Pensione: part time verticale riconosciuto nel calcolo contributi

Le indicazioni nella circolare dell'Inps.

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Redazione

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I periodi non lavorati nei rapporti di lavoro part time verticale o ciclico sono riconosciuti per intero dall’Inps, anche per le gestioni private, nel calcolo dei requisiti di anzianità lavorativa per l’accesso al diritto alla pensione. E’ quanto emerge dalla circolare Inps n. 74 del 4 maggio con la quale l’Istituto ha fornito le indicazioni sulla nuova modalità di calcolo dell’anzianità contributiva, introdotta dal 1° gennaio 2021 dall’articolo 1, comma 350, della Legge di Bilancio.

Cosa cambia

Precedentemente la disciplina previdenziale, ricorda la nota Inps, prevedeva che il parametro di misurazione per i periodi da riconoscere fosse la “settimana retribuita”: il numero dei contributi settimanali da accreditare ai fini delle prestazioni pensionistiche era pari a quello delle settimane dell’anno retribuite, per cui non era consentito l’accredito delle settimane prive di retribuzione.

Tridico

“Il riconoscimento opera per i rapporti di lavoro in essere al momento dell’entrata in vigore della nuova disciplina e per tutta la durata degli stessi, ma anche per i rapporti di lavoro esauriti prima di tale data. Si tratta di una riforma attesa e quanto mai giusta, soprattutto per le donne che devono affrontare periodi di attività ridotta per motivi legati alla maternità o per tutti coloro che abbiano altre esigenze di conciliazione lavoro-famiglia”, commenta il Presidente dell’Istituto, Pasquale Tridico.

Superamento dell’iniquità

Anche l’attuale orientamento giurisprudenziale, sottolinea ancora l’Inps, aveva riconosciuto la necessità che il contratto part time di tipo verticale o ciclico, che concentra l’attività lavorativa in alcune settimane del mese o per alcuni mesi dell’anno alternata a periodi di non attività, fosse equiparato alla generalità dei rapporti di lavoro part time.

In conclusione, in caso di rapporto di lavoro a tempo parziale, anche per le gestioni private, “le settimane saranno valutate per intero, sempre ai fini dell’anzianità di diritto, ferma restando la condizione che la retribuzione accreditata sia pari all’importo minimale di retribuzione previsto per l’anno di riferimento; diversamente, il numero di contributi riconosciuti sarà pari al rapporto tra l’imponibile retributivo annuo e il minimale settimanale pensionistico in vigore nello stesso anno”.

“L’Inps si è fatto parte attiva per il superamento dell’iniqua sperequazione tra lavoratori rispetto al loro futuro pensionistico anche al fine di agevolare le possibili scelte degli individui nelle diverse fasi della propria vita”, conclude Tridico.

In collaborazione con Adnkronos