Gaza, cosa prevede l’accordo sulla tregua approvato da Hamas: il testo

Un notiziario panarabo rivela i dettagli dell'intesa che Israele definisce "inaccettabile", ma che rappresenta l'unica bozza di accordo allo stato attuale. Le posizioni delle parti in conflitto restano comunque inconciliabili

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Sono stati rivelati i dettagli del tanto contestato accordo sulla tregua di Gaza e sul rilascio degli ostaggi, approvato da Hamas ma rigettato con forza da Israele. Che, per risposta, ha marciato su Rafah.

Il notiziario panarabo con sede a Londra Al-Araby al-Jadeed, conosciuto anche come The New Arab, ha ottenuto il testo dell’intesa di cessate il fuoco per Gaza accettato da Hamas, in attesa di un pronunciamento ufficiale da parte dello Stato ebraico. Diventa quindi di dominio pubblico il testo integrale della proposta avanzata dai mediatori di Egitto e Qatar, che prevede un piano di attuazione in tre fasi, ciascuna della durata di 42 giorni. Va da sé che il testo dovrà essere modificato per incontrare il favore anche di Israele, ferma restando l’inconciliabilità tra le posizioni principali delle parti in conflitto. Tregua fragilissima, dunque, a prescindere.

Hamas, cosa prevede l’accordo su ostaggi e cessate il fuoco che Israele non accetta

L’accordo quadro mira a rilasciare tutti i detenuti israeliani nella Striscia di Gaza, “siano essi civili o soldati, vivi o meno”, in cambio della liberazione di un numero concordato di prigionieri nelle carceri israeliane e del “ritorno a una calma sostenibile, in modo tale da raggiunge un cessate il fuoco permanente”, il ritiro delle forze israeliane da Gaza e la ricostruzione post-guerra. In soldoni sono queste le condizioni principali che hanno ricevuto il “sì” dei fondamentalisti e i cui garanti sono Qatar, Egitto, Stati Uniti e Nazioni Unite. Il programma si articola in tre fasi interconnesse.

Prima fase (42 giorni)

Durante la prima fase della tregua, Hamas rilascerà 33 ostaggi israeliani (“vivi o morti”, viene specificato), tra cui donne (civili e soldati), ragazzi (sotto i 19 anni, esclusi i soldati), anziani (oltre i 50 anni), malati e civili feriti, in cambio di numeri di prigionieri nelle carceri e nei centri di detenzione israeliani. In cambio, lo Stato ebraico dovrà rilasciare 30 prigionieri sopra i 50 anni e malati per ogni detenuto israeliano, sulla base di elenchi forniti da Hamas, in base al criterio dell’arresto più lontano nel tempo. L’intesa prevede inoltre:

  • cessazione temporanea delle operazioni militari reciproche tra le due parti e al ritiro delle forze israeliane verso Est, lontano dalle aree densamente popolate, verso un’area lungo il confine dell’intera Striscia di Gaza, la prima fase dell’intesa prevede anche:
  • la sospensione delle operazioni aeree militari e di ricognizione nella Striscia per 10 ore al giorno e per 12 ore nei giorni del rilascio di detenuti e prigionieri;
  • il ritorno degli sfollati nelle loro aree di residenza e il ritiro israeliano dalla Gaza Valley, dall’asse Netzarim e dalla rotatoria del Kuwait. In particolare, tre giorni dopo il rilascio di tre detenuti, le forze israeliane si dovranno ritirare completamente da al-Rashid, smantellare i siti e le installazioni militari in quest’area e consentire il ritorno degli sfollati alle loro case nel nord della Striscia.

Il 22esimo giorno, dopo il rilascio della metà dei detenuti civili ancora in vita (comprese le donne soldato), le forze israeliane si ritireranno dal centro della Striscia di Gaza a est dell’autostrada Salah al-Din verso un’altra area, vicino al confine. Sarà inoltre garantita la libertà di movimento ai residenti in tutte le aree di Gaza. Già a partire dal primo giorno, dovrà invece essere consentito l’ingresso di grandi e sufficienti quantità di aiuti umanitari, materiali di soccorso e carburante (600 camion al giorno, di cui 50 camion di carburante). Dovrà essere permessa la fornitura anche del necessario per far funzionare l’infrastruttura elettrica e le attrezzature per la rimozione delle macerie, oltre che per riabilitare e gestire ospedali, centri
sanitari e panifici in tutte le aree della Striscia.

Scambio di detenuti e prigionieri

Ultimato lo scambio tra i 33 ostaggi israeliani e i detenuti palestinesi, Hamas procederà alla liberazione di tutte le soldatesse israeliane viventi. In cambio, Israele rilascerà ancora 50 prigionieri dalle sue carceri per ogni donna soldato israeliana liberata, sulla base di elenchi forniti da Hamas. Il processo di scambio è legato “alla portata del rispetto dei termini dell’accordo”, e cioè la cessazione delle operazioni militari reciproche, il ritiro delle forze israeliane, il ritorno degli sfollati e l’ingresso degli aiuti umanitari.

