Si può essere licenziati per aver abbandonato la chat di lavoro su WhatsApp? È quanto sarebbe successo in Spagna a un lavoratore di Cadice che si sarebbe rifiutato di rimanere nel gruppo dell’azienda nella quale era impiegato e per questo è stato licenziato per giusta causa. A riportare la notizia è il quotidiano catalano ‘La Vanguardia’.
La vicenda
L’uomo, dipendente di un’impresa di servizi dell’ospedale di Cadice, avrebbe infatti lasciato il gruppo di WhatsApp utilizzato dalla sua ex azienda per organizzare i turni di lavoro. Nonostante i ripetuti tentativi da parte dei titolari di convincerlo a rientrare in chat, l’impiegato non ha voluto sentire ragioni, spingendo la società a mandarlo a casa per l’impossibilità, secondo quanto sostengono, di organizzare le rotazioni tra i colleghi.
Stando a quanto riferito dai datori di lavoro, il dipendente avrebbe lasciato il gruppo WhatsApp giudicandolo troppo invadente, ma per l’uomo dietro la sua presa di posizione ci sarebbero motivazioni ancora più serie: secondo la sua versione dei fatti l’azienda avrebbe utilizzato la chat come indebito strumento di controllo, chiedendo quotidianamente ai dipendenti di inviare foto e video delle loro attività in modo da controllare la durata e la qualità della prestazione lavorativa.
Dopo essere stato licenziato il dipendente si è rivolo al sindacato spagnolo Cgt, denunciando la violazione dei suoi diritti. L’organizzazione dei lavoratori ha raccolto l’istanza e preso le sue difese, sostenendo che la gestione dell’azienda del gruppo WhatsApp rappresenta una violazione sia della disciplina sulla protezione dei dati personali e la garanzia dei diritti digitali, sia del diritto alla disconnessione digitale e del rispetto della privacy stabilita.
La giurisprudenza in Italia
In Italia non esiste una normativa specifica sull’utilizzo di chat come quelle dei gruppi di WhatsApp, ma a dare indicazioni in tal senso è intervenuta la giurisprudenza attraverso le diverse sentenze sul tema durante gli anni.
Come riportato dal portale di consulenza legale ‘La legge per tutti’, una pronuncia del tribunale di Firenze del 16 ottobre 2019 “ha stabilito quale sia la tutela apprestata dall’ordinamento ai ‘gruppi chiusi’ tra colleghi di lavoro” riprendendo un orientamento già indicato dalla Cassazione nel 2018 (qui avevamo riportato una sentenza che stabiliva come sia possibile licenziare tramite WhatsApp mentre qui avevamo riportato la stretta per limitare i licenziamenti via mail o in videochiamata).
Stando all’applicazione e interpretazione delle norme presenti nella costituzione, la giurisprudenza ha potuto ricavare alcune regole applicabili all’utilizzo dei gruppi di WhatsApp sul lavoro.
Tra queste, il principio secondo il quale la chat privata tramite messaggistica è da equiparare a una corrispondenza e, come tale, spiegano gli esperti del porta ‘La legge per tutti’, “riservata e segreta”.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti, tutto ciò che viene scritto e dichiarato in un gruppo chiuso attivato su social network da lavoratori sindacalmente esposti costituisce, prima ancora che legittima espressione del diritto di critica sindacale, forma di comunicazione privata in cui i lavoratori possono dare libero sfogo, anche attraverso l’utilizzo di espressioni ‘colorite’, alla propria insoddisfazione rispetto alla gestione aziendale (qui avevamo riportato il caso di due operai licenziate per aver criticato il capo tramite chat di WhatsApp).