovenia, Corea del Sud e Svizzera, oltre ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna. La richiesta di un cessate il fuoco immediato è stata accolta positivamente da Hamas, che ha espresso la disponibilità a impegnarsi in un processo di scambio di prigionieri.

Cosa succede se Israele ha meno appoggio da parte degli Stati Uniti

Secondo il diritto internazionale, una risoluzione del Consiglio di Sicurezza è vincolante per tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, inclusi Israele e la Palestina, quest’ultima con lo status di osservatore. Mentre l’Autorità Palestinese e Hamas hanno accolto con favore la risoluzione, Israele ha manifestato il proprio dissenso per la decisione degli Stati Uniti di astenersi dal voto, consentendo così l’approvazione della risoluzione. L’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha criticato la formulazione della risoluzione, sostenendo che avvantaggia Hamas e mette a rischio la sicurezza degli ostaggi israeliani detenuti nell’enclave.

La risoluzione potrebbe avere un impatto limitato sulla vita dei palestinesi a Gaza, poiché il Consiglio di Sicurezza ha pochi strumenti per farla rispettare. Israele d’altronde ha già ignorato le richieste della Corte Internazionale di Giustizia di consentire l’accesso agli aiuti umanitari necessari.

Nonostante le limitazioni nell’applicazione pratica della risoluzione, gli Stati potrebbero prendere altre misure economiche e diplomatiche per cercare di far rispettare le disposizioni. Queste potrebbero includere l’imposizione di sanzioni, il congelamento delle vendite di armi o il ritiro di missioni diplomatiche e sostegno.

La recente risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite mette ulteriore pressione su entrambe le fazioni coinvolte nel conflitto, incoraggiando negoziati guidati da Qatar ed Egitto. Hamas ha presentato una proposta che include un completo cessate il fuoco, il ritiro delle truppe israeliane da Gaza, il rientro dei palestinesi sfollati e lo scambio di prigionieri. Anche se Israele sembra aver accettato un compromesso sulla questione dei prigionieri, rimane riluttante a impegnarsi per un cessate il fuoco permanente.

Se raggiunto un accordo, verranno probabilmente definite modalità precise di attuazione, come accaduto in passate tregue temporanee, con scambi di ostaggi e consegne di aiuti umanitari. Il numero e il profilo dei prigionieri richiesti da Hamas sono stati motivo di dibattito, considerando il precedente scambio del 2011, quando Israele ha rilasciato più di mille detenuti palestinesi in cambio di un soldato israeliano.

Non tutti vedono l’astensione degli Stati Uniti come un cambio di rotta nella loro politica. Il portavoce della Casa Bianca, John Kirby, ha chiarito che l’astensione “non cambia la nostra politica”, e che gli Stati Uniti sostengono ancora pienamente gli obiettivi diplomatici per una risoluzione pacifica del conflitto.

Nonostante la significativa mossa politica degli Stati Uniti, resta da vedere quale impatto avrà sulla guerra in corso a Gaza. Israele continua a perseguire i suoi obiettivi militari con determinazione, sostenendo di non cedere fino a quando non sarà garantito il rilascio di tutti gli ostaggi detenuti a Gaza. Questo atteggiamento potrebbe complicare ulteriormente gli sforzi diplomatici per una soluzione pacifica.

L’astensione da parte degli Stati Uniti potrebbe segnare un punto di svolta nel conflitto israelo-palestinese, e le aspettative più rosee suggeriscono l’apertura di una strada a una nuova fase di negoziati.

La guerra israelo-palestinese continua

Nonostante la risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu gli attacchi non accennano a diminuire. Dopo l’approvazione della risoluzione delle Nazioni Unite, i palestinesi pensavano che non sarebbero stati bombardati nella Striscia di Gaza. Questa mattina si registrano ospedali pieni di feriti dopo che le forze israeliane hanno preso di mira una casa in az-Zawayda nel centro di Gaza. Al Jazeera nel suo reportage descrive donne e bambini feriti.

Secondo il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, la mancanza di veto da parte degli Stati Uniti complica gli sforzi per liberare gli ostaggi israeliani. Hamas, afferma Katz, sta approfittando di questa situazione per evitare di accettare un cessate il fuoco e le relative condizioni stabilite dalla risoluzione.

Il Pentagono ha annunciato che oggi il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, si incontrerà con la sua controparte israeliana, Yoav Gallant, per discutere delle alternative a un’invasione terrestre del Rafah di Gaza, dove un milione di palestinesi si stanno rifugiando. Nonostante l’aumento della tensione tra Washington e Israele dopo l’approvazione della risoluzione, l’incontro è confermato. Secondo il portavoce del Pentagono, Pat Ryder, l’incontro studierà “modi per affrontare la minaccia di Hamas, tenendo conto anche della sicurezza civile”.