Di padre in figlio. A distanza di 24 anni Vladimir Putin torna in Corea del Nord per incontrare il figlio dell’allora leader Kim Jong-il e attuale capo del regime, Kim Jong-un. Una visita di Stato di due giorni molto importante, come tutte quelle che il presidente russo decide di intraprendere mentre il suo Paese è impegnato nella guerra d’Ucraina. Anche dal punto di vista nordcoreano, che registra la prima visita da parte di un leader straniero a Pyongyang dopo la pandemia Covid.
Le prime parole del presidente russo al vertice bilaterale sono chiare: “Apprezziamo molto il vostro sostegno sistematico e permanente alla politica russa, anche sulla questione Ucraina”. La retorica moscovita riprende lo stesso filo rosso propagandistico utilizzato per le alleanze con Paesi anti-occidentali: la lotta a decenni di imperialismo statunitense. È questa la malta che tiene temporaneamente insieme nazioni altrimenti rivali. Ma oltre la narrazione c’è di più.
Il senso dell’accoglienza di Putin a Pyongyang
Vladimir Putin è stato accolto al suo arrivo da Kim Jong-un, che lo ha abbracciato due volte e lo ha accompagnato dall’aeroporto. Un enorme corteo di automobili ha percorso le strade illuminate della capitale Pyongyang, dove gli edifici sono stati decorati con gigantesche bandiere russe e ritratti del presidente russo. La cerimonia di benvenuto ha avuto luogo nella piazza principale della città, dove il dittatore nordcoreano ha presentato i vertici del governo: il ministro degli Esteri Choe Son Hui, il principale aiutante e segretario del partito al potere Jo Yo Jong e la potente sorella del leader, Kim Yo Jong. Anche Putin ha portato con sé i suoi fedelissimi: il vice primo ministro Denis Mantrurov, il ministro della Difesa Andrei Belousov e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov.
Dietro la patina dell’accoglienza in pompa magna ci sono interessi concreti e cruciali per i due Paesi. La Corea del Nord è soggetta a pesanti sanzioni economiche da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per i suoi programmi nucleari e missilistici, mentre la Russia è anche alle prese con le sanzioni occidentali per la guerra in Ucraina. Finora le due nazioni avevano negato i trasferimenti di armi in cambio di supporto tecnologico per il nucleare, mentre adesso sembrano uscire allo scoperto anche ufficialmente. Come la Cina, la Russia ha fornito copertura politica ai continui sforzi di Kim per sviluppare l’arsenale atomico, bloccando ripetutamente gli sforzi guidati dagli Stati Uniti per imporre nuove sanzioni Onu alla Corea del Nord sui test sulle armi.
A marzo, il veto russo alle Nazioni Unite ha posto fine al monitoraggio delle sanzioni contro Pyongyang per il suo programma nucleare, scatenando le accuse occidentali secondo cui Mosca sta cercando di evitare il controllo mentre acquista armi nordcoreane per usarle in Ucraina. Funzionari statunitensi e sudcoreani stanno quindi discutendo le opzioni per un nuovo meccanismo per monitorare il Nord. Con ogni probabilità Kim cerca maggiori vantaggi economici e tecnologie militari più avanzate dalla confinante Federazione, anche se ovviamente le discussioni più delicate con Putin non saranno rese pubbliche. Sebbene il programma nucleare militare nordcoreano al momento includa missili balistici intercontinentali, che possono potenzialmente raggiungere la terraferma degli Stati Uniti, Kim potrebbe aver bisogno di un aiuto tecnologico esterno per far avanzare ulteriormente il suo programma. Ci sono già possibili segnali che la Russia stia aiutando la Corea del Nord con tecnologie legate ai razzi spaziali e ai satelliti da ricognizione militare, che il dittatore ha descritto come cruciali per monitorare la Corea del Sud e aumentare la minaccia dei suoi missili con capacità nucleare.
Perché Putin ha incontrato Kim Jong-un in Corea del Nord
Russia e Corea del Nord hanno messo a punto un accordo di cooperazione strategica che “servirà da base delle relazioni bilaterali a lungo termine”. Una “nuova era di prosperità” tra i due Paesi, secondo Kim, che eleva Mosca a “garante dell’equilibro strategico globale”. Da una parte, Pyongyang sente di avere tutto da guadagnare dall’alleanza con una storica grande potenza, come aveva già confermato la visita del dittatore nordcoreano in Russia a settembre. Dall’altra, Putin si mostra disposto a molti compromessi pur di ottenere qui e ora ciò di cui il Cremlino ha bisogno nel suo sforzo bellico: armi e munizioni. Ma anche il sostegno di un Paese strategico per la competizione tra Occidente e fronte anti-americano.
