Ricambio generazionale, come favorirlo? Ecco 2 indagini interessanti

Il cd. turnover è mirato a portare forze fresche, e debitamente formate, in azienda, ma quando è più facilmente attuabile?

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Redazione

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Si discute molto di turnover e di ricambio generazionale, ma non sempre la sostituibilità tra pensionati e giovani alla prima esperienza lavorativa appare la soluzione più opportuna, o più facilmente attuabile, e spesso è strettamente legata al tipo di professione ed al settore economico.

Ne deriva che le politiche di pensionamento anticipato avranno un diverso impatto e non sempre si tradurranno in maggiori possibilità di occupazione giovanile, specie in un mercato del lavoro rigido e poco flessibile come quello italiano.

“Misure di uscita anticipata dal mercato del lavoro non sempre producono gli effetti sperati. Spesso accade il contrario, soprattutto nel settore privato” ha sottolineato il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca. E’ quanto è emerso alcuni anni fa dall’interessante report dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro intitolato “Il ricambio generazionale  dell’occupazione”. Quest’ultimo sarebbe una scelta vincente soprattutto per i lavori poco qualificati, ma non per le professioni che richiedono maggiore preparazione.

Vediamo allora insieme quali informazioni emergono da questa indagine e la classifica delle professioni “sostituibili” e “non sostituibili”. Lo faremo tenendo conto dei numeri di cui all’indagine appena citata, ma anche evidenziando gli ultimi dati Istat, presentati lo scorso anno, in occasione dell’evento PM Day: PANdA 2023.

Ricambio generazionale negli ultimi anni, bene commercio e terziario

La cd. staffetta generazionale può riservare grandi opportunità al giovane laureato o diplomato, senza esperienza, che ambisce a lavorare in una certa azienda, mentre per i lavoratori anziani rappresenta un’occasione di condivisione di conoscenze utile a trasferire quel know-how determinante per il profitto.

Secondo l’indagine svolta dall’Osservatorio nel 2019, i settori del commercio e del terziario erano quelli con maggior propensione al turnover. Infatti, tra le professioni dove si registrava il maggiore ricambio occupazionale c’erano innanzitutto le attività commerciali e i servizi (+358 mila il saldo fra ingressi e pensionamenti).

Un barista o un commesso può infatti essere sostituito con un lavoratore di qualsiasi età, ma se è giovane costa meno. Analoga considerazione vale per il turismo, in particolare per il settore dell’accoglienza (+9 mila). E ancora numeri positivi per programmatori (+11 mila), disegnatori industriali (+9 mila), esperti in applicazioni informatiche (+7 mila), ma non tecnici bancari (-2 mila). Per queste ultime figure, infatti, l’indagine indicava un segno meno alla voce ricambio generazionale.

Manager e ricercatori (quasi) insostituibili

Salendo con il livello di competenze ed abilità in ufficio, invece, il ricambio generazionale non mostrava valori positivi. Infatti i ricercatori e i manager si sono rivelati, molto spesso, insostituibili. Il rapporto summenzionato ha evidenziato così un saldo negativo, che sta a significare maggiori pensionamenti rispetto agli ingressi fra giuristi, imprenditori e alta dirigenza (-48 mila), ma anche per professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione (-48 mila), per impiegati (-27 mila), conduttori di impianti, operai di macchinari fissi e mobili e conducenti di veicoli (-45 mila) e per i militari (-3 mila).

Il livello di istruzione dei pensionati

Il rapporto dell’Osservatorio ha mostrato altri dati interessanti, focalizzandosi sul livello d’istruzione degli anziani pensionati, nettamente inferiore a quello dei giovani alla prima esperienza di lavoro. Infatti, oltre la metà dei pensionati (51,1%) ha conseguito al massimo la licenza media (il 18% al massimo la licenza elementare), un terzo è diplomato (34%) e solo il 14,9% è laureato.

La quota con titolo terziario tra i giovani (26,5%) veniva indicata superiore di 12 punti percentuali a quella degli anziani, oltre la metà ha ottenuto il diploma (53,9%), e il 19,7% ha conseguito al massimo la licenza media.

