Pensioni, per la Sanità spunta Quota 46: cos’è e come funziona

Quali sarebbero le conseguenze dell'emendamento all'articolo 33 della manovra, parlando di Quota 46

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Mentre l’esecutivo promette Quota 41 nella legislatura, in realtà mette sul tavolo Quota 46 per medici e infermieri. Se volessero eliminare la decurtazione prevista per una pensione anticipata (con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, indipendentemente dall’età), dovrebbero lavorare ulteriori 36 mesi. Considerando le finestre di pensionamento, ciò comporterebbe effettivamente 46 anni di lavoro. Tuttavia, questo ragionamento sembra trascurare l’età dei lavoratori coinvolti.

Infatti, coloro che raggiungono i 67 anni di età e usufruiscono della pensione di vecchiaia non subiscono decurtazioni. Pertanto, solo coloro che hanno iniziato a versare contributi dopo i 21 anni di età si troverebbero a dover raggiungere la Quota 46. Si può ipotizzare che non siano molti i medici e gli infermieri che hanno iniziato a lavorare così giovani.

Quanti verranno colpiti

La soluzione salomonica adottata da Palazzo Chigi difficilmente riceverà l’approvazione dei sindacati e della stessa categoria dei medici. In primo luogo, poiché la richiesta era quella di eliminare completamente la norma, che invece rimane in vigore. In secondo luogo, la soluzione proposta sembra essere peggiore del problema iniziale.

Il taglio, nato come retroattivo e colpendo 732 mila lavoratori pubblici in vent’anni, garantendo al contempo 21 miliardi di risparmi allo Stato – tra cui dipendenti degli enti locali, medici, insegnanti, e ufficiali giudiziari che hanno iniziato a versare contributi tra il 1981 e il 1995 – sembra mostrare un profilo di incostituzionalità duplice, poiché viene ridotto solo per alcuni e non per tutti.

Le tre deroghe

L’emendamento, approvato dalla Ragioneria e presentato giovedì notte in commissione Bilancio del Senato, prevede tre deroghe. La prima riguarda tutte e quattro le categorie di dipendenti interessati: coloro che soddisfano i requisiti per la pensione di vecchiaia e anticipata entro il 31 dicembre in corso sono esenti dal taglio. La seconda deroga, di natura strutturale e valida per tutti, esclude da ogni penalità coloro che raggiungono i 67 anni e accedono alla pensione di vecchiaia a partire dal 2024.

La terza deroga riguarda la pensione anticipata a partire dal 2024, quella che si ottiene con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne), indipendentemente dall’età anagrafica. Tuttavia, questa deroga si applica esclusivamente ai medici e agli infermieri. Per ogni mese di permanenza aggiuntiva al lavoro, il taglio viene ridotto di un trentaseiesimo.

In pratica, con tre anni di lavoro aggiuntivo, il ricalcolo basato su coefficienti più penalizzanti (rispetto a quelli molto favorevoli del 1965) si annulla. Questo meccanismo non è disponibile per gli altri lavoratori pubblici coinvolti, che subiscono il taglio per intero: fino a tre anni di contributi persi, con una perdita di 3 mila euro netti all’anno, secondo i calcoli dell’Upb.

La simulazione: quando un operatore sanitario andrà in pensione

Ecco come un operatore sanitario potrebbe raggiungere la Quota 46. Supponiamo che un medico, l’anno prossimo, raggiunga i 42 anni e 10 mesi di servizio e decida di rimanere al lavoro per evitare di subire una riduzione fino al 25% della sua pensione. Se lavora altri tre anni per azzerare il taglio, raggiungerà un totale di 45 anni e 10 mesi di contributi.

Successivamente, nel 2027, dovrà aggiungere sette mesi di finestra (o anche solo tre, se l’Inps riconosce la finestra del 2024 quando ha soddisfatto i requisiti canonici). In questo modo, lasciando l’ospedale dopo aver lavorato 46 anni e 5 mesi, il sanitario avrà ottenuto la cosiddetta Quota 46.