La Corea del Nord, confinante con Russia e Cina, è infatti un cuscinetto nevralgico nel quadrante più strategico del mondo: l’Indo-Pacifico. La rinsaldata vicinanza fra Mosca e Pyongyang aumenta la pressione sugli Usa, già fortemente esposti su Taiwan in ottica anti-cinese, e al loro satellite Corea del Sud. I nuovi accordi fra Russia e Corea del Nord sostituiscono i loro predecessori firmati in tre versioni successive: nel 1961, nel 2000 e nel 2001. Una decisa e significativa accelerazione delle relazioni diplomatiche dall’epoca dell’ultima visita di Putin nel 2000, in seguito alla quale i rapporti tra i due Paesi non furono propriamente idilliaci: scambi commerciali prossimi allo zero e cooperazione militare zero spaccato. Addirittura Mosca diede il suo ok alle sanzioni nei confronti della Corea del Nord, decise per la prima volta nel 2006 dopo il primo test nucleare di Pyongyang.
Questo stato di cose è cambiato in maniera radicale con l’invasione russa dell’Ucraina del febbraio 2022. La Federazione è piombata in un isolamento inedito dal crollo dell’Unione Sovietica, sia diplomatico sia commerciale, vedendosi costretta a guardare ancora una volta verso Oriente. Qui la Corea del Nord è apparsa un alleato di comodo ideale: ricca di proiettili e razzi, seppur di qualità giudicata scadente per gli standard russi, ma bisognosa di cibo, energia e tecnologia. Le condizioni della popolazione nel Paese asiatico sono infatti pessime, con gran parte dei cittadini in estrema povertà. Il patto è fatto: Mosca avrebbe fornito a Pyongyang ciò di cui necessita e viceversa. Secondo Seul nel giro di 9 mesi, da settembre 2023 a oggi, Corea del Nord e Russia si sono scambiate circa 11mila container di beni: armi e munizioni di artiglieria da 152 millimetri e lanciarazzi da una parte, aiuti umanitari e carburanti dall’altra. Oltre al supporto tecnologico di Mosca per lo sviluppo di un ambito fondamentale per la sopravvivenza del regime di Kim nella competizione globale: il programma militare, missilistico e nucleare. Su quest’ultimo punto, però, il Cremlino ci va piano, esaudendo solo parte delle richieste nordcoreane per lo sviluppo di sottomarini nucleari e missili intercontinentali e ipersonici. Come per l’Iran, Mosca è infatti restia a fornire il proprio know-how in campo nucleare, mentre si è mostrata molto più disponibile in tal senso nella tecnologica spaziale.
Gli affari “occulti” fra Russia e Corea del Nord
Secondo un recente rapporto dell’Institute for National Security Strategy, un think tank gestito dalla principale agenzia di spionaggio della Corea del Sud, oltre a inviare forniture militari alla Russia per aiutarla nella guerra d’Ucraina, la Corea del Nord avrebbe anche incrementato l’export di manodopera e altre attività illecite per ottenere valuta estera. Il tutto in barba alle sanzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. In questo senso sono ben più di un’avvisaglia i propositi di cooperazione nei settori dell’agricoltura, della pesca e dell’estrazione mineraria e di promuovere ulteriormente il turismo russo in Corea del Nord.
Non si è fatta attendere la replica degli Stati Uniti. Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha affermato che la visita di Putin in Corea del Nord illustra come la Russia cerchi, “nella disperazione”, di sviluppare e rafforzare le relazioni “con Stati che possono fornirle ciò di cui ha bisogno per continuare la guerra di aggressione che ha iniziato contro l’Ucraina”. Secondo Washington, Pyongyang “sta fornendo importanti munizioni alla Russia e altre armi da utilizzare in Ucraina. L’Iran ha fornito armi, compresi droni, che sono stati usati contro civili e infrastrutture civili”.
Le tensioni nella penisola coreana sono inoltre al punto più alto degli ultimi anni, con il ritmo dei test sulle armi di Kim e delle esercitazioni militari combinate che coinvolgono Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone che si intensifica sempre di più. Le Coree si sono anche impegnate in una guerra psicologica in stile Guerra Fredda, con la Corea del Nord protagonista del lancio di palloncini contenenti tonnellate di spazzatura sul Sud. Seul, da parte sua, trasmette propaganda anti-nordcoreana usando gli altoparlanti.
L’amicizia fra Mosca e Pyongyang durerà?
Il sodalizio fra Russia e Corea del Nord è figlio del suo tempo, potremmo dire recitando un adagio. Figli e tempi però muoiono, prima o poi. Tenuti insieme dalla necessità narrativa di mostrare un fronte compattamente anti-occidentale, per dare architettura a un modello alternativo alle democrazie occidentali, i due Paesi mostrano piedi d’argilla. Innanzitutto Mosca ha bisogno di armi e munizioni in questa specifica fase della guerra, caratterizzata da un enorme sforzo militare e industriale, ma ben presto la conversione in economia di guerra voluta da Putin aumenterà la capacità russa di produzione di armi e missili. Senza contare che i proiettili nordcoreani sono utilizzabili solo dagli apparecchi più datati della Federazione, di produzione sovietica, che saranno accantonati col progredire del conflitto.
Nonostante la contesa con gli egemoni Stati Uniti e la vicinanza a Pyongyang, Mosca ha continuato a intrattenere rapporti economici e commerciali con l’avversa Corea del Sud. Molti scambi si sono però interrotti, e la Russia vorrà prima o poi tornare a trattare in libertà con quello che, prima dell’invasione, era il quinto mercato per il suo export.