Vendite ferme e scorte in aumento nei supermercati: è crisi per il commercio?

I dati mostrano un cauto ottimismo da parte dei consumatori, ma l'indice di fiducia del commercio al dettaglio è in calo: cosa dice l'Istat

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Pubblicato: 5 Ottobre 2025 17:14

Secondo i dati pubblicati il 26 settembre dall’Istat, sul clima di fiducia di famiglie e imprese, si registra un miglioramento del clima di opinione dei consumatori, mentre l’indice di fiducia delle imprese mostra una sostanziale stagnazione, con alcune criticità evidenti nel commercio al dettaglio.

È proprio in quest’ultimo comparto che emergono segnali preoccupanti, con vendite ferme e scorte in aumento che suggeriscono tensioni nel canale retail, aprendo la discussione sulla possibilità di una vera e propria crisi.

Cosa emerge dai dati dell’Istat

Partiamo dai dati relativi ai consumatori. L’indice di fiducia cresce lievemente da 96,2 a 96,8, con miglioramenti soprattutto nelle opinioni su:

  • situazione economica generale (da 97,0 a 98,8);
  • situazione corrente (da 99,2 a 99,9);
  • aspettative future (da 92,2 a 92,6).

Il clima personale rimane praticamente stabile, a 96,0, segnalando come i cittadini percepiscano una certa prudenza nell’evoluzione delle proprie finanze, nonostante segnali di maggiore ottimismo sull’economia nel suo complesso.

Questo scenario, tuttavia, non si traduce automaticamente in un aumento delle vendite al dettaglio. Nel comparto retail, l’indice di fiducia cala da 102,7 a 101,6, e qui emerge un paradosso significativo:

mentre le attese sulle vendite aumentano, i giudizi sull’andamento effettivo delle vendite peggiorano e le scorte di magazzino crescono.

Questo fenomeno è indicativo di un problema strutturale più che stagionale.

Vuol dire che i supermercati e i negozi stanno accumulando prodotti, ma la domanda reale dei consumatori non cresce di pari passo. Supermercati e discount si trovano con scaffali pieni e vendite stagnanti, un mix che può generare pressioni sui margini e rischi di svalutazione delle scorte.

Perché si verifica questo squilibrio?

Le cause che alimentano questa situazione sono diverse:

  • la fiducia dei consumatori, pur in crescita, è ancora influenzata dalle incertezze macroeconomiche e dal carico fiscale che grava sulle famiglie italiane – gli italiani appaiono più cauti negli acquisti, soprattutto quelli più consistenti, pur non rinunciando del tutto a beni e servizi;
  • le imprese del commercio al dettaglio stanno reagendo a segnali di ripresa futura con una maggiore disponibilità di scorte, sperando di intercettare la domanda quando questa si concretizzerà – questo meccanismo, però, produce un eccesso di offerta nel breve termine, che può pesare sul capitale circolante e sul rendimento economico delle attività.

Sarebbe un errore considerare questo fenomeno isolato all’Italia, perché riflette anche tendenze più ampie nel settore retail in ambito internazionale.

La digitalizzazione, l’e-commerce e i cambiamenti nei comportamenti di consumo hanno modificato profondamente il modo in cui i cittadini si approcciano agli acquisti.

I supermercati tradizionali devono competere con canali alternativi, spesso più convenienti e flessibili. Tuttavia, se le vendite non crescono in modo proporzionale, la strategia rischia di diventare controproducente, generando costi aggiuntivi legati alla gestione dell’inventario e a eventuali sconti o svendite.

Siamo di fronte a una crisi del commercio al dettaglio?

Alla luce di questi dati, possiamo porci la domanda cruciale: siamo di fronte a una crisi del commercio al dettaglio? La risposta richiede sfumature. Non si tratta di una crisi strutturale irreversibile, ma di una fase di adattamento del settore a nuove dinamiche di consumo, accompagnata da segnali di stagnazione temporanea.

L’aumento delle scorte e la diminuzione dei giudizi sulle vendite indicano difficoltà nel tradurre la fiducia dei consumatori in domanda effettiva, ma non segnano un crollo sistemico.

Le famiglie preferiscono bilanciare le spese quotidiane con la gestione delle scorte domestiche, evitando acquisti impulsivi.

Tuttavia, se questa situazione si protrae per lungo tempo, potrebbe generare tensioni finanziarie per molte imprese, soprattutto quelle di dimensioni medio-piccole che hanno meno capacità di assorbire gli stock e gestire la liquidità.