La moda italiana, uno dei settori di punta dell’economia del nostro Paese, rischia di essere messa a dura prova delle politiche commerciali di Donald Trump, che ha innescato una vera e propria guerra dei dazi. Tra i settori colpiti, quello del fashion Made in Italy rischia di subire perdite enormi, con conseguenze devastanti per l’intero comparto.
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La guerra dei dazi annunciata da Trump
I dazi decisi dall’amministrazione Trump sui prodotti esportati in Usa hanno scosso profondamente il commercio internazionale. Si tratta di fatto di una vera e propria guerra commerciale, che si estende a oltre 180 paesi e territori, ponendo anche l’industria della moda al centro di uno degli scontri economici più ardui.
Con l’introduzione della cosiddetta tariffa del Giorno della Liberazione, i settori più vulnerabili rischiano di veder lievitare i costi in modo insostenibile, costringendo i consumatori ad affrontare prezzi sempre più elevati.
L’industria della moda non è immune a queste manovre. Le principali aree produttive, tra cui la Cina, il Bangladesh, il Vietnam, il Pakistan e, soprattutto, l’Unione Europea, sono state oggetto di tariffe particolarmente punitive. Per l’industria europea, tra cui quella italiana, si prevede un aumento dei dazi del 20%, con possibili effetti devastanti su un settore già provato dalla pandemia e dalla crisi delle forniture globali.
Le ripercussioni per la moda italiana
L’Italia è uno dei maggiori esportatori mondiali di moda e lusso, e il mercato statunitense è da sempre uno dei suoi principali sbocchi, cresciuto notevolmente negli ultimi anni, con le vendite dirette agli Stati Uniti che rappresentano una fetta importante del totale.
Tuttavia, l’introduzione di tariffe elevate potrebbe mandare in frantumi questo trend positivo. Le prime stime indicano che l’aumento dei dazi potrebbe provocare una riduzione delle vendite, con un impatto diretto sui margini di profitto delle aziende italiane.
Le aziende dovranno affrontare non solo l’aumento dei costi di produzione e distribuzione, ma anche una diminuzione della domanda dei consumatori americani, sempre più sensibili ai prezzi. Se oggi un capo di abbigliamento italiano in America ha un prezzo di vendita relativamente competitivo, l’introduzione di nuovi dazi rischia di spingere questi costi oltre la soglia di sostenibilità per i consumatori, creando una frattura che potrebbe ridurre drasticamente le vendite.
Inoltre, il mercato della moda è sempre stato un campo di battaglia altamente competitivo, con i marchi italiani che hanno dovuto affrontare non solo la concorrenza di brand internazionali, ma anche i cambiamenti nei gusti dei consumatori e le nuove dinamiche dei canali di vendita, soprattutto online.
L’introduzione dei dazi rischia di accelerare la perdita di competitività del Made in Italy, a causa anche di una concorrenza sempre più agguerrita da parte di produttori di altri paesi, che non subiscono gli stessi aumenti tariffari.
Quanto rischia di perdere il settore fashion Made in Italy
Con le nuove politiche tariffarie imposte dal presidente Donald Trump, secondo le stime dell’Associazione Nazionale Calzaturifici Italiani (ANCI) e di Confindustria Moda, le esportazioni italiane di moda negli Stati Uniti potrebbero subire una contrazione significativa, con una riduzione dell’11,9% rispetto all’anno precedente, pari a una perdita economica di circa 357 milioni di euro.
Questa riduzione si inserisce in un contesto più ampio di crescente incertezza, con proiezioni che indicano che, entro il 2027, l’industria della moda potrebbe perdere fino a 1,2 miliardi di euro a causa delle tariffe imposte. Tra i distretti più vulnerabili, quelli calzaturieri e la pelletteria sono i più colpiti, essendo le produzioni di questi settori altamente dipendenti dal mercato statunitense.
L’effetto domino sui mercati e settori correlati
Ma le difficoltà non riguardano solo i brand di moda. Il settore tessile italiano, che ha un ruolo cruciale nella produzione e fornitura dei capi di abbigliamento, subirà un danno collaterale significativo. L’aumento dei dazi non inciderà solo sui prodotti finali, ma anche su tutti i materiali e le forniture che l’industria della moda italiana importa da paesi come la Cina e il Bangladesh, che sono tra i principali fornitori di tessuti e accessori.
Il costo più alto delle materie prime, unito all’aumento dei dazi sull’abbigliamento finito, potrebbe portare a una pressione insostenibile sui margini di profitto e, in ultima analisi, a un rallentamento della produzione o a un aumento generale dei prezzi.
Oltre agli effetti diretti sui dazi, il rischio maggiore derivante dalla guerra commerciale è l’incertezza economica globale che potrebbe far deragliare i consumi. Se il mercato americano, che rappresenta una fetta fondamentale per il lusso italiano, dovesse entrare in recessione, le imprese italiane potrebbero trovarsi ad affrontare una doppia crisi
- aumento dei costi;
- riduzione della domanda.
Il crollo della fiducia dei consumatori potrebbe portare a un ulteriore abbassamento della propensione alla spesa, non solo negli Stati Uniti, ma anche in altri mercati chiave per la moda italiana.