La spesa degli italiani è cambiata profondamente nel corso degli ultimi anni, soprattutto a seguito della crisi causata dalla pandemia e dell’aumento dei prezzi per via dell’inflazione e i costi energetici in rialzo.
Secondo gli ultimi dati analizzati dal Centro di formazione e ricerca sui consumi (C.r.c.) in collaborazione con Assoutenti, la spesa media delle famiglie italiane è diminuita del 9,1% in termini reali rispetto al periodo pre-Covid, con una riduzione particolarmente evidente in alcune voci fondamentali come casa, abbigliamento e alimentari.
Indice
La crisi del potere d’acquisto: le voci più colpite
Quello che emerge dal report è che, nel 2023, la spesa media mensile di una famiglia italiana ha toccato i 2.738 euro, con un aumento nominale del 7% rispetto al 2019. Tuttavia, l’inflazione che ha segnato il nostro Paese nel periodo 2022/2023, superando il 16%, ha eroso il potere d’acquisto dei consumatori. Ciò ha avuto un impatto diretto sul volume degli acquisti, che è diminuito, seppur lievemente (-0,4%) nel 2024.
Tra i settori più colpiti dai tagli troviamo innanzitutto la casa, con una riduzione della spesa del 33%. Il motivo principale è da ricercare nell’aumento dei costi delle utenze che ha costretto le famiglie a ridurre altre spese, come quelle relative alla manutenzione della propria abitazione o a investimenti in nuovi arredi o elettrodomestici.
Inoltre, le politiche di incentivi fiscali (come il Superbonus e altri eco-incentivi) hanno permesso alle famiglie di effettuare lavori di efficientamento energetico e ristrutturazione della casa riducendo la necessità di ulteriori investimenti privati.
A seguire troviamo la spesa per abbigliamento e calzature che ha subito una contrazione del 16,5% in termini reali. Gli italiani hanno ridotto gli acquisti di vestiti, privilegiando abbigliamento più economico, spesso acquistato online, approfittando delle offerte sui siti di e-commerce che hanno visto una vera e propria “guerra dei prezzi”.
Un fenomeno simile si è verificato nel settore dell’auto, dove la spesa è calata del 15,8%, con molti italiani che si sono rivolti al mercato dell’usato a causa dei prezzi elevati (un’auto nuova costa 30mila euro) e dei lunghi tempi di attesa per i veicoli nei concessionari.
Il caro prezzi incide sui consumi alimentari
Il comparto alimentare non è stato immune da questa riduzione della spesa. Sebbene la spesa alimentare media sia aumentata nominalmente, in termini reali si registra una diminuzione del 8,6% rispetto al periodo pre-Covid, con alcuni alimenti hanno subito un abbassamento dei consumi davvero drastico.
Oli e grassi, ad esempio, hanno visto una contrazione delle vendite del 36%, un dato che si inserisce nel contesto della forte inflazione legata alla guerra in Ucraina.
I prodotti ittici e i vegetali sono scesi rispettivamente del 22% e 21,5%, mentre i consumatori hanno continuato a spendere per cibi meno costosi come cioccolato e dolciumi (quasi invariati) e, in controtendenza, caffè e tè, con una spesa che è cresciuta del 12,7%.
Attenzione al prezzo e ai discount
I dati forniti di fatto evidenziano un cambiamento nelle abitudini degli italiani, che sono diventati sempre più attenti ai prezzi e al risparmio. A prova di questo, le vendite nei discount sono aumentate del 40% dal 2019 al 2024, un fenomeno che indica come i consumatori abbiano iniziato a privilegiare il risparmio rispetto alla qualità, cercando di acquistare beni di prima necessità a prezzi inferiori.
Le abitudini di acquisto degli italiani si sono quindi adattate alla nuova realtà economica, caratterizzata da una crescente inflazione, ma anche da un cambiamento nelle priorità di spesa.
Nessuna rinuncia su viaggi e ristoranti
Per esempio, anche se la casa, l’abbigliamento e l’auto sono state le voci su cui si è risparmiato di più, allo stesso tempo le vacanze e i ristoranti hanno visto una crescita delle spese, segno che, nonostante i sacrifici, gli italiani non rinunciano al piacere di viaggiare e socializzare, anche se in maniera più contenuta.
I cambiamenti nella spesa riflettono cioè un profondo adattamento delle famiglie italiane alle difficoltà economiche, ma anche una volontà di non rinunciare completamente a determinati piaceri.
Secondo Assoutenti, questo non va interpretato come un segno di privazione generalizzata, ma piuttosto come un’indicazione di come gli italiani siano riusciti a riadattare le proprie priorità, ottimizzando la spesa pur mantenendo la qualità della vita in alcune aree chiave.