Reddito di Cittadinanza, chi può rifiutare di andare a lavorare e perché

Reddito di Cittadinanza, da oggi diventa obbligatorio lavorare per i Comuni

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Alessandra Di Bartolomeo

Giornalista di economia

Giornalista esperta di risparmio, ha maturato una vasta esperienza nella divulgazione di questioni economiche.

Il Reddito di Cittadinanza è un sostegno economico destinato alle famiglie in difficoltà, finalizzato al reinserimento nel mondo del lavoro e all’inclusione sociale. Questo beneficio viene erogato mensilmente tramite una nuova carta elettronica, la Carta RdC, e rappresenta un’importante risorsa per coloro che si trovano in situazioni di disagio economico.

Mercoledì 8 gennaio 2020, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministero del Lavoro, è partita ufficialmente la fase due del Reddito di Cittadinanza che coinvolge le Amministrazioni Locali. Da oggi, secondo quanto stabilito dalla legge, i beneficiari del sussidio saranno chiamati a lavorare per il loro Comune, attraverso il coinvolgimento – obbligatorio – nei cosiddetti Puc, ovvero i Progetti di Pubblica Utilità.

Le novità del Reddito di Cittadinanza

Come i ben informati sapranno, i destinatari del Reddito di Cittadinanza, in cambio dell’aiuto economico che lo Stato riconosce a loro e alle loro famiglie, sono chiamati a sottoscrivere il Patto per il lavoro e il Patto per l’inclusione sociale. Si tratta di un impegno che essi prendono nei confronti dei Centri dell’Impiego che, a loro volta, hanno il compito di orientare e avviare professionalmente chi è in possesso della card RdC.

La novità che è stata introdotta in Gazzetta in questi giorni, come anticipato sopra, riguarda però il coinvolgimento dei Comuni, che adesso potranno servirsi dei percettori del Reddito di Cittadinanza per la realizzazione di progetti e lavori di pubblica utilità avviati all’interno del proprio territorio e pensati per migliorare la vita della collettività ivi residente.

Questo rientra tra gli impegni che i soggetti che ricevono il sussidio devono preoccuparsi di rispettare una volta firmato il Patto per il lavoro e il Patto per l’inclusione sociale. Il mancato rispetto di tale dovere comprometterà la loro posizione, fino a fargli perdere il diritto ai soldi erogati mensilmente nella card.

Chi è esonerato dal Patto per il Lavoro e l’inclusione sociale

Per ricevere il Reddito di cittadinanza, come tutti sapranno, è necessario soddisfare alcune condizioni. Queste includono la disponibilità immediata al lavoro, l’adesione a un percorso personalizzato per l’inserimento nel mondo del lavoro e l’inclusione sociale, che può comportare attività di servizio alla comunità, formazione professionale o il completamento degli studi. Tali disposizioni riguardano gli adulti del nucleo familiare che non sono impiegati e non stanno seguendo corsi di studio regolari.

Secondo quanto stabilito dall’articolo 4, comma 15-quater del DL 4/2019, vengono considerati disoccupati anche i lavoratori a basso reddito, come dipendenti con un reddito inferiore a € 8.000 e lavoratori autonomi con redditi inferiori a € 4.800. Tali categorie devono sottoscrivere il Patto per il lavoro e il Patto per l’inclusione sociale.

Sono esclusi invece dalla sottoscrizione di quest’ultimo, i beneficiari della Pensione di cittadinanza, coloro che ricevono il Reddito di cittadinanza e sono pensionati o hanno almeno 65 anni, e i membri del nucleo familiare con disabilità. Questi ultimi, però, hanno la possibilità di richiedere volontariamente un percorso di inserimento lavorativo e sociale personalizzato.

I soggetti appena elencati, come detto, possono non prendere parte ai Progetti di Pubblica Utilità e, nonostante ciò, continuare a godere del sussidio. Il rifiuto del lavoro, pertanto, non comporta alcun richiamo in questo caso, né la successiva esclusione dal Reddito di Cittadinanza.

Le disposizioni in materia e i chiarimenti relativi ai soggetti esonerati dall’obbligo di occupazione sono comunque tutti contenuti nel Decreto Legge n. 4 del 28 gennaio 2019 convertito dalla Legge n. 26 del 28 marzo 2019.