Pensioni, che fine faranno i soldi risparmiati con Quota 100? Le proposte di riforma

Tante le proposte sul tavolo del nuovo Governo Draghi in materia di pensioni: quale sarà il dopo Quota 100?

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Redazione

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Tra i dossier più scottanti e urgenti del nuovo Governo Draghi c’è sicuramente quello delle pensioni: con l’Europa che chiede di rivedere il sistema previdenziale, riconoscendo l’accesso al Recovery Fund a seguito della garanzia dello stop a Quota 100, bisogna ora trovare un compromesso che metta d’accordo Bruxelles e le parti sociali, tenendo conto anche delle risorse a disposizione dello Stato italiano.

Che fine faranno quindi i 7 miliardi risparmiati con Quota 100? Fonti vicine all’Esecutivo sembrano confermare l’intenzione del nuovo Premier di non voler concedere un proroga. Bisogna capire, allora, verso quale direzione si muoverà lo stesso, posto che oggi uno dei nodi principali da sciogliere è proprio quello legato alla riforma pensioni.

Pensioni, cosa ci aspetta dopo Quota 100?

Al momento il Governo Draghi sembrerebbe a lavoro per trovare una misura intermedia tra il prepensionamento a 62 anni e la pensione di vecchiaia a 67. Attraverso un coinvolgimento delle parti sociali, infatti, si punta a una soluzione valida e possibile per il post Quota 100.

Fonti vicine al governo Conte bis parlavano già di Quota 102 a partire dal 1° gennaio 2022, con un innalzamento dell’età minima per il prepensionamento a 64 anni e penalità per ogni anno di anticipo rispetto al pensionamento di vecchiaia. Dopo l’opposizione dei sindacati, però, adesso spetta a Draghi e al nuovo ministro Orlando esprimersi.

Pensioni, tre proposte di Riforma presentate

Alcune proposte di riforma in materia di pensioni e sistema assistenziale sono state portate all’attenzione del Governo da Alberto Brambilla, ex consigliere della Lega ai tempi dell’approvazione di “Quota 100”. Dopo aver preso le distanze dalla misura, manifestando il proprio dissenso anche nei confronti della politica appoggiata da Salvini, Brambilla ha delineato le soluzioni possibili secondo lui, ovvero:

  • abolizione della Legge Fornero, con l’introduzione di un sistema che equipari le regole generali e introduca tutele per i giovani che hanno iniziato a lavorare dall’1/1/1996, eliminando così formalmente la legge 92/2012;
  • istituzione di un “fondo di equità” per i contributivi a partire dal 2036, con il finanziamento di 500 milioni l’anno a favore di tutele pensionistiche (integrazione al minimo) per i giovani;
  • pensionamento a 64 anni di età (adeguati) e 38 di contributi (la cd. “Quota 102” citata sopra) con fondi esubero per lavoratori in difficoltà;
  • blocco per tutti i lavoratori dell’adeguamento alla speranza di vita del requisito di anzianità contributiva, richiesto per la pensione anticipata a 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne), con ulteriori riduzioni per precoci e lavoratrici madri.

Ad oggi infatti il blocco dell’adeguamento alla speranza di vita è stata fissato fino al 2026, dopo di che l’età pensionabile dovrebbe continuare a salire.

Pensioni, cosa chiedono i sindacati

Dopo l’insediamento del Governo Draghi, in materia di pensioni e riforme del sistema previdenziale i primi riscontri sono arrivati dai sindacati. A seguito dell’incontro avvenuto tra le parti sociali e il nuovo Ministro Orlando, infatti, è emerso che i rappresentanti dei lavoratori hanno avanzato delle proposte precise sull’utilizzo dei fondi statali ed europei.

Roberto Ghiselli, segretario confederale della CGIL, ha ribadito il “NO” a Quota 100, questo perché un’eventuale proroga non risolvere i problemi attuali. Dopo due, ha infatti, spiegato, ci ritroveremmo allo stesso punto di partenza, quindi è più utile oggi pensare ad una riforma dell’intero sistema, in grado di superare le falle attuali.

Al vaglio del Governo, dunque, è stato portato un progetto di riforma che possa consentire a tutti i lavoratori di scegliere quando andare in pensione, ovvero se dopo i 62 anni o al raggiungimento dei 41 anni di contribuzione. Una strada alternativa, però deve essere pensata per chi svolge lavori manuali e gravosi, garantendo le opportune tutele, anche con delle norme ad hoc se il caso.

Infine, ma non per importanza, è stato chiesto all’Esecutivo di riconoscere il lavoro di cura, con particolare riferimento alla donne, e l’introduzione di una pensione di garanzia che dia “una prospettiva previdenziale ai giovani e a chi fa lavori poveri o discontinui”.