Lavoro, ricambio generazionale: quando e perché è meglio evitarlo

Secondo l'Osservatorio dei consulenti del lavoro non sempre va bene: può essere una opportunità per i lavori a bassa specializzazione ma non per quelli a più alta

Si discute molto di turnover e di ricambio generazionale, ma non sempre la sostituibilità tra pensionati e giovani alla prima esperienza lavorativa appare la soluzione più opportuna e spesso è strettamente legata al tipo di professione ed al settore economico.

Ne deriva che le politiche di pensionamento anticipato avranno un diverso impatto e non sempre si tradurranno in maggiori possibilità di occupazione giovanile, specie in un mercato del lavoro rigido e poco flessibile come quello italiano.

“Misure di uscita anticipata dal mercato del lavoro non sempre producono gli effetti sperati. Spesso accade il contrario, soprattutto nel settore privato” sottolinea il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca.

E’ quanto emerge dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro intitolato “Il ricambio generazionale  dell’occupazione”, in base al quale sarà una scelta vincente per i lavori poco qualificati, ma non per le professioni più qualificate. Ecco allora una classifica delle professioni “sostituibili” e “non sostituibili”:

COMMERCIO E TERZIARIO PIU’ INCLINI AL TURNOVER – Tra le professioni dove si registra il maggiore ricambio occupazionale ci sono innanzitutto le attività commerciali e i servizi (+358 mila il saldo fra ingressi e pensionamenti). Un barista o un commesso può infatti essere sostituito con un lavoratore di qualsiasi età, ma se è giovane costa meno. E così nel turismo, in particolare nel settore dell’accoglienza (+9 mila). E ancora vanno bene programmatori (+11 mila), disegnatori industriali (+9 mila), esperti in applicazioni informatiche (+7 mila), ma non tecnici bancari (-2 mila).

MANAGER E RICERCATORI INSOSTITUIBILI – Si registra un saldo negativo che sta a significare maggiori pensionamenti rispetto agli ingressi fra legislatori, imprenditori e alta dirigenza (-48 mila), ma anche per professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione (-48 mila), per impiegati (-27 mila), conduttori di impianti, operai di macchinari fissi e mobili e conducenti di veicoli (-45 mila) e per i militari (-3 mila).

Il rapporto si focalizza inoltre sul livello d’istruzione degli anziani pensionati, nettamente inferiore a quello dei giovani alla prima esperienza di lavoro:  oltre la metà dei pensionati (51,1%) ha conseguito al massimo la licenza media (il 18% al massimo la licenza elementare), un terzo è diplomato (34%) e solo il 14,9% è laureato. La quota con titolo terziario tra i giovani (26,5%) è superiore di 12 punti percentuali a quella degli anziani, oltre la metà è diplomato (53,9%) e il 19,7% ha conseguito al massimo la licenza media. Il differente livello d’istruzione e di esperienza lavorativa, le diverse attitudini verso la tecnologia e le competenze trasversali maturate non consentono di prevedere che la diminuzione dell’età pensionabile porti all’assunzione di giovani, perché più probabilmente si assumeranno lavoratori adulti che hanno le stesse caratteristiche e skill di quelli che devono essere sostituiti.