La Cina pronta a invadere Taiwan? Ecco dove potrebbe attaccare

Taiwan contro Cina, ancora una volta. L'isola ha un esercito forte e beneficia di difese naturali e del supporto degli Usa. Ma resisterebbe a un attacco cinese?

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Prima il contestato piano di pace per l’Ucraina, poi la visita di Xi Jinping a Mosca da Vladimir Putin; in mezzo nuovi accordi commerciali e infrastrutturali (e secondo molti analisti anche militari) con la Russia e una perdurante tensione con gli Stati Uniti per la piccola ma grande Taiwan. La Cina è il vero grande avversario dell’Occidente nel tragico gioco delle parti che vede il conflitto in Ucraina come un terribile effetto del domino geopolitico globale.

Secondo il ministro degli Esteri dell’ex Isola di Formosa, Joseph Wu, Pechino è pronta alla guerra contro Taiwan. Le “zhendui xing junshì xingdong” (“operazioni militari mirate”, di cui avevamo parlato anche qui) e il passaggio di portaerei e navi corazzate nello Stretto di Formosa sembrano non lasciare dubbi. Ma davvero la Cina ha intenzione di invadere l’isola che non è riuscita a riprendersi negli ultimi 80 anni?

La Cina e la questione Taiwan

La retorica e la condotta militare della Repubblica Popolare sono state definite “inaccettabili” dal governo taiwanese, che invoca il rispetto della Carta delle Nazioni Unite e la diplomazia come metodo di risoluzione delle controversie internazionali. Solo che per Pechino la questione di Taiwan è un affare di politica interna, come testimonia l’ispezione di Xi al Comando del Teatro Sud della Marina, la punta d’acciaio prescelta a scalfire eventualmente i ribelli isolani. Il comandamento del leader supremo è chiaro: “Rafforzare l’addestramento militare in preparazione del combattimento per la difesa della sovranità territoriale e degli interessi nazionali”.

Tra l’8 e il 10 aprile le forze armate cinesi si sono rese protagoniste di un’operazione aeronavale di “accerchiamento”, durante la quale sono stati simulati “attacchi di precisione” contro obiettivi taiwanesi. Le prove generali della guerra, secondo molti. In tre giorni sono stati segnalati almeno 200 voli di cacciabombardieri con la partecipazione inedita della temibile portaerei Shandong.

Taiwan non è l’Ucraina

Riprendendo le parole dell’analista geopolitico Phillip Orchard, Taiwan non è l’Ucraina. A prima vista la situazione dei Paesi appare molto simile: entrambi territori strategicamente cruciali, la cui sovranità nazionale e territoriale è messa in discussione da un impero confinante, col quale condivide aspetti culturali ed etnici ma dal quale prende le distanze in favore dell’Occidente a guida statunitense. Eppure non potrebbero essere più diverse.

Per cominciare, Taiwan appare come una fortezza naturale inespugnabile a chiunque provi a invaderla via mare. A differenza dell’Ucraina, geograficamente e storicamente terra di invasioni da parte di eserciti stranieri che sono entrati come lame nel burro nella piana sarmatica, senza trovare ostacoli orografici (dell’importanza per la Russia dell’estero vicino ucraino abbiamo parlato qui). Estesa su una superficie di circa 36mila chilometri (una volta e mezzo la Sardegna, per intenderci), Taiwan presenta solo due aeree pianamente pianeggianti: la più estesa (450 chilometri circa) è sul lato occidentale, prospicente alla Repubblica Popolare Cinese, e va dalla capitale Taipei fino quasi all’estremo sud dell’isola; l’altra, molto meno estesa (30 chilometri), si snoda sul lato nord-orientale nella hisien (“contea”) di Yilan. Le difese dell’ex isola di Formosa scoraggerebbero qualunque aspirante conquistatore, grazie a un mix di fattori geografici e militari:

  • le acque troppo poco profonde (in media 70 metri) impediscono un’azione su vasta scala dei sottomarini cinesi, soprattutto nella parte occidentale, nelle quali i taiwanesi possono posizionare migliaia di mine;
  • il potenziamento dell’esercito “di casa” grazie a un aumento del budget militare di ulteriori 8,6 miliardi di dollari a inizio 2022;
  • la presenza di fortificazioni e di basi aeree e navali nei pressi dei principali porti e aeroporti e dei grandi centri geopolitici;
  • la dotazione taiwanese di centinaia di aereisistemi antiaereo e antinave di ultima generazione, fra cui i missili Harpoon a lunga gittata, impiegabili sia da bordo che da batterie costiere e la cui portata permette di coprire tutta l’area dello stretto.

