I neo-laureati in Italia oggi hanno qualche possibilità in più di trovare lavoro, ma rimangono arenati in retribuzioni che a causa dell’inflazione risultano più basse. È il quadro emerso dall’ultimo rapporto di AlmaLaurea che anche quest’anno ha tracciato il ventaglio delle opportunità lavorative entro cinque anni dal conseguimento del diploma universitario.
Il rapporto AlmaLaurea
Lo studio prende in esame la condizione occupazionale dei laureati di 78 atenei, tracciando il profilo di 281 mila usciti dall’università nel 2022 e analizzando le opportunità di lavoro per di 670mila dottori (qui abbiamo spiegato come il Covid ha cambiato il lavoro).
In generale, l’analisi evidenzia come il 62,5% degli intervistati abbia concluso il percorso universitario nei tempi previsti dagli ordinamenti, facendo segnare un abbassamento dell’età media di laurea (25,6 anni) e voti più alti (in media, 104/110).
Secondo la ricerca, inoltre, nell’anno passato si è rilevata una capacità di assorbimento del mercato del lavoro migliore non solo rispetto al 2021, ma anche in confronto a prima della pandemia, al punto da far registrare i più alti livelli occupazionali dell’ultimo decennio, tra i laureati sia di primo sia di secondo livello, entro però il periodo di cinque anni.
Il tasso di occupazione a un anno dalla laurea risulta del 75,4% per chi esce dalla triennale e al 77,1% tra magistrali e a ciclo unico. A cinque anni dal conseguimento del titolo di studi, le percentuali salgono rispettivamente al 92,1% e all’88,7% (qui la classifica delle migliori università al mondo e in Italia).
In media, a un anno dalla laurea la retribuzione netta è pari a 1.332 euro per il primo livello e a 1.366 euro per il secondo livello, ma a causa del carovita determinano un potere d’acquisto più basso del 4,1% per i primi e del 5,1% per i secondi.
A cinque anni dal titolo la retribuzione mensile netta è pari a 1.635 euro per i laureati triennali e a 1.697 euro per magistrali e a ciclo unico, con una diminuzione delle retribuzioni reali rispetto al 2021 del 2,4% e del 3,3 per cento. (qui per sapere quali sono i lavori più cercati nell’estate 2023).
Il divario regionale e di genere
Le criticità nella ricerca del lavoro segnalata dai laureati coinvolti nell’indagine rimangono le stesse e riguardano i divari territoriali e di genere.
A parità di condizioni, a un anno dall’ottenimento del titolo di studi, gli uomini hanno l’11,7% di possibilità in più di trovare lavoro rispetto alle donne e guadagnano in media circa 70 euro in più al mese. Le laureate, nonostante rappresentino la maggioranza (59,7%), diminuiscono nel passaggio dal primo al secondo livello di studi universitari e, ancora di più, nel passaggio al dottorato, nel quale rappresentano il 49,1%.
La forbice retributiva è altrettanto larga tra il Nord e il Sud Italia: rispetto al Mezzogiorno, chi lavora al Settentrione percepisce in media 101 euro mensili netti in più, mentre chi lavora al Centro 53 euro in più.
La differenza diventa abissale tra chi, uscito dall’Università, decide di andare a trovare fortuna all’estero, dove si guadagnano 600 euro netti mensili in più rispetto alle regioni meridionali.
Il fenomeno della fuga del Sud sta diventando negli anni sempre più allarmante: parte quasi uno studente su tre (28,6 per cento) con una percentuale salita di oltre il 20 per cento in dieci anni.
Tendenza ancora più accentuata quando i laureati se ne vanno dal Mezzogiorno in cerca di lavoro altrove: uno su tre (33,3% ) per i laureati di primo livello e uno su due (47,5%) per quelli di secondo livello.