Aiuti Covid, annunciati recuperi INPS: chi dovrà restituirli

Qualcuno potrebbe dover restituire gli aiuti Covid ricevuti durante la pandemia: l’Inps, con il suo ultimo messaggio, ha chiarito i casi e le modalità di recupero delle somme

Qualcuno potrebbe dover restituire gli aiuti Covid ricevuti durante la pandemia, lo ha confermato l’Inps, con il messaggio n. 3179 del 29 agosto 2022, chiarendo anche i casi e le modalità di recupero delle somme.

Vediamo, nello specifico, chi sono i soggetti coinvolti.

Aiuti Covid, quali si dovranno restituire all’Inps

La comunicazione Inps di fine agosto non riguarda tutti gli aiuti erogati durante il lockdown, ma regolarizza il recupero delle somme erogate a titolo di anticipo del 40% dei trattamenti di cassa integrazione guadagni ordinaria, in deroga e dell’assegno ordinario dei Fondi di solidarietà bilaterali con causale “COVID-19”, introdotti dalla normativa emergenziale emanata per fare fronte alla crisi sanitaria in Italia, a seguito del blocco delle attività imprenditoriali e dello stop di molti lavoratori costretti a rimanere a casa.

Bisogna però fare una premessa, fare cioè un passo indietro, e ricordare che, in fase di prima applicazione di questo specifico sostegno, per assicurare la tempestiva erogazione dell’anticipo in questione, i pagamenti sono stati effettuati sulla base di un procedimento di pre-istruttoria automatizzata che ha consentito all’Istituto previdenziale di erogare l’anticipo del 40% anche nei casi in cui l’autorizzazione alla prestazione principale non fosse ancora stata emessa.

Questa fase di gestione transitoria si è conclusa ad aprile 2021, di conseguenza, a partire da maggio 2021, l’anticipo è stato erogato solo a seguito dell’intervenuta autorizzazione della domanda di integrazione salariale a pagamento diretto con richiesta di anticipo del 40%.

Successivamente l’Istituto poi deciso di procedere con le verifiche, indagando sulle somme indebitamente percepite.

Le ipotesi di erogazione indebita: quando scatta il recupero Inps degli aiuti erogati durante l’emergenza Covid

Con il suo ultimo messaggio l’Inps ha riepilogato le ipotesi che rientrano nei casi di “erogazione indebita a titolo di anticipo del 40% della prestazione di integrazione salariale”, illustrando anche le modalità operative con le quali l’Istituto effettuerà il conseguente recupero nei confronti dei datori di lavoro degli importi indebitamente erogati.

Ora, in base alla normativa emergenziale che ha disciplinato i trattamenti di integrazione salariale con casuale “COVID-19” (qui le regole), il datore di lavoro doveva inviare all’Inps le richieste di pagamento, con tutti i dati necessari per il saldo dell’integrazione salariale, entro la fine del mese successivo al termine del periodo di integrazione salariale autorizzato oppure, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dalla notifica del provvedimento di concessione, salvo termini di decadenza diversi eventualmente previsti dalla normativa vigente pro tempore. Trascorsi inutilmente il periodo indicato come perentorio, il pagamento della prestazione e gli oneri a essa connessi rimanevano a carico dell’impresa o dell’azienda che le aveva percepite inadempiente e, conseguentemente, le somme eventualmente erogate ai lavoratori a titolo di anticipo considerate indebite e recuperate in capo al datore di lavoro.

È in questi casi che, come già riportato nella circolare n. 78/2020, l’Inps procede al recupero nei confronti del datore di lavoro degli importi erogati a titolo di anticipo del 40%, che sono considerati “non dovuti” al verificarsi di uno dei seguenti motivi:

  • è stato anticipato un importo superiore a quello effettivamente dovuto a titolo di saldo sulla base delle richieste di pagamento (flussi SR41/UNIEMENS CIG) inviate entro i termini di decadenza;
  • sono stati anticipati importi in favore di lavoratori a cui non è mai stato liquidato il saldo, perché non dovuto o perché non è pervenuta all’Istituto nessuna richiesta di pagamento entro i previsti termini di decadenza.

Inoltre, ha specificato l’Inps nel suo messaggio: “Nei casi di erogazioni dell’anticipo del 40% effettuate, in fase di prima applicazione, a prescindere dall’avvenuta autorizzazione della domanda di integrazione salariale, si procederà al recupero nei confronti del datore di lavoro anche di tutti i pagamenti effettuati con riferimento a domande che siano state annullate o destinatarie di un provvedimento di reiezione”.

Come dovranno essere restituite le somme all’Inps

Nel caso in cui, all’esito delle verifiche effettuate, emergesse in questo caso che le somme erogate sono state indebitamente pagate, l’Inps procede alla notifica di apposita comunicazione di debito nei confronti dei datori di lavoro.

A questo punto, entro 60 giorni dal ricevimento di tale comunicazione, il datore di lavoro dovrà restituire la somma dovuta tramite avviso di pagamento PagoPA (qui vi spieghiamo come funziona e i servizi a cui è possibile accedere grazie al sistema).

Le modalità di pagamento attive per la restituzione sono le seguenti:

  • accedendo al Portale dei Pagamenti del sito inps.it, tramite il pagamento online pagoPA, utilizzando la carta di credito/debito, il conto corrente o altri metodi di pagamento innovativi;
  • utilizzando l’App IO e i dati dell’Avviso di Pagamento ricevuto o visualizzato dal Portale dei Pagamenti;
  • utilizzando l’avviso di Pagamento PagoPA, generato dal Portale dei Pagamenti del sito inps.it, accedendo al servizio di interesse, si possono effettuare i pagamenti direttamente sul sito del Portale dei Pagamenti o attraverso i canali sia fisici che online di banche e altri Prestatori di Servizi di Pagamento (PSP);

Alcuni PSP attraverso i quali possa effettuarsi il pagamento dell’avviso sono:

  • le agenzie della banca;
  • utilizzando l’home banking del PSP stesso, riconoscibili dai loghi CIBIL PagoPA (il codice CBILL assegnato ad INPS è AAQV6);
  • gli sportelli ATM abilitati delle banche;
  • gli esercenti convenzionati con i PSP aderenti al sistema PagoPA (bar, edicole, ricevitorie, tabaccherie, farmacie e supermercati);
    gli Uffici Postali.

Per i crediti superiori a 100 euro, il pagamento potrà essere dilazionato. Per accedere alla restituzione rateizzata non occorre presentare alcuna domanda, infatti, il sistema proporrà in automatico all’utente entrambe le modalità di restituzione: in unica soluzione o in forma rateizzata.

In caso di pagamento rateale:

  • le rate mensili correnti non possono essere di importo inferiore a 60 euro, fatta salva la rata finale;
  • la durata della stessa non può essere superiore a 24 mensilità;
  • le rate successive alla prima hanno una scadenza a 30 giorni dalla data di scadenza della precedente.

La scelta della modalità di restituzione in forma dilazionata, una volta effettuato il pagamento della prima rata, non è più revocabile.

Per entrambi i casi di restituzione dell’indebito, la somma da restituire non viene gravata di alcun interesse, tuttavia, in caso di mancato pagamento della somma indebita entro 60 giorni dalla notifica della comunicazione di debito o, nei casi di pagamento rateizzato, di mancato versamento di due rate consecutive, i crediti verranno richiesti, maggiorati di interessi, tramite avviso di addebito con valore di titolo esecutivo. L’avviso di addebito sarà contestualmente consegnato all’Agenzia delle Entrate – Riscossione per l’avvio delle attività di recupero coattivo.