Lavoro e pensioni Quota 100, 102 e 103: l’Inps perde in tribunale

Una sentenza si schiera contro l'applicazione di una norma da parte dell'Inps: la pretesa restituzione degli assegni pensionistici non è sempre dovuta

Foto di Luca Incoronato

Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Una sentenza giudiziaria promette di fare giurisprudenza nel rapporto tra cittadini e Inps. L’Istituto ha infatti avuto la peggio in tribunale e l’intero panorama pensionistico potrebbe subire un contraccolpo. Il caso specifico riguarda il divieto di produrre redditi da lavoro, pur percependo una pensione dovuta a misure flessibili come Quota 100, Quota 102 e Quota 103. Vediamo nel dettaglio cosa è stato sancito.

Lavoro e pensione

I soggetti che hanno accettato un ritiro anticipato, usufruendo delle misure flessibili citate, ovvero Quota 100, Quota 102 e Quota 103, non possono tornare a cumulare redditi da lavoro fino al compimento dei 67 anni. L’unica eccezione accettata riguarda i lavori autonomi, e non senza paletti. Il massimo del guadagno, infatti, deve essere di 5mila euro lordi annui, almeno fino al compleanno indicato.

Una normativa che tale gruppo di pensionati ben conosce e teme. Il motivo? Violare la regola imposta vuol dire essere costretti a restituire i pagamenti pensionistici ricevuti in precedenza. Nel corso degli ultimi anni, però, è stato posto l’accento su differenti episodi che hanno raggiunto le pagine dei giornali.

L’Inps ha infatti applicato questa regola senza alcuna distinzione. Una sorta di meccanismo automatizzato, che non sfrutta in alcun modo il filtro dell’occhio umano. Esiste una differenza tra chi decide di violare la norma in maniera volontaria, cumulando redditi considerevoli, e chi lo fa per errore. Se le retribuzioni sono minime, è giusto che il trattamento punitivo sia identico? In nessun caso si è presa in considerazione l’evidente differenza tra quanto ottenuto da un nuovo lavoro e la mole di denaro da dover restituire. I casi non mancano e sono finiti in tribunale, che oggi offre al cittadino la chance di far valere i propri diritti.

La sentenza del tribunale

Come detto, i casi sono svariati e spesso sono stati lanciati al centro di una discussione nazionale, data l’evidente differenza tra guadagno ottenuto, a volte anche inferiore a 100 euro, e restituzione pretesa.

Nello specifico è divenuto ben noto il caso di un uomo andato in pensione con Quota 100 nel 2020. Dopo aver accettato un ruolo come comparsa, all’età di 63 anni, e avendo lavorato per un giorno, ha ottenuto 78 euro di compenso. Lavoro subordinato e, per questo, irregolare secondo la norma indicata. Ciò ha fatto partire una richiesta di restituzione da parte dell’Inps di 24mila euro.

Arriviamo dunque al Tribunale di Vicenza, che ha emesso una sentenza che promette di fare giurisprudenza in questa materia.

Il riferimento è proprio al caso della comparsata televisiva, valsa 78 euro sul set di Luce dei tuoi occhi. Un’esperienza giocosa al fianco di alcuni amici, che lo ha però trascinato in un incubo legale. I suoi avvocati hanno sostenuto con forza come l’esperienza sul set non potesse essere considerata alla pari di un “reinserimento del ricorrente nel mondo del lavoro, né crea un pregiudizio al sistema di ricambio generazionale, con conseguente illegittimità del provvedimento dell’Inps”.

Motivazioni che hanno convinto il giudice del lavoro Paolo Sartorello ad accogliere il ricorso presentato. Ha reputato compatibili con l’erogazione della pensione con Quota 100 quei redditi di irrisorio importo, che derivano da prestazioni isolate e dal carattere speciale, al punto da differenziarle dal tipico rapporto di lavoro subordinato.

L’Inps perde in tribunale ma, soprattutto, è oggi in una posizione ben differente rispetto a prima nei confronti di contribuenti in condizioni simili. Quanto accaduto nel Tribunale di Vicenza potrebbe inoltre modificare drasticamente il modo in cui sarà applicata la normativa del decreto n.4 del 2019.