Inps: quanto costerebbe la quota 100 ai cittadini

L'Inps ha stimato quanto potrebbe costare ai cittadini se la quota 100 entrasse in vigore nel 2019: ecco i dati

Con l’insediamento del nuovo governo, è tornata in prima pagina l’ostica questione delle pensioni e la volontà del nuovo governo di voler ristabilire la cosiddetta “quota 100”.

L’Inps ha quindi provato a calcolare che cosa succederebbe se già dal 2019 entrasse in vigore la famosa quota per il pensionamento anticipato. Il calcolo è una stima, in quanto dipende da numerosi fattori, ma secondo lo studio i costi sarebbero tra i 4 e i 14 miliardi di euro all’anno.

L’Istituto ha effettuato alcune simulazioni, in base alle varie ipotesi, in modo da stimare quali potrebbero essere le conseguenze delle modifiche al sistema che regola le pensioni nell’arco di dieci anni. Le stime sono arrivate a indicare 1 milione e 172 mila assegni in più all’anno. Le simulazioni sono state rese pubbliche presentandole nell’Allegato tecnico alla relazione del Rapporto annuale, tenuta dal presidente dell’Inps, Tito Boeri.

La relazione è stata presentata in Parlamento i primi giorni di luglio. Di fatto, le simulazioni sono partite da quattro possibili scenari: al momento manca ancora una formale e precisa proposta normativa, così l’Inps ha creato delle possibili basi di partenza. Il primo scenario prevede il ripristino dei 41 anni di contribuzione per la pensione di anzianità e quota 100 con 64 anni di età minima, con una soglia dei contributi di 35 anni. In questo caso, le conseguenze porterebbero nel 2019 ad avere un costo di 11,6 miliardi di euro per un totale di 596 mila pensioni in più a fine anno. I costi aumenterebbero di anno in anno fino ad arrivare a 18,3 miliardi nel 2028, con assegni pensionistici a 1 milione di euro. Poi, a partire dal 2030, gli oneri si ridimensionano e si trasformano in risparmi intorno al 2040 e una volta a regime, gli effetti della normativa si annullano progressivamente.

Il secondo scenario, prevede uno sbarramento a 65 anni, per una spesa immediata di 10,3 miliardi di euro, che aumenterebbero fino a 16,5 miliardi. Gli esborsi dedicati al pensionamento aumenterebbero da 519 mila a 896 mila. Come terzo scenario, potrebbe presentarsi la situazione con il ritorno ai 41 anni di anzianità e alla quota 100 e 101 per gli autonomi, senza però un requisito di età. In questo caso i costi salirebbero già a 14,4 miliardi in partenza e salirebbero fino a 21 miliardi di euro all’anno nel 2028. Nel 2019 ci sarebbero già 751 mila assegni in più e dopo dieci anni, raggiungerebbero un milione.
“Dall’elaborazione risulta che la modifica normativa comporta un onere complessivo pari a circa 6 punti percentuali rispetto al Pil previsto per l’anno 2018” è scritto nella nota tecnica.

Un quarto scenario prevederebbe invece il raggiungimento della quota 100 con 64 anni minimi di età e il mantenimento delle norme già in vigore riguardo l’anzianità: quindi gli uomini andrebbero in pensione dopo 43 anni e 3 mesi di contributi e le donne dopo 42 anni e 3 mesi. In questo caso la spesa salirebbe nei 12 mesi successivi alla nuova normativa a più 4,6 miliardi fino ad arrivare a 8 miliardi in più nel 2028. In dieci anni quindi il maggior numero di pensioni andrebbe dalle 258 mila alle 450 mila.