Le lauree con i maggiori disoccupati in Italia, la classifica delle facoltà

La scelta della laurea influisce sul rischio disoccupazione: a un anno dalla specialistica quattro umanisti su dieci sono a spasso

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

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L’ultima indagine AlmaLaurea sul rapporto fra tipo di laurea e disoccupazione conferma il vantaggio di ingegneri e medici sugli umanisti nella ricerca del lavoro.

Il tasso di occupazione, viene evidenziato, raggiunge il livello più elevato dell’ultimo decennio, tanto per i laureati di primo livello quanto per quelli di secondo livello, con un incremento evidente rispetto al 2023.

Rapporto AlmaLaurea 2025

Un risultato che assume rilievo non solo per i neolaureati, ma anche per chi ha conseguito il titolo da più tempo, delineando un processo di consolidamento strutturale.

L’indagine che ha portato al “Rapporto AlmaLaurea 2025 sulla Condizione occupazionale dei Laureati”, svolta nel 2024, ha coinvolto complessivamente 690.000 laureati di primo e secondo livello (magistrali biennali e magistrali a ciclo unico), di 81 atenei aderenti ad AlmaLaurea.

La situazione dei laureati di primo livello presenta un elemento di complessità specifico: oltre il 60% prosegue gli studi a un anno dal titolo, condizione che influenza le tipologie contrattuali e la coerenza dell’occupazione svolta.

Per una lettura più accurata degli esiti lavorativi, l’analisi si concentra quindi su quella parte, pari al 34,4%, in aumento rispetto all’anno prima, che sceglie di immettersi direttamente nel mercato del lavoro. A questa dinamica si aggiunge un cambiamento demografico emergente: cresce la quota di chi ottiene il titolo in età più adulta. Questi laureati, più frequentemente già occupati durante gli studi, presentano aspettative e strategie di ingresso nel mercato del lavoro significativamente diverse rispetto ai colleghi più giovani.

A un anno dalla laurea, il tasso di occupazione dei laureati 2023 si attesta al 78,6% sia per i triennali sia per i magistrali, con un aumento rispettivamente di 4,5 e 2,9 punti rispetto all’indagine precedente. Il dato è superiore anche ai livelli osservati nel 2019, prima della discontinuità generata dalla pandemia. A tre anni dalla laurea, il tasso sale al 90,0% per i laureati di primo livello e all’88,9% per quelli di secondo livello, evidenziando un miglioramento significativo (+14,6 e +11,8 punti percentuali) rispetto alla stessa coorte rilevata un anno dopo il titolo.

La crescita risulta più marcata tra uno e tre anni dalla laurea, mentre tende ad attenuarsi tra tre e cinque anni. Nel 2024, cinque anni dopo il titolo, i laureati del 2019 mostrano un tasso di occupazione del 92,8% (primo livello) e dell’89,7% (secondo livello). Complessivamente, l’incremento tra uno e cinque anni dal conseguimento della laurea è consistente, raggiungendo +23,6 punti per i triennali e +21,6 per i magistrali.

Il trend si inserisce in un contesto nazionale che, secondo l’Istat, nel 2024 registra per la fascia 20-64 anni un tasso di occupazione del 67,1%, in moderato aumento rispetto all’anno precedente. Tuttavia, il confronto europeo mette in luce un divario strutturale: nonostante l’Italia abbia raggiunto il livello più alto dall’inizio degli anni Duemila, il Paese resta fermo sugli obiettivi previsti per il 2020 e ancora lontano dal target 2030 (73% a fronte del 78% europeo).

La variabilità degli esiti occupazionali emerge con forza nell’analisi per gruppo disciplinare. A un anno dalla laurea triennale, informatica e Ict (90,1%) e medico-sanitario (89,4%) si confermano ai vertici per capacità di assorbimento. Al contrario, i gruppi arte e design (60,9%), letterario-umanistico (62,6%) e linguistico (66,8%) presentano tassi più contenuti. Una dinamica analoga riguarda i laureati magistrali, con ingegneria industriale e dell’informazione (92,9%) e Ict (92,7%) che primeggiano, mentre giuridico (58,1%), psicologico (60,7%) e letterario-umanistico (61,9%) rimangono sotto la media. Va tuttavia sottolineato che in alcuni gruppi, come psicologico e giuridico, la prosecuzione di percorsi formativi post-laurea  (spesso non retribuiti) influisce sul dato occupazionale nel breve periodo.

Laurea e disoccupazione, umanisti penalizzati

A cinque anni dal titolo emerge una sostanziale piena occupazione per molti gruppi disciplinari, in particolare ingegneria, Ict, medico-sanitario, farmaceutico, architettura, economico e agrario-forestale. Restano più fragili i gruppi umanistici, linguistici, politico-sociali e comunicazione; tuttavia, anche in questi casi il tasso di occupazione raggiunge spesso o supera l’80%, segnalando una capacità di inserimento che si consolida nel medio periodo.

L’analisi delle variazioni nel quinquennio mostra un’evoluzione particolarmente favorevole per i gruppi che partivano da valori più bassi: linguistico (+35,4 punti), letterario (+34,7) e arte e design (+32,2) tra i triennali; psicologico (+45,4) e giuridico (+39,2) tra i magistrali. Si tratta di ambiti che risentono maggiormente dei tempi lunghi necessari per completare la formazione e iniziare un percorso professionale stabile, ma che evidenziano comunque una progressione significativa nel medio periodo.

Lauree e disoccupazione

Qui sotto, l’elenco delle lauree che garantiscono il maggior tasso di occupazione, dopo una laurea di secondo livello:

Gruppo disciplinare 1 anno (%) 5 anni (%)
Ingegneria industriale e dell’informazione 92,9 95,6
Informatica e tecnologie Ict 92,7 93,9
Medico-sanitario e farmaceutico 87,7 93,9
Architettura e ingegneria civile 87,1 93,8
Economico 85,2 91,3
Agrario-forestale e veterinario 82,6 90,3
Scientifico 80,5 89,5
Scienze motorie e sportive 79,8 88,7
Psicologico 60,7 87,0
Educazione e formazione 80,2 86,9
Politico-sociale e comunicazione 74,6 86,7
Linguistico 71,5 86,5
Giuridico 58,1 84,6
Arte e design 67,9 80,3
Letterario-umanistico 61,9 80,2
TOTALE 78,6 89,7