Entro e non oltre il 16esimo giorno della prima fase, inizieranno discussioni indirette tra le due parti per concordare i dettagli della seconda fase, soprattutto per quanto riguarda le condizioni per lo scambio di prigionieri e detenuti di entrambe le parti (soldati e uomini rimanenti). A una condizione: che questi dettagli vengano stabiliti e concordati entro la fine della quinta settimana di questa fase. Una sorta di pressione e corsa contro il tempo, insomma, dove ogni virgola sembra messa per creare difficoltà alla parte avversaria e indurla all’errore. Tradotto: far fallire l’accordo e prendere ulteriore tempo. Tutte le misure in questa fase – inclusa la cessazione temporanea delle operazioni militari, i soccorsi e il ritiro delle forze – proseguiranno anche nella seconda fase, fino a quando non sarà dichiarata “una calma sostenibile”.

Seconda fase (altri 42 giorni)

Nel corso della seconda fase, il piano di Hamas prevede l’annuncio di un ritorno a una calma sostenibile (cessazione delle operazioni militari e ostili) e della sua entrata in vigore prima dello scambio di detenuti e prigionieri tra le due parti. Lo scambio di ostaggi riguarderà tutti gli uomini israeliani rimasti vivi (civili e soldati) in ritorno di un numero concordato di prigionieri nelle carceri ebraiche. In questa seconda fase è inoltre previsto il ritiro completo ed effettivo delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza.

Terza fase (altri 42 giorni)

Nella terza e ultima fase dell’accordo è previsto lo scambio di corpi e resti da entrambe le parti, dopo la loro identificazione. Dovrà inoltre essere attuato il piano di ricostruzione della Striscia di Gaza per un periodo da 3 a 5 anni, comprese case, strutture civili e infrastrutture pubbliche. Dovrà poi essere deciso un risarcimento per tutte le persone colpite, sotto la supervisione di una serie di Paesi terzi e organizzazioni, tra cui Egitto, Qatar e Onu. Prevista, infine, la definitiva conclusione all’assedio di Gaza.

Israele e Hamas lontani da un accordo

Al di là del contenuto del testo approvato da Hamas, e anche di quello che Israele produrrà assieme ai mediatori, le posizioni delle due parti restano inconciliabili a livello strategico. Lo Stato ebraico vuole controllare l’intera porzione di territorio dal Mediterraneo alla Valle del Giordano, comprese dunque Gaza e Cisgiordania. Hamas vuole invece controllare la Striscia e, d’accordo con l’Iran, distruggere gli Accordi di Abramo che prevedono la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Israele e monarchie arabe.

Insomma i divari tra Hamas e Israele riguardano gli aspetti più importanti: detenuti palestinesi e ostaggi israeliani da rilasciare e la fine della guerra. Per quanto riguarda il primo punto, i fondamentalisti hanno chiesto che sia eliminato il veto israeliano al rilascio di detenuti “pesanti”. Se così fosse, potrebbe tornare in libertà il leader di Fatah Marwan Barghouti, condannato in territorio ebraico a vari ergastoli. Il secondo punto concerne gli ostaggi: Hamas si è infatti rifiutato di rilasciare nella prima fase dell’accordo solo quelli ancora in vita. Infine il nodo del cessate il fuoco: nella prima fase dell’intesa sarebbe solo temporaneo, ma diventerebbe definitivo a partire dalla seconda o terza fase. Con Hamas che vuole garanzie internazionali precise. La fazione islamica, secondo fonti citate dalla Cnn, sarebbe pronta a rilasciare 33 ostaggi “vivi o morti”, ma solo 18 se Israele non dovesse accettare la fine della guerra. Dal canto suo, Tel Aviv ha sempre respinto le richieste sia sulla conclusione delle operazioni militari sia sul ritiro totale da Gaza.

Potrebbero volerci giorni per finalizzare l’accordo per Gaza

Dietro la cortina degli slanci, della diplomazia, delle dichiarazioni e dei dietrofront, appare dunque sempre più probabile che la finalizzazione di qualsiasi accordo per un cessate il fuoco a Gaza richiederà ancora diversi giorni. Secondo la Cnn, che cita funzionari statunitensi e israeliani, qualsiasi potenziale intesa su un quadro che abbini un cessate il fuoco temporaneo al rilascio degli ostaggi a Gaza sarà probabilmente seguito da negoziati continui sui dettagli più contestati dell’intesa. Per questo motivo, la negoziazione di un accordo finale tra le parti dovrebbe richiedere ancora diversi giorni. La delegazione di Hamas si recherà nuovamente al Cairo per l’incontro con i mediatori, mentre il direttore del Mossad David Barnea sembra avere l’intenzione di restare ancora in Israele. Il direttore della Cia, Bill Burns, è invece rimasto in Egitto.

Stando a due fonti israeliane citate dalla Cnn, per la finalizzazione dell’intesa potrebbe essere necessaria una settimana. Prima del “sì” di Hamas, l’emittente aveva già citato un funzionario statunitense, il quale aveva dichiarato che se anche Hamas accettasse l’accordo così come proposto, ci sarebbe voluto comunque qualche giorno per definire i dettagli per una tregua. La Cnn sottolinea che i funzionari Usa continuano a guardare ai colloqui con “cauto ottimismo”, descrivendo i progressi compiuti ma ricordando che i precedenti sforzi sono andati in fumo all’ultimo minuto. Intanto decine di migliaia di israeliani sono scesi in piazza in diverse città del Paese, fra cui Tel Aviv, per protestare contro il governo e chiedere a gran voce un accordo per il rilascio degli ostaggi, oltre alle elezioni anticipate. Alcuni familiari degli ostaggi, riporta il Times of Israel, hanno accusato il premier Netanyahu di non volere alcun accordo e di utilizzare la propaganda per spegnere qualunque tentativo di mediatori e Hamas di giungere alla tregua.