Cos’è e a cosa serve il petrolio nelle nostre vite

Il petrolio non perde la sua posizione di "oro nero", ma che cos'è davvero? Scopriamo cos'è e perché è così importante

Nonostante gli importanti investimenti in energie rinnovabili, il petrolio continua ad essere una delle materie prime principali della nostra economia.

Perché il petrolio ha così tanto valore ai giorni nostri? Vediamo di capire di più del mondo che ruota intorno a questa risorsa naturale ancora oggi fondamentale.

Cos’è il petrolio e perché è importante

Il petrolio è una materia prima fonte di energia combustibile, formata da una miscela di idrocarburi. Il petrolio è costituito da idrogeno, carbonio e da altre sostanze dette “impurità” come lo zolfo che non sono necessarie alla combustione. Grezzo, viene estratto da strati superiori della crosta terrestre, ma non viene quasi mai utilizzato così come viene estratto: esso viene infatti lavorato per ottenere derivati come gpl, benzina, nafta, cherosene, gasolio, olio lubrificante.

In natura, il liquido è viscoso e ha una colorazione che varia dal nero al marrone scuro, anche se a volte è possibile trovarlo anche in toni bluastri, verdognoli, per arrivare fino all’arancione. Più il petrolio viene estratto dagli strati superiori della crosta terrestre, più i toni sono vivaci.

Chiamato anche “oro nero“, è una risorsa non rinnovabile, destinata quindi ad esaurirsi e a non poter più essere sfruttata economicamente. Gli utilizzi sono diversi: i suoi derivati sono una fonte di energia, anche termica, e vengono utilizzati per alimentare la maggior parte dei veicoli su terra, aria e rotaia. È utilizzato anche come base per molti prodotti chimici industriali.

Il petrolio è una risorsa versatile e proprio per l’importanza che ricopre in molti ambiti economici e per i risvolti geopolitici che rappresenta, viene monitorato costantemente l’andamento delle quotazioni sui mercati internazionali. In particolare vengono seguite due tipologie di petrolio: il Brent e il WTI. Il Brent è il petrolio europeo: il nome deriva da un giacimento situato nel Mare del Nord scoperto negli anni ’70, al largo della Scozia e oggi definisce il materiale estratto in 19 campi petroliferi del Mare del Nord. Il WTI è invece il petrolio americano: l’acronimo sta per West Texas Intermediate ed è conosciuto anche come Texas Light Sweet. È considerato pregiato per le caratteristiche chimico-fisiche e dalla sua lavorazione si ottiene alta percentuale di benzine e gasolio leggero.

Le quotazioni del petrolio

Il Brent e il WTI sono scambiati sul NYMEX, New York Mercantile Exchange, e sull’Intercontinental Exchange di Atlanta. 

Su questi mercati sono quotati contratti per consegna immediata, chiamati anche spot, a Cushing in Oklahoma per il WTI e a Sullom Voe, in Gran Bretagna per il Brent. L’unità di scambio è costituita da lotti di 1000 barili ed il prezzo del Brent determina quello del 60% del petrolio estratto a livello globale. Le due tipologie di petrolio non hanno mai lo stesso prezzo, determinato da qualità, livello della domanda e costi di trasporto. Il valore viene parametrato al barile, un’unità di volume corrispondente a 159 litri o 42 galloni americani o 140 chilogrammi di mamma di petrolio greggio.

Come nasce e come viene estratto il petrolio

Per la maggior parte, il petrolio ha origine dal sapropelite o sapropel, un liquido melmoso di colore nero che ha avuto origine dal deposito in acque stagnanti di gusci di microrganismi e alghe unicellulari in putrefazione. Se i residui hanno origine vegetale, nasce il carbon fossile, se invece sono di origine animale, si formano le rocce petroligene. Queste, sotto pressione, rilasciano idrocarburi liquidi e gassosi che filtrano finché non trovano una barriera naturale di acqua o rocce impermeabili.

Per estrarre il petrolio dal sottosuolo, vengono utilizzate diverse tecniche: il primo passo in ogni caso è quello di analizzare il terreno per individuare un’area interessante. È necessario capire se le rocce in profondità possono contenere idrocarburi e lo si fa tramite la sismica a riflessione, una tecnica che crea piccole onde sismiche tramite cariche di esplosivo o tramite espansione rapida di aria compressa. Le onde si propagano fino alle zone di interesse per poi tornare indietro.

Se la zona risulta utilizzabile, si inizia con la perforazione, avviando un’attività lunga e costosa. Viene usato uno scalpello rotante sostenuto da aste metalliche, comprese in una tosse chiamata derrick e alta fino a 50 metri. Lo scalpello arriva fino alla profondità di 8 mila metri, dopodichè si perforano altri pozzi di delimitazione per poi creare il vero e proprio giacimento. Se la perforazione avviene in mare, vengono utilizzati impianti diversi a seconda dei fondali, delle profondità e del clima. Le piattaforme sono mobili autosollevanti o galleggianti, per perforazioni fino a 1.500 metri, mentre per profondità maggiori si ricorre a navi di perforazione.

Circa il 30% del petrolio presente nel giacimento risale il pozzo grazie alla pressione naturale di acqua e gas, mentre tra il 20 e il 30% piò essere estratta iniettando nel giacimento acqua, gas, emulsioni, vapori. La parte residua che corrisponde al 40% rimane nella roccia e non può essere estratto.

Russia, Arabia Saudita e Stati Uniti sono i tre Paesi maggiori produttori di petrolio, mentre Stati Uniti, Cina e Giappone ne sono i principali consumatori.

Come avviene la raffinazione

Una volta estratto, il petrolio viene stoccato e trasportato negli impianti di raffinazione. Qui vengono separati i vari idrocarburi in base alla temperatura di ebollizione raccogliendo i vapori e facendoli consensare.  In questo modo vengono prodotti oli, lubrificanti, paraffine, bitumi, gasolio, cherosene, nafta, benzine.

Cos’è lo Shale Oil

Lo Shale Oil o olio di scisto, è una pratica di estrazione differente: si tratta di petrolio “non convenzionale” prodotto da frammenti di rocce di scisto bituminoso. Le rocce sono ricche di particolare materia organica, il cherogene, dal quale possono essere prodotti idrocarburi liquidi. Per estrarre gli idrocarburi si usano processi come la pirolisi, l’idrogenazione e la dissoluzione termica.

Come investire nel petrolio

Le oscillazioni del prezzo del petrolio rappresentano una possibilità di investimento: non lo si fa ovviamente comprando o vendendo la materia prima, ma utilizzando strumenti finanziari appositi, che replicano l’andamento del greggio. Gli asset giusti sono gli ETC, ovvero gli Exchange Traded Commodities. Gli strumenti degli ETC sono emessi direttamente in materie prime fisiche o in contratti derivati e iniziano ad essere numerosi sul mercato. Per scegliere il più adatto è necessario valutare alcuni parametri, come costi di gestione, liquidabili (ad esempio la facilità di uscita dalla posizione) e fiscali.

A Piazza Affari sono quotati quasi 200 ETC e circa 25 hanno come sottostante il petrolio. Le varianti sono differenti: ci sono strumenti che replicano il Brent, altri che replicano il WTI, con posizioni long (in acquisto), short (in vendita) o in leva (che moltiplicano per un numero di volte l’esposizione).