L’isola è inserita inoltre in un fronte, quello indo-pacifico, ben più strategico per gli Stati Uniti rispetto ai teatri europei (della situazione di estrema tensione abbiamo parlato anche qui). Una “portaerei inaffondabile”, un “porcospino” militare. La Cina ne è consapevole e tenta di stringere la presa sul Mar Cinese Meridionale, in un’area marittima tra le più contese al mondo. Il coinvolgimento “laterale” degli Usa in Ucraina, con l’invio di armi e addestratori sul campo, non ha nulla a che vedere con quello “diretto” che invece assumerebbero per difendere l’Isola Bella da un eventuale attacco dalla Cina continentale. Coinvolgimento che si è dipanato, soprattutto negli ultimi anni, anche con il sostegno al riarmo di Taipei, che ha potenziato arsenale e tattica per scoraggiare ed eventualmente respingere l’esercito della Repubblica Popolare.

Dove e come potrebbe attaccare la Cina

Le operazioni militari di Pechino sono percepite dalle autorità di Taiwan come prove di un blocco navale e aereo, preludio a un rischioso sbarco anfibio. L’incursione dei caccia cinesi nella zona d’identificazione per la difesa aerea taiwanese, registrata anche ad aprile 2021 per citare solo un altro esempio, è solo un episodio delle cosiddette esercitazioni annunciate da Pechino dal 4 al 7 agosto. Secondo gli analisti, la Cina non arriverà a invadere in forze Taiwan. Ma nel caso dovesse accadere, i continentali dovrebbero fare i conti con una costa taiwanese protetta da scogliere alte tra i 300 e i 600 metri. Un ostacolo non indifferente per un attacco anfibio, che verosimilmente si concentrerebbe su appena il 10% della costa, nella Pianura di Chianan o nella striscia compresa tra la città di Tainan e il porto di Kaohsiung, il maggiore dell’isola per il trasporto container. La maggior parte dei potenziali punti di sbarco si trovano però nei dintorni della capitale Taipei, sparsi sull’area pianeggiante citata in precedenza.

Per completare con successo l’invasione dell’isola, lo Stato Maggiore cinese dovrebbe far imbarcare il grosso delle sue forze e attraversare in circa 8 ore un tratto di mare sotto la minaccia (leggi: certezza) della potenza di fuoco taiwanese. La Cina è però in grado di far piovere dal cielo una innumerevole quantità di missili, lanciandoli da una distanza di “soli” 180 chilometri (ecco perché una guerra Cina-Taiwan ci costerebbe cara).

Eserciti a confronto

Tornando al (potenziale) campo di battaglia, il confronto fra l’Esercito Popolare di Liberazione cinese e le truppe a difesa dell’isola evidenzia una disparità impressionante. Il primo conta oltre un milione di soldati di terra, contro gli 88mila effettivi di Taiwan. Sono ben 412mila i fanti cinesi dispiegati nelle loro basi di fronte allo Stretto, membri del Comando Orientale e Meridionale. Proporzioni che riflettono quelle ben più “larghe” in riferimento alla popolazione dei due Stati: quasi 1,4 miliardi per la Cina e  “appena” 23,5 milioni di Taiwan.

Dalle forze terrestri a quelle navali, la situazione non cambia. Incrociando i dati forniti nel 2019 dal Pentagono e dagli Annuari Statistici della Repubblica Popolare Cinese e di Taiwan, Pechino schiera 2 portaerei, 23 unità cacciatorpediniere, 37 fregate, 39 corvette, 16 unità anfibie, 35 mezzi da sbarco, 34 sottomarini (diesel e nucleari da sbarco), 68 pattugliatori costieri. I velivoli militari sono invece 1.360. Dall’altra parte, Taiwan in mare dispone di 4 cacciatorpediniere, 22 fregate, 12 unità anfibie, 4 mezzi da sbarco, 2 sottomarini diesel e 44 pattugliatori costieri. Per quanto riguarda le forze aeree, Taiwan conta 680 velivoli militari. Washington e Taipei temono addirittura che le cifre ufficiali sovrastimino di molto la reale forza dell’esercito taiwanese. Il grosso dei riservisti, ad esempio, riceve un addestramento modesto e la prontezza al combattimento è considerata alquanto bassa.