La fusione tra Ubs e Credit Suisse continua a produrre strascichi in tutto il panorama bancario. L’ultimo capitolo è stato scritto dalla Procura federale svizzera, che ha aperto un’inchiesta sulle fughe di notizie precedenti l’annuncio dell’accordo. Le conseguenze rischiano però di estendersi anche alla situazione occupazionale di migliaia di dipendenti (le banche italiane e europee a rischio crollo? Cosa può succedere).
“Vista la rilevanza degli eventi”, il procuratore federale “intende adempiere in modo proattivo al suo mandato e alla sua responsabilità di contribuire a una piazza finanziaria svizzera pulita e ha istituito un sistema di monitoraggio al fine di adottare misure immediate in caso di qualsiasi circostanze che rientrano nella sua giurisdizione”, ha riferito l’Autorità.
Rischio maxi licenziamenti: 36mila a rischio
In attesa dell’insediamento definitivo del nuovo Ceo Sergio Ermotti, Ubs potrebbe tagliare una percentuale di posti di lavoro compresa tra il 20 e il 30%, vale a dire tra i 25mila e i 36 mila dipendenti su un totale di 120mila. Il nuovo merger bancario vedrà la defezione di 11mila posti nella sola Svizzera. Il tutto come scotto del salvataggio di Credit Suisse da parte di Ubs (che investirà circa 3 miliardi di dollari) e del governo svizzero (che sborserà più di 9 miliardi di dollari per sostenere alcune perdite che Ubs potrebbe registrare nell’acquisizione). A tutto questo si aggiungono altri 200 miliardi di dollari di liquidità da parte della Banca nazionale svizzera (crolla anche Deutsche Bank: cosa rischiano gli italiani).
L’effetto più grave per i lavoratori sarà il taglio occupazionale, come riportato dal giornale svizzero SonntagsZeitung. Già prima del salvataggio, Credit Suisse aveva annunciato l’esubero di 9mila posti. A fine 2022, Credit Suisse e Ubs contavano circa 125mila lavoratori, di cui circa il 30% del totale in Svizzera. E, secondo gli analisti,c’è già chi è alla porta per accaparrarsi i migliori banchieri e gestori patrimoniali con esperienza che rischiano di essere licenziati: Deutsche Bank, Citigroup, JP Morgan Chase & Co.
L’inchiesta svizzera su Credit Suisse
Nel mirino della Procura federale elvetica sono finite le anticipazioni dei media internazionali, giunte prima della conferenza stampa ufficiale del Consiglio federale del 19 marzo, giorno dell’acquisizione di Credit Suisse da parte di Ubs. Le informazioni riguardavano le misure d’emergenza adottate dalle autorità svizzere per salvare la seconda maggiore banca del Paese e dell’offerta di acquisto. I media hanno citato persone vicine al dossier e alle trattative, condotte a porte chiuse. Da qui la decisione delle autorità di indagare.
Il procuratore federale non ha specificato i destinatari delle indagini: funzionari governativi, dirigenti di banca o giornalisti? La scorsa settimana l’autorità di regolamentazione finanziaria, la Finma, ha dichiarato di stare “esplorando opzioni” su come ritenere responsabili i dirigenti sospettati di aver gestito in maniera negligente i rischi che hanno portato al “quasi fallimento” di Credit Suisse. L’azionista senior Norges Bank Investment Management, il fondo sovrano norvegese, in vista della prossima assemblea ha già annunciato che voterà contro la rielezione di diversi amministratori di Credit Suisse, compreso il presidente, Axel Lehmann.
I riflettori sono stati accesi su sospetti di spionaggio aziendale e violazioni delle leggi sul segreto bancario, dopo che un gruppo di reporter aveva riferito di una fuga di notizie che descriveva in dettaglio le proprietà di 18mila facoltosi titolari di conti bancari nel Paese.