Meno donne nel mercato del lavoro, sfuma crescita 2 miliardi di euro di Pil

Il divario di genere costa miliardi all'Italia. Con retribuzioni inferiori del 28%, le donne guadagnano meno e il Pil del Paese ne soffre

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Pubblicato: 30 Ottobre 2024 17:33

Confcommercio denuncia la percentuale di donne nel mercato del lavoro italiano. La bassa partecipazione femminile ha un impatto economico rilevante: nonostante alcuni progressi, l’Italia resta lontana dagli standard europei, con un divario che si traduce in una perdita di miliardi di euro di crescita potenziale.

Bassa partecipazione femminile al mondo del lavoro: i dati

Uno dei principali dati emersi dall’incontro di Confcommercio “Donne, Imprese, Futuro – Spazi e Tempi” riguarda il tasso di partecipazione femminile: tra i 15 e i 74 anni, è ancora fermo al 49,3%. Il divario con l’occupazione femminile Ue (61,8%) è ancora molto alto.

Questo, cresciuto negli ultimi anni, evidenzia una distanza di oltre 12 punti percentuali rispetto all’Europa, con gravi conseguenze economiche. Se l’Italia raggiungesse il tasso europeo, si potrebbero avere 2,76 milioni di donne occupate in più, generando un forte impulso alla crescita del PIL nazionale.

Tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro
Anno Popolazione UE26 (milioni) Tasso di partecipazione UE26 (%) Popolazione Italia (milioni) Tasso di partecipazione Italia (%)
2018 145,0 60,0 22,6 48,4
2023 146,7 61,8 22,2 49,3

Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, ha commentato qiesti dati sottolineando come l’inclusione delle donne sia “un investimento per il futuro”. E ancora:

Il tempo e lo spazio che dedichiamo all’imprenditoria femminile sono fondamentali per costruire un’economia più solida, in cui le donne possano essere protagoniste delle trasformazioni in atto, dalla transizione ecologica a quella digitale.

Tante donne nel terziario: motore dell’occupazione

Il settore terziario si conferma un ambiente privilegiato per l’imprenditoria femminile. Secondo i dati presentati, il 68% delle imprenditrici italiane lavora in questo settore, con una quota femminile che raggiunge il 36,2% degli operatori nel terziario di mercato, rispetto al 30,6% della media economica generale. I settori con la maggiore presenza femminile sono gli operatori turistici (52,6%), gli alberghi (50,1%) e i servizi alle persone (64,2%), indicando una forte specializzazione delle donne in ambiti legati all’ospitalità e al benessere.

Terziario di mercato, imprenditoria femminile e accentuazioni settoriali
Settore Numero imprenditrici Variazione dal 2019 Percentuale femminile (%)
Commercio all’ingrosso 80.536 -7.073 19,7
Grande distribuzione 20.121 -4.874 44,9
Piccolo commercio alimentare 25.606 -5.206 29,4
Piccolo commercio non alimentare 192.851 -28.112 39,0
Alberghi 8.141 -1.991 50,1
Altri operatori turistici 20.647 +4.226 52,6
Ristoranti 54.792 -3.628 37,9
Bar 46.431 -9.979 44,9
Informazione e cultura 34.083 -1.368 33,6
Professioni 111.830 +4.560 40,7
Altri servizi alle imprese 40.438 +2.683 33,1
Altri servizi alle persone 108.729 +7.288 64,2
Totale terziario di mercato 775.837 -45.545 36,2
Totale economia 1.146.130 -76.651 30,6

Anna Lapini, presidente di Terziario Donna, ha evidenziato l’importanza di un welfare aziendale orientato alla conciliazione tra vita privata e professionale. “Solo attraverso strumenti di welfare destinati anche alle imprenditrici – non solo alle dipendenti – e un supporto alla genitorialità condivisa, riusciremo a ridurre il gender gap e a stimolare la crescita economica”.

Ancora impatti della pandemia e disparità territoriali

Analizzando le variazioni dei dati di Confcommercio dal 2019 al 2024, emerge come alcuni settori abbiano subito un calo netto nel numero di imprenditrici. Il piccolo commercio non alimentare e i bar hanno registrato le maggiori perdite, rispettivamente con -28.112 e -9.979 imprenditrici, seguiti dal commercio all’ingrosso (-7.073).

Al contrario, settori come i servizi alle persone (+7.288) e le professioni (+4.560) hanno visto una crescita, segno che alcune attività, in particolare quelle legate al welfare e al supporto individuale, si sono rivelate più resilienti e attrattive per l’imprenditoria femminile.