Teoricamente questa differenza di formazione a favore dei giovani dovrebbe favorire il ricambio generazionale nelle aziende e nei luoghi di lavoro, ma non è esattamente così. Il rapporto dell’Osservatorio, infatti, ha rilevato che il differente livello d’istruzione e di esperienza lavorativa, le diverse attitudini verso la tecnologia e le competenze trasversali più probabilmente spingeranno ad assumere lavoratori adulti, con le stesse caratteristiche e skill di quelli che devono essere sostituiti. A fare la differenza, dunque, potrebbe non essere il titolo di studio in sé, ma l’effettiva compatibilità tra il proprio profilo e un determinato ruolo dell’organico aziendale.

L’indagine Istat 2023 sul ricambio generazionale in azienda

Quelli appena ricordati sono numeri e percentuali relative ad alcuni anni fa ed al periodo pre-pandemia, ma oggi la situazione a livello di turnover qual è? Ci aiuta a capirlo l’indagine Istat presentata all’evento “LM Day: PaNDA2023”. Nell’occasione l’istituto ha avuto modo di precisare che il ricambio generazionale è stato, di fatto, azzerato e la struttura della popolazione attiva è oggi assai squilibrata: vi sarebbero infatti ben 143 senior per 100 junior.

Ma l’Istat fa altresì notare che, in positivo, c’è un rovescio della medaglia. Infatti, se viene considerato il tasso di occupazione giovanile della fascia 15-24 anni, nel nostro paese è salito del 13% nel 2022 rispetto al 2021 e del 5% per la fascia 25-34 anni.

Spicca questa considerazione dell’istituto: l’area che raggruppa i settori dei servizi, del terziario avanzato, profit e non profit, costituirà il bacino in cui, a livello nazionale, i nuovi lavoratori – nei prossimi anni – troveranno maggiori opportunità di impiego – di fatto agevolando il ricambio generazionale o turnover in azienda.

I giovani, debitamente formati, potranno altresì sfruttare i vantaggi della trasformazione digitale in corso, sia nel settore privato che in quello pubblico, perché avranno chance di svolgere professioni altamente specializzate e con poche risorse ‘anziane’. Ciò favorirà un ricambio con il segno più, perché saranno maggiori i lavoratori giovani che svolgeranno, ad es., una certa attività tecnologica (come nel campo dell’intelligenza artificiale), rispetto a coloro che, pur esperti (e prossimi alla pensione), non hanno un certo tipo di competenze.

Come favorire il ricambio generazionale in azienda

Il rapporto dell’Osservatorio, insieme all’indagine Istat appena menzionata, hanno fornito delle indicazioni interessanti e dei validi spunti per interpretare la complessità del mercato del lavoro e delle modalità, con cui attuare il ricambio generazionale o turnover in ufficio. E in ua altro nostro articolo abbiamo già parlato dell’effettiva staffetta generazionale di cui all’accordo BNL.

A ciò si aggiunge quanto recentemente ricordato dal noto quotidiano Il Sole 24 Ore che si è posto la domanda relativa a quali iniziative attuare in azienda, e quali strumenti utilizzare, per favorire il ricambio generazionale. Ebbene i mezzi per questo scopo sono certamente più d’uno, comprendendo iniziative tecnologiche e digitali e proposte specifiche come workshop, eventi e attività di team building per costruire un gruppo di lavoro coeso. E presentarsi a questi eventi con un CV redatto a regola d’arte aumenterà ovviamente le chance di essere assunto.

Di fatto, si tratta di iniziative che consentono di creare un ambiente davvero inclusivo e dinamico, con l’abbattimento delle barriere gerarchiche e ‘generazionali’, favorendo anzi un confronto diretto come pure la condivisione di conoscenze tra lavoratori anziani ed esperti e lavoratori giovani e specializzati. Il clima che si creerà sarà più piacevole e minori saranno i rischi di burnout.

Non solo. Un’azienda che si mostrerà particolarmente attenta a queste iniziative di ‘raccordo’ tra generazioni e, in sostanza, mirate a favorire il turnover, potrà più facilmente attrarre i migliori talenti, aumentando le proprie chance di restare competitiva sul mercato, nel lungo termine.