La guerra tra Hamas e Israele ha catalizzato (giustamente) l’attenzione mondiale su di sé, mettendo in ombra il conflitto in Ucraina. Che però continua, senza esclusione di colpi. Da un lato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sbraccia e alza la voce affinché il flusso di aiuti militari verso Kiev non venga rallentato per via dell’impegno occidentale in Medio Oriente; dall’altro Vladimir Putin ha tutto l’interesse a mantenere caldo, per non dire bollente, il conflitto israelo-palestinese.
Il presidente russo ha infatti lanciato un piano militare per approfittare della “distrazione” mondiale per Israele, tentando come di consueto di nascondere le sue reali intenzioni. Ecco che assistiamo ai tentativi (inascoltati) di Mosca di proporsi come mediatore tra Israele e Hamas, mentre però ha finora ospitato delegazioni dei fondamentalisti e dell’Iran, dimostrando più o meno chiaramente il gioco delle parti. Ecco come Putin intende approfittare in Ucraina degli effetti geopolitici del caos mediorientale (e intanto recluta donne per un motivo preciso).
Cosa sta succedendo in Ucraina
Come il conflitto israelo-palestinese, anche quello ucraino è entrato in una nuova fase. Diversi analisti parlano di stallo o di situazione congelata, ma la realtà è abbastanza diversa. C’è senza dubbio una guerra di logoramento su un fronte, quello sud-orientale, che si sposta di pochi chilometri, come nelle grandi Guerre del Novecento. Con l’inverno per giunta alle porte e l’inevitabile invasione di fango e gelo che rappresenta il nemico più temibile in quell’angolo di mondo. Ricordando sempre che, mentre il conflitto tra Israele e Hamas è fortemente asimmettrico (uno Stato contro un’organizzazione definita terroristica), quella in Ucraina è una guerra simmetrica e convenzionale tra due eserciti nazionali che grossomodo si equivalgono in quanto a mezzi (escludendo il nucleare).
La controffensiva ucraina ha come grande obiettivo quello di fiaccare il nemico, indebolendone le posizioni e il potenziale bellico, e non di puntare univocamente alla riconquista di particolari aree di territorio occupato. Almeno in questa fase i piani di Kiev sono questi. Seguendo questo mantra, l’esercito ucraino era riuscita a creare una falla nella prima linea di difesa russa, a sud di Robotyne, costringendo Mosca a ricorrere alle riserve strategiche per combattere l’avanzata dei reparti d’élite avversari. Una battaglia molto importante, che però non ha visto un vero vincitore sul campo. L’Ucraina non ha sfondato, la Russia non ha ricucito appieno la falla.
L’esercito russo ha quindi tentato un’offensiva ad Avdiivka. Come ha notato l’ex colonnello Orio Giorgio Stirpe, il risultato è stato il riposizionamento del grosso dell’artiglieria di supporto generale ucraina che sosteneva l’avanzata a Robotyne. “Questo, oltre a bloccare l’avanzata russa ad Avdiivka, ha anche tolto mordente a quella ucraina nel sud. L’arrivo delle piogge ha poi ulteriormente frenato il tutto”. Una delle grandi evidenze di questa fase del conflitto è la capacità ucraina di far ruotare con maggiore efficacia le proprie forze, a differenza dei russi, che hanno subìto ingenti perdite. Una situazione che ha spinto il Cremlino a prendere altre decisioni d’emergenza.
Il piano della Russia per la guerra in Ucraina
Si diceva che la Russia vuole approfittare della presunta distrazione dell’Occidente, impegnato nel sostenere Israele contro Hamas. Per questo motivo a settembre il Ministero della Difesa russo ha disposto, nel “silenzio” generale, il reclutamento di 38mila volontari da inviare sul fronte ucraino. La preoccupazione principale di Mosca era quello di mobilitare truppe il più possibile “motivate”, visto il diffuso e palese malcontento tra richiamati e riservisti espresso soprattutto nelle grandi caserme nelle regioni periferiche della Federazione.
“I soldati sono carichi e pronti a svolgere missioni di combattimento”, ha assicurato il ministro Shoigu. “Qualcuno ha già esperienza militare perché molti dei volontari, dopo aver completato un primo contratto semestrale, tornano in servizio per un secondo turno semestrale o addirittura per un terzo”. Propaganda, certo, ma con un fondo di verità. Dando uno sguardo ai registri disponibili, si calcola che la Russia abbia reclutato circa 335mila volontari dall’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022.
Il piano del Cremlino riguarda però anche gli armamenti. Shoigu ha infatti chiesto alla società aeronautica Sukhoi di accelerare la produzione di bombardieri tattici Su-34. Si tratta dei caccia più impiegati sul teatro ucraino, protagonisti in media di quattro o cinque missioni al giorno.
La nuova tattica russa
Sia la Russia sia l’Ucraina, insomma, vogliono rompere il “quasi stallo” sul fronte sud. In questo senso Mosca ha intenzione di opporre una nuova tattica, piombando sul nemico con una forza inaudita nella zona di Avdeevka. Uno sforzo che richiede truppe fresche (da qui il richiamo dei volontari), nuovi armamenti (più che chiesti, pretesi da Shoigu alle imprese private e statali russe) e una concentrazione massima di intenti.
Da qui la decisione della flotta russa di lasciare il porto di Sebastopoli, in Crimea. Pur non perdendo di vista il comandamento secondo cui la penisola sul Mar Nero è la “chiave” del conflitto, Putin e il suo entourage hanno deciso di trasferire le navi dalla base di Sebastopoli in altri porti a est della penisola e lungo la costa russa. Soprattutto nella base navale di Novorossysk, meno esposta ai sempre più frequenti attacchi ucraini condotti con missili da crociera e droni aerei e navali.
Come evidenziano le immagini satellitari della società Planet Labs, a muoversi sono state le fregate Essen e Makarov assieme a tre sottomarini, a cinque grandi navi da sbarco e a diverse unità missilistiche più piccole. Una decisione importante, se si considera che la Makarov è la nave ammiraglia della Flotta del Mar Nero dopo l’affondamento dell’incrociatore Moskva avvenuto nell’aprile 2022 (che la guerra d’Ucraina si deciderà sul mare lo avevamo già anticipato qui).
Usa e Ue continuano ad aiutare l’Ucraina?
La pressione sulla Difesa russa aumenta di settimana in settimana, con molti attori europei che hanno annunciato nuovi pacchetti di aiuti militari a favore di Kiev. Dalla Svezia, che contribuirà con altri 200 milioni di dollari e aerei da combattimento JAS 39 Gripen e semoventi d’artiglieria Archer, alla Polonia, che da un lato preoccupa gli Usa e l’Europa (come abbiamo spiegato qui) mentre dall’altro fornirà due carri armati Leopard 2 (riparati).
Senza dimenticare la Germania, che ha registrato un export record di forniture militari nel 2023, avvicinandosi al picco di 8,76 miliardi di euro. Come ha riportato Analisi Difesa, all’Ucraina Berlino ha inviato recentemente 14 cingolati sBv-206, carri getta-ponte, due veicoli per il Genio Wisent, otto autocarri per il rimorchio di artiglierie, 21 veicoli leggeri, radio, sistemi satellitari di comunicazione, 233mila granate da 40 mm ed equipaggiamento sanitario.
Gli Stati Uniti, dal canto loro, non si sono certo dimenticati dell’Ucraina, nonostante l’impegno in prima linea al fianco di Israele. Il 5 ottobre lo US Central Command (Centcom) ha infatti annunciato l’invio a Kiev di circa 1,1 milioni di munizioni sequestrati all’Iran lo scorso anno.