Inoltre l’analisi territoriale mette in luce differenze significative nella presenza femminile tra le regioni italiane. La Valle d’Aosta (46,4%) e gli operatori turistici del Nord-Est registrano le percentuali più alte di imprenditrici rispetto agli uomini, mentre le regioni meridionali come Calabria (30,9%), Puglia (30,6%) e Sicilia (31,2%) si trovano in fondo alla classifica. Questi dati evidenziano un Sud Italia ancora in difficoltà nel sostenere la partecipazione femminile, probabilmente a causa di minori opportunità economiche e difficoltà strutturali.

Terziario di mercato, imprenditoria femminile e accentuazioni territoriali
Regione Numero imprenditrici Variazione dal 2019 Percentuale femminile (%)
Piemonte 69.894 -4.954 39,9
Valle d’Aosta 2.253 -236 46,4
Liguria 26.222 -2.367 40,3
Lombardia 119.050 -3.895 36,9
Trentino-Alto Adige 16.569 -238 41,8
Veneto 70.793 -5.739 38,4
Friuli-Venezia Giulia 13.961 -928 40,8
Emilia-Romagna 58.882 -3.935 39,0
Toscana 57.401 -4.039 39,0
Umbria 12.798 -1.368 39,3
Marche 21.617 -3.159 38,5
Lazio 64.739 -7.422 34,9
Abruzzo 18.070 -1.685 37,7
Molise 3.785 -288 37,0
Campania 77.715 -1.956 32,9
Puglia 41.563 -582 30,6
Basilicata 6.141 -352 34,9
Calabria 22.714 -1.222 30,9
Sicilia 51.758 -128 31,2
Sardegna 19.910 -1.050 35,9
Totale Italia 775.837 -45.545 36,2

Il costo (in miliardi) della mancata inclusione

Secondo le stime di Confcommercio, una crescita dell’occupazione femminile potrebbe generare fino a 2 miliardi di euro aggiuntivi di Pil. Inoltre l’incremento della partecipazione femminile ha effetti diretti sul bilancio demografico, favorendo un aumento del tasso di fertilità e migliorando la sostenibilità del sistema pensionistico.

Claudio Durigon, sottosegretario al Ministero del Lavoro, ha voluto sottolineare l’importanza di misure concrete: “Il ruolo della donna nel lavoro è fondamentale. Dopo la Finanziaria, lanceremo un nuovo pacchetto di incentivi per l’occupazione femminile, perché è necessario ridurre la differenza salariale e sostenere la natalità“.

Gender pay gap: il divario tra uomini e donne

La disparità salariale tra uomini e donne continua a rappresentare un ostacolo significativo alla parità economica in Italia. Secondo il Rendiconto Inps del 2023, le retribuzioni medie settimanali lorde degli uomini sono pari a 643 euro, superiori del 28,34% rispetto ai 501 euro medi percepiti dalle donne. Un divario che evidenzia come le donne, sebbene rappresentino una parte sostanziale della forza lavoro, guadagnino ancora sensibilmente meno rispetto ai colleghi maschi.

Altri dati recenti vedono il confronto dei guadagni tra uomini e donne straniere in Italia. In media, il guadagno settimanale degli occupati comunitari (uomini e donne) si attesta a 582 euro, ma la situazione peggiora per i lavoratori extracomunitari, che percepiscono una media di 385 euro settimanali, con una differenza del 51% rispetto alla media generale. Questo divario è particolarmente acuto per le donne extracomunitarie, che guadagnano in media solo 309 euro a settimana, contro i 432 euro dei loro colleghi uomini. La situazione è aggravata dalla crescente presenza di lavoratori stranieri tra i nuovi assunti, che rappresentano il 10,7% degli occupati totali e oltre il 25% delle nuove assunzioni.

Questi dimostrano come il gap salariale non sia solo una questione di genere, ma anche di nazionalità e status di immigrazione, con le donne extracomunitarie che risultano essere tra le categorie più penalizzate sul fronte delle retribuzioni. La differenza retributiva tra uomini e donne italiane è già elevata, ma diventa ancora più marcata se si considerano le donne straniere, che si trovano a fronteggiare barriere sia economiche sia culturali.

Anna Lapini, ha quindi sottolineato l’urgenza di colmare questo divario: “Non possiamo parlare di vera crescita economica finché persiste una disparità salariale così ampia. Le donne devono avere le stesse opportunità di guadagno e carriera degli uomini, indipendentemente dalla loro nazionalità”.