Pensioni, torna lo “scudo”. Poi Quota 41 per tutti?

Alla fine dell’anno non ci sarà più Quota 102, la soluzione ponte individuata in extremis dal Governo per sostituire Quota 100: le ipotesi in campo

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Redazione

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Corre l’inflazione e le pensioni avranno uno “scudo” più forte del passato per fronteggiare il rialzo dei prezzi. Ma il caro vita rischia di pesare come un macigno sui conti pubblici

Pensioni, torna lo scudo

“Da quest’anno, spiega il Messaggero, è tornato in vigore il sistema di indicizzazione per quote e scaglioni degli assegni: un sistema più favorevole ai pensionati e che prevede il recupero pieno dell’inflazione per chi percepisce un assegno fino a 4 volte il minimo (circa 2.000 euro); una rivalutazione del 90% per la quota tra quattro e cinque volte quella minima e del 75% per quella superiore a 5 volte”. Il meccanismo permette il recupero pieno dell’inflazione sui primi duemila euro anche a chi ha assegni più alti”. Ma, ovviamente, ha un costo per lo Stato. A metterlo nero su bianco l’Upb, l’Ufficio parlamentare di Bilancio, che insieme all’Inps ha presentato un’indagine sui risultati di Quota 100 nel triennio.

Ad oggi, ad esempio, l’indicizzazione delle pensioni all’inflazione costerebbe allo Stato 9 miliardi in più nel corso del 2023 e, in assenza di una frenata dei prezzi al consumo, potrebbero diventare poco meno di 16 miliardi nel corso del 2024 fino a superare i 20,6 miliardi nel 2025.

Quota 102, e poi?

Come noto, tra l’altro, alla fine dell’anno non ci sarà più Quota 102, la soluzione ponte individuata in extremis dal Governo per sostituire Quota 100 nel tentativo di mettere a punto una sintesi che accontenti tutti. E soprattutto evitare di tornare alla Fornero con l’uscita a 67 anni. Non a caso, La riforma delle pensioni è uno dei temi caldi in cima all’agenda di Palazzo Chigi.

“La dinamica della spesa pensionistica, lo stato dei conti pubblici e il contesto macroeconomico attuali suggeriscono la necessità di estrema prudenza nel ricorso a nuovo indebitamento”, avverte intanto la presidente dell’Upb Lilia Cavallari.

Intanto, confermato il flop di Quota 100: tra il 2019 e il 2021 le domande accolte di pensionamento in “Quota 100” sono state poco meno di 380 mila, un numero ampiamente sotto le attese. E si stima che al termine della sperimentazione il totale sarà di circa 450mila. Numeri che permettono di stimare una spesa effettiva di consuntivo sino al 2021 e proiettata dal 22 al 25 – a circa 23 miliardi

Riforma, le ipotesi in campo

I sindacati sono in pressing per una riforma sotto il segno della flessibilità. Al momento, sono tre le possibili riforme in pista. La prima è la cosiddetta “Quota 41” , pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Il costo della riforma, ha spiegato il Presidente dell’Inps Tridico, sarebbe di 18 miliardi nei primi tre anni, quindi decisamente gravosa per le casse dello Stato.

Altra opzione pensionamento a 64 anni con 35 di contributi, e un assegno maturato pari ad almeno 2,2 volte quello minimo. In questo caso, servirebbero 6 miliardi nei primi tre anni.

Infine, quella che è stata ribattezzata l’ipotesi Tridico, che ha un costo di 3, 5 miliardi (più sostenibile da un punto di vista economico): pensionamento a 63 anni con almeno 20 di contributi e un assegno pari a 1,2 volte quello minimo. In questo caso, la pensione verrebbe pagata in due tranche: la quota contributiva a 63 anni, e quella retributiva a 67 anni.