Perché il turismo in Italia non trova lavoratori

Perché il settore turistico fatica a trovare dipendenti: il nuovo contratto nazionale cambierà la situazione?

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Pubblicato: 8 Luglio 2024 09:52

Il settore turistico è tra quelli ritenuti più importanti nel nostro Paese. Con milioni di visitatori ogni anno anche solo nelle città d’arte, l’Italia rappresenta una delle mete più ricercate al mondo. Questo ha permesso lo sviluppo di un comparto ricettivo, ricreativo e di ristorazione molto significativo, che però ogni anno, con l’inizio della stagione turistica, va incontro allo stesso problema: la mancanza di manodopera.

Fin dalla primavera si moltiplicano gli appelli degli imprenditori non in grado di trovare i lavoratori necessari a mandare avanti la propria impresa. Nonostante questo, sembra che non sia possibile trovare una soluzione, dato che il problema tende a riproporsi regolarmente. Quali sono le ragioni di questa problematica e come il nuovo contratto nazionale del comparto approvato da poco può aiutare a superarla.

I problemi del settore turistico a trovare lavoratori

Il turismo viene spesso visto come una risorsa fondamentale e poco sfruttata per il nostro Paese. Nel 2023 sono stati registrati 134,4 milioni di arrivi nel nostro Paese e 451mila presenze nelle strutture ricettive. L’anno migliore della storia, spinto anche dalla voglia di molti di tornare a viaggiare senza restrizioni dopo gli anni della pandemia. Nonostante questo però, il turismo come settore economico ha limiti intrinsechi che possono aiutare a spiegare perché fatica ad attrarre lavoratori.

Prima di tutto, il turismo è un settore a bassa produttività. Difficilmente nel turismo si possono trovare grandi investimenti periodici o innovazioni significative. Tolti alcuni dettagli,  l’esperienza di un turista che visita una città d’arte o una spiaggia italiana è del tutto simile a quella di 10, 20 o anche 30 anni fa. Questa caratteristica è direttamente legata alla natura delle attività ricettive, che hanno poco spazio per l’innovazione.

Ma la bassa produttività si lega a un’altra caratteristica del comparto, il basso valore aggiunto. Questo dato quantifica il valore che un singolo addetto produce, tolti i costi necessari per produrlo. Per il settore turistico la media è di 23mila euro ad addetto, inferiore non solo a quella nazionale, che sarebbe un dato normale per un segmento del terziario, ma anche nella media dei servizi.

Da qui ha origine la ragione per cui il turismo fatica a trovare addetti: i bassi salari. Meno valore aggiunto significa meno profitti da poter investire in personale. Di conseguenza gli imprenditori si trovano costretti a pagare salari non competitivi, che non attraggono lavoratori specializzati. Non a caso spesso si parla di “giovani” quando si discute della disponibilità delle persone a trovare un impiego in questo settore.

Gli addetti sono infatti spesso poco specializzati e non professionisti del settore. Piuttosto sono ragazzi alle prime esperienze lavorative, che cercano un lavoro saltuario  durante l’estate per contribuire al pagamento degli studi o semplicemente per pagarsi una vacanza alla fine della stagione. Questo però riduce ulteriormente il valore aggiunto e quindi la produttività. Il settore attrae così sempre meno lavoratori specializzati in un circolo vizioso che allontana le persone dal turismo.

Le criticità del turismo italiano

Se le difficoltà intrinseche del turismo sono all’origine della ragione per cui gli imprenditori italiani di questo settore faticano a trovare manodopera, ci sono alcune peculiarità specifiche del turismo italiano che rendono ancora più critiche queste difficoltà. Per prima cosa la maggioranza delle aziende che operano nel settore sono piccole o medie. Queste dimensioni implicano una minore produttività, un minor valore aggiunto e quindi salari più bassi rispetto a quanto non sarebbe possibile con realtà più grandi.

C’è poi il problema del lavoro irregolare. Un controllo dell’aprile del 2023 dell’ispettorato del lavoro ha trovato irregolarità nel 76% delle aziende turistiche e nei pubblici esercizi legati a questo settore tra le 445 analizzate. Non si tratta di un campione statistico, l’ispettorato del lavoro seleziona già a monte società più a rischio, ma è comunque un dato preoccupante. Le irregolarità non sono soltanto quelle che riguardano il semplice lavoro nero, ma anche quello cosiddetto grigio.

In occasione dell’ultimo appuntamento di FareTurismo, il Forum dei responsabili delle risorse umane ha messo a disposizione dati con una maggiore valenza statistica. Da questi risulta che il 70% dei lavoratori nel turismo ha qualche forma di irregolarità all’interno della propria retribuzione. Il 55% è inquadrato in contratti a chiamata, il 40% è precario e il 20% è stagionale. La maggioranza dei lavoratori inoltre, circa l’80%, è inquadrata nei livelli più bassi del contratto nazionale di settore. Questo conferma tutte le problematiche già emerse a livello strutturale in un contesto italiano che ne esaspera le peggiori debolezze.

Le novità del contratto del turismo: quali problemi saranno risolti?

I sindacati hanno però recentemente firmato l’ipotesi di accordo del contratto nazionale per il comparto turistico, che include strutture ricettive, alberghiere, villaggi vacanza e buona parte dei campeggi. Le novità riguarderanno 400mila lavoratori e non riguarderà soltanto i salari, ma anche il welfare aziendale, la parità di genere e la tutela della dignità. Il contratto precedente era stato firmato nel 2014 ed era scaduto da sei anni.

Per prima cosa ci saranno gli aumenti. 200 euro al mese al quarto livello di inquadramento, per uno stipendio lordo di circa 1.750 euro suddiviso in 14 mensilità annuali. Il contratto si estenderà anche alle aziende tramite cui vengono esternalizzati alcuni servizi, come la pulizia. Per quanto riguarda i welfare aziendale, viene aumentato il contributo per il fondo Fast di assistenza sanitaria integrativa.

Il nuovo contratto punta molto anche sulla parità di genere, rafforzando il controllo sulle discriminazioni nei confronti delle donne grazie alla figura del Garante della Parità. Sarà tutelata meglio anche la genitorialità, fino al raggiungimento del 100% della retribuzione della tredicesima e della quattordicesima maturate durante il congedo per maternità o paternità.

Queste misure dovrebbero in parte aiutare a rendere il settore più appetibile per i lavoratori, ma toccano solo tangenzialmente i problemi più profondi. I precari gioveranno relativamente di questo nuovo contratto, mentre lo stipendio medio lordo del settore rimarrà più basso di quasi 400 euro al mese rispetto a quello nazionale. Ci sono poi aspetti, dalla scarsa produttività al lavoro nero e grigio, su cui il rinnovo del contratto nazionale ha poco impatto. I problemi del settore sono quindi ancora tutti presenti. La fine della trattativa tra sindacati e imprenditori è un passo avanti.